
Alessia Macari ha vinto il Grande Fratello Vip. In qualunque altra parte d’Italia sarebbero stati orgogliosi delle sue radici ciociare. E’ vero: è nata a Dublino, ma le sue origini sono di Casalvieri. Nonno Silvio, presente in sala, lo ha ricordato subito.
Naturalmente Alessia ha utilizzato (chi non l’avrebbe fatto?) il mantra lanciato da Paolo Bonolis: la Cioci. E’ vero il suo slang non è ciociaro, lei lo accentua e lo snatura. Ma ride.
Alessia Macari, però, non si vergogna di dire che le sue origini sono di questa provincia. Noi invece esterniamo una sorta di solidarietà “pelosa”, distinguendo e cavillando su dettagli che non importano a nessuno.
Il televoto non sarà attendibile al 100% (ma perché i sondaggi sulle presidenziali degli Stati Uniti sono stati attendibili?). Ma ha comunque detto che la maggioranza degli italiani che ha guardato il programma ha scelto lei.
E’ una bellissima ragazza e anche formosa: elementi che non guastano e non costituiscono di certo un reato. Ma è pure simpatica, alla mano, divertente, scherzosa, rispettosa, educata, intelligente. Noi però mettiamo le distanze: non rappresenta la Ciociaria (non ne ha mai avuto la pretesa), non ha nulla a che vedere con l’interpretazione di Sofia Loren de La Ciociaria (ma cosa c’entra?), in questo territorio ci sono ragazze intelligenti che preferiscono studiare e lavorare (e chi ha mai detto il contrario?). E via di questo passo. Alla fine il risultato è che Alessia Macari ha vinto il Grande Fratello Vip, che è cosa diversa dal premio Nobel e perfino dal premio Oscar.
Fa parte del mondo dello spettacolo, che in televisione ha una sola missione: far divertire cercando di innalzare i picchi dell’audience. Alessia può piacere o non piacere, entusiasmare o creare invidia, ma non ha compiuto alcun “attentato” al substrato culturale di un territorio che in parte è Ciociaria e che in un’altra parte è Terra di Lavoro.
Alessia Macari ha vinto il Grande Fratello. Niente di più. Meritava i complimenti con il sorriso sulle labbra.
Una risata seppellirà il mondo. Le lezioni dei “professoroni” sono tristi.