Dopo Giorgio Gori anche Irene Tinagli “punge” Zingaretti. Ma la storia dimostra che chi esce dal Pd rimedia fallimenti storici: Bersani e D’Alema, Renzi, Calenda. I Democrat però devono accelerare sull’economia. A livello locale non ha senso rinviare il congresso.
Irene Tinagli, europarlamentare del Pd ed economista di grido, chiede nella sostanza un gruppo di lavoro che affianchi il segretario nazionale Nicola Zingaretti nella stesura di programmi e proposte per rilanciare l’economia. E addirittura evoca la partecipazione di Romano Prodi.
Lo fa subito dopo il doppio attacco a Nicola Zingaretti da parte del sindaco di Bergamo Giorgio Gori, esponente dei “diversamente renziani”, cioè di Base Riformista di Lorenzo Guerini, Luca Lotti e Andrea Marcucci.
Ma da questa storia il segretario Zingaretti è uscito rafforzato. Intanto perché la storia dimostra che chi esce dal Pd non va lontano e deve accontentarsi di percentuali che se non sono da prefisso telefonico, ci si avvicinano molto.
Perfino due mostri sacri come Pier Luigi Bersani e Massimo D’Alema non sono andati lontano con Leu. Matteo Renzi ha fatto la scissione dopo il ribaltone in Parlamento pensando di prendersi tutto. Nei sondaggi non va oltre il 3%, quando va bene. Ma non rinuncia a provare a mettere in difficoltà Zingaretti, anche se ormai è il capo di un altro Partito, Italia Viva. Carlo Calenda ha avuto maggiore coraggio e anche più risultati, ma comunque Azione non sfonda.
Il Partito Democratico di Nicola Zingaretti rimane l’unica alternativa allo strapotere del centrodestra, a patto però che faccia alcune cose. Intanto al Governo e sul piano economico. Dopo lo tsunami del Covid l’Italia per ripartire ha bisogno di abbassare le tasse, di finanziamenti a fondo perduto e di prendere i fondi messi a disposizione dall’Unione Europea. Dimostrando però capacità di spesa con progetti validi. Il premier Giuseppe Conte e i Cinque Stelle non hanno questa impostazione, ma il Pd non può cedere. Altrimenti, dopo aver perso i contatti con il mondo del lavoro e della scuola, li perderà pure con l’universo produttivo.
Ma in questo scenario le uscite di Gori e di Tinagli lasciano il tempo che trovano perché all’interno del Partito, per provare a mettere in discussione Zingaretti, occorrono voti e risultati. Non ci sono, né gli uni né gli altri. Gli anni renziani sono stati caratterizzati dal progressivo allontanamento del Pd dall’alveo della sinistra e, con la sola eccezione delle Europee, da sconfitte che mai si erano registrate prima. Per questi motivi Nicola Zingaretti ha scalato il Partito.
Il ragionamento vale pure a livello locale, dove si continua a bloccare la conclusione di un congresso che vede un solo candidato alla segreteria: Luca Fantini. Tenendo il Partito nella palude. Nessuno ha imposto la candidatura unitaria, ci si poteva misurare. Adesso rinviare il congresso fa il gioco del centrodestra.