Ma Salvini non ha il dono dell’infallibilità papale

Foto © Stefano Carofei, Imagoeconomica

Nella Lega nessuno, tranne Giancarlo Giorgetti, ha avuto il coraggio di criticare alcune scelte del Capitano. L’atteggiamento da “tifosi” non aiuta. Ma si tratta di un modo di fare comune, che riguarda anche Forza Italia, Fratelli d’Italia e i Cinque Stelle. Unica eccezione la torre di Babele del Pd.

Nessuno, tranne Giancarlo Giorgetti, ha avuto il coraggio di criticare il Capitano Matteo Salvini per come è stata gestita questa fase politica che ha portato al disarcionamento della Lega e al ritorno in sella del Partito Democratico. Il tutto in un contesto dove invece il Movimento Cinque Stelle è rimasto al suo posto.

Matteo Salvini al comizio di Sabaudia

E’ sicuramente vero che Bruxelles, Parigi e Berlino avessero sulle scatole la Lega. È sicuramente vero che Giuseppe Conte nei vertici europei ha chiesto (e ottenuto sponda) alla Merkel di dargli una mano per parcheggiare ai box il Carroccio. Però ammesso che fosse in incubazione un “complotto”, resta il fatto che ad aprire la crisi è stato Matteo Salvini. Sul palco di Sabaudia, ma soprattutto con la mozione di sfiducia presentata a Conte. (leggi qui «Qualcosa si è rotto»: Salvini accompagna alla porta i 5S. Di Maio: «Abbiamo scelto da tempo»). Dopo che nei giorni precedenti, e anche durante la crisi, il Capitano lanciava annunci non dalla sede della Lega, non dai Palazzi del Governo, ma dal Papeete Beach di Milano Marittima.

Matteo Salvini non è uno sprovveduto. Anzi. Uno che concepisce un apparato di comunicazione come la “Bestia” certamente non è un ingenuo. Salvini sapeva e sa che non ci sono margini per fare una manovra economica che non sia scritta con le lacrime e con il sangue dei contribuenti. E sa che dopo la finanza creativa per finanziare il Reddito di Cittadinanza e Quota 100, adesso si tratta di pagare i conti. Meglio che lo facciano altri, meglio che l’impopolarità se la carichino Pd e Cinque Stelle.

Matteo Renzi © Imagoeconomica

Il leader della Lega pensava di poter andare a nuove elezioni, di fare un accordo con la Meloni, di sfondare quota 40% e di avere la maggioranza assoluta in Parlamento. Non è andata così solo per un motivo. Perché Matteo Renzi, con un’intervista sul Corriere della Sera, ha dato la stura ad un’operazione che molti sicuramente sognavano ma che non avrebbero mai avuto il coraggio di mettere in campo. Ci sta tutto. Ci sta soprattutto l’errore di valutazione di un leader come Salvini.

Quello che ci sta di meno è l’atteggiamento nella Lega: tutti tifosi e nessun coraggioso. Perché indubbiamente la mossa sbagliata ha aperto le porte ad un Governo di sinistra, che può restare tre anni in carica. Senza considerare che a questo punto ci sono gli spazi perfino per un’alleanza organica tra Pd e Cinque Stelle. Dalle Regionali alle Comunali.

La Direzione della Lega a Frosinone

Viviamo tempi nei quali i leader di partito vengono percepiti come il Pontefice, unico ad avere la grazia dell’infallibilità. Guai criticare Silvio Berlusconi (Forza Italia), impossibile contraddire Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia), impensabile (e lo si è visto) contrastare Beppe Grillo (Movimento Cinque Stelle). L’unica eccezione è il Pd, dove le “correnti” imperano nel caos più totale.

Matteo Salvini resta il politico italiano che primeggia nei sondaggi e può tornare al Governo sull’onda popolare. Ma stavolta ha sbagliato. E se nella Lega qualcuno glielo dicesse in maniera seria, farebbe il bene del Partito.