L’uomo che sussurrava ai cavalli elettrici

Dove sta andando l'industria automobilistica? Quali sono i grandi cambiamenti che sono dietro l'angolo. E come cambieranno l'automotive. Quali possibilità ha lo stabilimento Stellantis Cassino Plant. E quanto conta lo straordinario polo di ricerca elettrica all'Unicas

Marco Barzelli

Veni, vidi, scripsi

Scozia, anni Trenta dell’Ottocento. Viene inventato il primo prototipo di elettromobile. È una carrozza senza cavalli: la realizza l’imprenditore Robert Anderson. La batteria, però, non è ricaricabile. È merito poi di un professore olandese di chimica e tecnologia, Sibrandus Stratingh, che appare una vera e propria auto elettrica. E grazie agli accumulatori al piombo perfezionati dai francesi Gaston Planté e Camille Faure, l’uno fisico e l’altro ingegnere, parte la produzione su larga scala. Il successo non dura molto: nel 1900 c’è l’avvento del dominante quanto inquinante motore a scoppio, ideato da due ingegneri del Lucchese: Eugenio Barsanti e Felice Matteucci. Il conterraneo Conte Giuseppe Carli non ne è di certo entusiasta: nel mentre aveva costruito la prima macchina elettrica italiana.

Giuseppe Tomasso

Italia, Cassino, 1996: quasi cento anni dopo. Tempi ancora non sospetti: i veicoli elettrici restano mosche bianche nella produzione industriale. Si vedono più che altro nei film avveniristici: sono persino volanti. Eppure Giuseppe Tomasso, dottorando in Ingegneria Industriale all’Università degli Studi di Cassino, se ne comincia a occupare. Si focalizza inizialmente, però, sulla trazione ferroviaria. Stava preparando una dissertazione su controllo vettoriale di coppia e flusso per motori asincroni: i più diffusi tra i motori elettrici. Man mano, sia nella ricerca che nella didattica, si concentra anche e soprattutto sui veicoli. In Italia sono veramente pochi i ricercatori a cimentarsi in questo campo. E lui non è soltanto uno dei pochi: lui man mano inizia ad eccellere. Ed estende il suo raggio d’azione.

L’Unicas ed i cavalli elettrici 

Un primo interesse, da parte dell’universo industriale europeo, si registra nel 2010. Ma l’Italia, come spesso accade, resta a guardare. L’ingegner Tomasso, intanto, ne ha fatta di strada. All’Unicas, l’ateneo della sua città, insegna ormai da otto anni nel settore scientifico disciplinare di convertitori, macchine e azionamenti elettrici. Nel 2008 diventa responsabile del Laboratorio di automazione industriale della Facoltà di Ingegneria. Ormai è professore ordinario e agli studenti del primo anno impartisce lezioni di Hybrid and electric vehicles: un insegnamento, in inglese, incentrato sui veicoli ibridi ed elettrici. E anche quest’anno, anche se virtualmente per via del Covid, salirà in cattedra all’European PhD School: power electronics, electrical machines, energy control and power systems. È una scuola di dottorato di rilevanza europea, solitamente ospitata dal meraviglioso Castello di Gaeta, che rappresenta un evento unico nel genere: uno scambio di esperienze da parte di tanti giovani ingegneri.

Uno dei lavori dell’Università di Cassino

E ormai da tempo, fuori dall’università, tutti lo cercano: tutti lo vogliono. Da dieci anni, per intenderci, è coordinatore del network europeo Greencities: è la rete del Vecchio Continente sulla mobilità elettrica per le città europee. Quello patrocinato dal Dipartimento Industria della Commissione Europea e, tra gli altri, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Governo italiano. Al tempo lavorava spesso in Germania: ha ampliato così la sua rete di conoscenze e preso i contatti che contano. Oltre che con i grandi gruppi industriali tedeschi, con la multinazionale giapponese Toyota. Per l’Italia coordina anche l’European Suppliers Initiative: la riorganizzazione della filiera produttiva nel settore Automotive. Questo in collaborazione con l’ICE: l’Istituto per il commercio estero o, meglio, l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane. Oltre che in sinergia con Unindustria e Camera di Commercio di Frosinone. 

Dagli studi ad E-lectra e Stellantis

A livello nazionale, tra il 2001 e il 2006, è stato reclutato dall’allora Ministero delle Attività Produttive – poi dicastero dello Sviluppo Economico – come technical officer (direttore tecnico) dei PIA: ha valutato nel Mezzogiorno i progetti innovativi meritevoli del Pacchetto Integrato di Agevolazioni. E poi ancora esperto per conto del Ministero dell’Università e della Ricerca, e di varie Regioni: Emilia Romagna, Marche, Campania e Calabria. Senza dimenticare che è membro della giuria internazionale del NOAE: Network of Automotive Excellence Innovation Competiton, una sfida tra gli innovatori nei settori automobilistico, aerospaziale, ferroviario e stradale. È anche attivo nel convegno SPEEDAM: Symposium on Power Electronics, Electrical Drives, Automation and Motion. Perché è General Chair dell’IEVC dell’IEEE: l’International Electric Vehicles Conference dell’ Institute of Electrical and Electronics Engineers. Traduzione: è responsabile della Conferenza internazionale dei veicoli elettrici in seno all’Istituto degli ingegneri elettrici ed elettronici. Si parla dell’associazione mondiale degli scienziati promotori delle tecnologie avanzate.

La sede di E-Lectra

Dal 2019, nella doppia veste di ricercatore e imprenditore, Giuseppe Tomasso è presidente e CEO della E-lectra Srl: uno spin-off dell’Università di Cassino. È la società che impiega in chiave imprenditoriale i risultati della ricerca accademica. Che ha già coinvolto centinaia di studenti dell’Unicas: alcuni sono stati assunti subito dopo la laurea in Ingegneria Elettrica. È il comparto della ricerca e dello sviluppo che serve come il pane allo stabilimento Stellantis di Piedimonte San Germano per essere competitivo. Non c’è più tempo da perdere: il prossimo mese di luglio l’amministratore delegato Carlos Tavares ufficializzerà il piano industriale della creatura nata dalla fusione tra PSA (Peugeot Société Anonyme) e FCA (Fiat Chrysler Automobiles). E per la perenne crisi di Cassino pare proprio esserci una soluzione concreta a portata di mano. Una volta per tutte. (Leggi qui Stellantis, niente tagli e avanti con il vecchio piano).

Professor Tomasso, dove stiamo andando? Proviamo a capirlo dai 4 brevetti nazionali che ha depositato nel settore della mobilità elettrica. Di che si tratta?

«A parte vari disegni industriali, c’è il concetto di colonnina di ricarica elettrica ormai applicato dall’anno scorso a tutte quelle più evolute. Tra cui quelle dell’Enel. Sono in grado di modulare la potenza di ricarica sul veicolo in base a quella disponibile. Questo, se installata in casa, per evitare l’esaurimento di tutti i kilowatt. Un altro brevetto, invece, era per le imbarcazioni. Nello specifico un sistema di biberonaggio (ricarica parziale delle batterie, ndr). Lo sto rispolverando proprio ora perché con E-lectra saremo presenti a fine maggio al Salone Nautico di Venezia per presentare alcuni concept, tra cui le colonnine di ricarica e altri dispositivi. L’elettrico è ormai esploso anche in ambito nautico. Poi c’è il progetto incanalato prevalentemente con il primo spin-off dell’Università, Enertronica Engineering. Ovvero un innovativo soccorritore per ascensori».

Mai più intrappolati negli ascensori?
La locandina dei nuovi corsi Unicas di Auto e Motori Elettrici

«Ancora oggi la gran parte degli ascensori, non appena va via la corrente, si ferma. Si accendono le luci di emergenza ed entra in funzione un sistema che pian piano riporta l’ascensore al piano più vicino. Ovviamente può generare panico. Pertanto, abbiamo brevettato un dispositivo dotato di batterie che si agganciava immediatamente all’alimentazione del motore, alimentando subito anche le luci all’interno della cabina. Ci si rende conto che è andata via la corrente elettrica solo quando si arriva al piano e si vedono le luci spente per le scale. Si cominciò a produrre e installare, tramite accordi tra Enertronica e qualche azienda. Poi, però, ci fu il boom del fotovoltaico. Mettemmo in stand-by i progetti riguardanti gli ascensori, veramente a ridottissimi margini di manovra, e orientammo il core business dell’azienda sull’altro settore industriale in rampa di lancio».   

Enertronica Engineering è stata la prima grande eccellenza creata all’interno del Laboratorio di aumotazione industriale dell’Università di Cassino. Com’è nata e si è evoluta quell’esperienza?

«Creai il primo spin-off dell’Unicas assieme al collega Vito Nardi. È una realtà che ha portato avanti lui. Ha acquisito la Santerno dal Gruppo Carraro, si è spostata a Bologna e lo stesso Nardi ne è presidente e amministratore delegato. Ormai è una società quotata in borsa, una delle prime al mondo per installazione di impianti fotovoltaici. Quella prima esperienza era orientata alle fonti rinnovabili, di cui mi sono sempre occupato. Ho sempre trattato la filiera dell’approvvigionamento dell’energia fino all’uso per il trasporto».

Lei è la dimostrazione che ulteriori competenze e contatti giusti si possono anche acquisire all’estero ma mettere in campo in Italia: “addirittura” in provincia di Frosinone. Una terra in cui spesso e volentieri si sente dire «vorrei ma non posso»  

«Purtroppo sì. In pochi, ad esempio, sanno che nel 2014 portai a Cassino due dei più importanti ingegneri di sviluppo di Toyota, l’uno referente per il Giappone e l’altro per gli Stati Uniti. L’Unicas ospitò uno dei più importanti meeting industriali. Parteciparono le venti principali aziende europee che stavano sviluppando sistemi di ricarica innovativi per veicoli elettrici. Ho viaggiato e continuo a viaggiare molto. Ma mi spiace vedere un territorio come il nostro, che ha grandi potenzialità non valorizzate, debba alla fine implodere tra crisi industriali che ci stanno portando alla deriva. E io mi sono anche stancato di portare know how e progettazione ad aziende fuori regione».

Lei sta puntando tantissimo sul nuovo spin-off E-lectra: che dal novembre 2019, dalla zona industriale di Cassino, offre soluzioni avanzate per l’automotive e l’energia. È detenuta al 54% da un colosso come Faist e per il resto da lei e il suo “braccio destro” Mauro Di Monaco. Com’è nato questo “tesoro” provinciale?
La visita degli studenti Unicas alla Lamborghini

«Nel 2016 centrammo un finanziamento regionale di circa centomila euro per la mobilità elettrica. Parte di quel progetto riguardava le applicazioni nell’ambito del motorsport. Poiché realizzare un vero e proprio veicolo è molto costoso, pensai che l’unico modo di fare qualcosa di concreto con quel budget era realizzare kart elettrici. Il kart è un piccolo veicolo che, però, ha molta spinta ed un mini powertrain (un motopropulsore in miniatura, ndr). Da lì in poi ho avuto tre grandi soddisfazioni. In primis, decine e decine di studenti hanno partecipato in maniera volontaristica al progetto denominato G-Side. Durante gli incontri tecnici, riempivamo il kartodromo di Arce. E una parte di loro, quelli più vicini al progetto, li ho anche portati anche in visita alla Lamborghini. Con la quale collaboro da anni nella parte dell’elettrificazione. Oltra a portare alcuni piloti, tra cui Ivan Capelli e Andrea Montermini, a Cassino. Un bel po’ di interazione, dunque, anche con il mondo del motorsport».

Qual è la seconda soddisfazione?   

«Nel 2018, dopo aver sviluppato una serie di kart elettrici, entrai in contatto con Gildo Pallanca Pastor. È il Ceo e proprietario di Venturi, team monegasco della Formula E (campionato mondiale delle monoposto elettriche, ndr). Parliamo di una delle persone più influenti a livello internazionale. Il suo staff mi contattò e, in occasione dell’E-Prix di Roma, mandarono una decina di piloti dell’Accademia Venturi a provare i nostri kart. Venne Gildo Pastor in persona e disse che erano molto più performanti di quelli della Rotax, azienda tedesca con centinaia di dipendenti e qualche miliardo di fatturato. L’intenzione di Pastor, dopo che lo incontrai anche a Montecarlo, era quella di creare un’accademia di piloti di Formula E che utilizzasse esclusivamente kart elettrici. Ne voleva un centinaio. Purtroppo, però, la Mercedes ha acquisito poi la Venturi e sono cambiate le strategie».

E la terza soddisfazione che si è tolto?
Uno dei Kart elettrici progettati da Unicas

«Nel febbraio 2019 mi hanno invitato al Salone dell’Automobile di Montecarlo per presentare una specifica edizione del nostro kart a fianco ai veicoli della Monte Carlo Automobile, la compagnia di bandiera monegasca. In quell’occasione presenziò anche il principe Alberto di Monaco. Non ha fatto un giro in kart (ride, ndr), però vedere lì il nostro kark brandizzato “Montecarlo” è stato estremamente emozionate. Fatto sta che la voce è arrivata anche al Gruppo Faist (multinazionale attiva anche in Italia nella fornitura di sistemi per l’automotive, ndr), a cui FCA aveva già commissionato la prima versione del Ducato elettrico. Il gruppo, che in tutto il mondo fa esclusivamente produzione, cercava chi facesse ricerca e sviluppo. Ho incontrato direttamente il presidente della Faist Componenti, Gianfranco Natali, e ormai siamo soci. Una persona di altissimo profilo che ha ricomprato il Moro di Venezia e lo ha donato alla città. Sarà il simbolo del prossimo Salone Nautico».        

E-lectra è nata ufficialmente poco prima dello scoppio dell’emergenza Covid. Dopo le chiusure è stato difficile rimettersi in carreggiata? Quali altri contatti state intrecciando?

«Una volta avviata l’attività all’interno del capannone di via Ponte La Pietra, abbiamo assunto le prime tre persone. Nel marzo 2020, ovviamente, abbiamo dovuto chiudere per tre mesi. È stato un colpo duro perché avevamo iniziato a sottoscrivere contratti importanti e anche le grandi aziende non sapevano dove saremmo andati a finire. A partire da giugno, però, abbiamo ripreso alla grande. In azienda, tra dipendenti e contrattisti prossimi all’assunzione, possiamo contare su almeno dieci ingegneri elettrici. C’è anche un ingegnere meccanico per la parte strutturale del powertrain. Tutti laureati, anche dottori di ricerca, dell’Università di Cassino».

Quello che in Italia è il “leggendario” passaggio diretto dallo studio al mondo del lavoro…

Stelvio Elettrica Concept

«Se potessi, assumerei subito altri venti ingegneri elettrici. Il problema, però, è che non ci sono. È il problema delle aziende dell’elettrificazione e per noi il nostro pane quotidiano. Anche perché ci stanno contattando grossi gruppi industriali e recentemente abbiamo sottoscritto un accordo molto importante anche con Fincantieri (il più importante gruppo navale europeo, ndr). A breve dovremo anche trovare una location più grande, visto che al momento sono costretto a turnare i dipendenti in presenza e smart working. Nel frattempo sto lanciando più segnali possibili agli studenti delle superiori affinché intraprendano il percorso universitario ufficializzato con l’indirizzo Automotive Electrification».   

Concludiamo l’universo industriale del Lazio Meridionale. Lei è stato membro di un gruppo di lavoro regionale teso a fronteggiare la prima crisi dell’allora stabilimento Fiat di Cassino. Sta sviluppando il comparto dell’automotive elettrico sul territorio. Ai tempi del Governo Renzi partecipò anche al tavolo istituito presso la presidenza del Consiglio dei Ministri per tracciare la road map verso la mobilità elettrica. Cosa bisognava fare a suo tempo e andrebbe fatto ora nell’era FCA-Stellantis?

«Dobbiamo avere il coraggio che non si è avuto tra il 2006 e il 2007. Ovvio che la precedenza deve essere data a essenziali strumenti di tutela dei lavoratori come la cassa integrazione, ma non può essere una misura ordinaria anziché straordinaria. Valeva la pena già allora spostare una parte delle risorse verso il rilancio tecnologico del sito di Cassino. Non si può affrontare le crisi di Fiat, FCA e Stellantis in maniera così passiva, ossia pretendendo che la casa madre non riduca gli investimenti. Non c’è stata ancora una vera e propria reazione. I consorzi industriali piemontesi, già tra 2010 e 2011, si sono mossi perché avevano capito che Fiat non era più un cliente che avrebbe assorbito il cento per cento della loro produzione. Hanno cominciato a fare rete, a investire nell’innovazione tecnologica e, anche se in forma ridotta, sull’elettrico. Nel giro di tre anni hanno portato al 34% la produzione verso il mondo Fiat-FCA. Il resto verso le aziende automobilistiche tedesche e non solo».

Jean-Philippe Imparato sulla linea dello stabilimento Stellantis Cassino Plant
Ora la storia si ripete. Stellantis ha garantito che non intende ridurre la capacità produttiva né a Cassino, dove gli ultimi dati sono impietosi, né altrove. Applicherà, però, il piano industriale di due anni fa. Verrà reso noto nel dettaglio tra poco più di due mesi. Cosa bisogna fare per evitare un nuovo inizio della fine da evitare poi a sua volta con soluzioni tampone?

«Non c’è più tempo da perdere. Bisogna puntare sull’elettrico e noi qui, a partire dall’Università di Cassino, abbiamo il know how. Se però progetto un veicolo elettrico oggi, nella migliore delle ipotesi, viene prodotto tra due anni. C’è tutto un iter, dalla progettazione alla certificazione fino al consolidamento della tecnologia prima dell’immissione sul mercato. E, tra due anni, l’autonomia della batteria di un veicolo elettrico durerà il doppio rispetto ad ora. L’elettrico è un po’ come il cellulare. Diventa obsoleto e non si può pensare di tenerselo per dieci anni. La concorrenza spinge ad avere prestazioni sempre più elevate. Bisogna correre».

E, per correre, bisogna fare ricerca e sviluppo direttamente a Cassino?

«Sì. È quello il mio obiettivo. Se non creiamo un’infrastruttura del genere presso lo stabilimento di Cassino, non ci sono le basi per far rimanere Stellantis. Perché Cassino, in tal caso, resterà ancora soltanto un sito produttivo. Le tre linee di produzione non possono essere saturate da modelli come Stelvio, Giulia e il nuovo Maserati, che non possono ambire a vendite elevatissime. Abbiamo un vantaggio, però, rispetto a tanti altri: noi qui produciamo componenti, non motori. Non ci dovremmo reinventare, ma coprire la parte mancante: quella dell’elettrico. Abbiamo capacità, tecnologie e possibilità di attrarre aziende e diversificare quelle che ci sono. Basta fare sistema».

Si sta facendo qualcosa sottotraccia in tal senso? C’è qualche possibilità di cambiare l’ormai prossimo “ritorno al futuro” dello stabilimento di Piedimonte San Germano e del suo indotto?
Foto: Marco Cremonesi / Imagoeconomica

«L’automotive elettrico è ormai tra le aree di specializzazione della Regione Lazio. E, tramite l’apposito tavolo, c’è un focus importante a riguardo. È diventato di fatto un settore strategico, grazie  a documento inviato alla Comunità Europea. A livello regionale stiamo parlando di 40 mila dipendenti, senza parlare dell’indotto. In larga parte proprio nel Lazio Meridionale. Numeri più importanti dei settori farmaceutico e aerospaziale. La Regione investirà molto, tramite Recovery Fund, ma che sia finalmente su ricerca e sviluppo. Così Stellantis, se vuole un supporto, deve fare ricerca e sviluppo anche e soprattutto a Cassino. In Francia, grazie a grandi investimenti statali, PSA ha una piattaforma modulare per l’elettrico già consolidata».

Quindi realtà come Cassino continueranno a essere tagliate fuori…

«Sì. Tavares ha già detto che nei prossimi anni continueranno la piattaforma francese per le auto piccole. Per le medio-grandi, invece, si deve ancora decidere. Ecco perché bisogna rilanciare e non limitarsi a farsi valutare per i costi energetici, che in Francia sono ovviamente più bassi per via dell’uso dell’energia nucleare. Facciamoci valutare per quello che sappiamo fare. Possiamo offrire formazione di altissimo livello a tutto il personale, dai tecnici agli ingegneri di processo fino ai responsabili di produzione. Possiamo poi mettere in piedi tutta la filiera dello sviluppo dei componenti e, magari, aiutare a produrre altre parti per l’elettrico. Ecco perché ho detto a tutti, a più non posso, di fare sistema. E Unindustria Cassino, a partire dal presidente Francesco Borgomeo, si sta facendo promotrice di una rete di imprenditori. C’è tempo fino a luglio, stavolta possiamo farci valere».