«Conte abbia il coraggio di ‘suicidarsi’ politicamente per il Paese»

Stirpe
Foto © Benvegnu' Guaitoli / Imagoeconomica

Maurizio Stirpe fra attesa e scetticismo sugli Stati Generali dell'Economia. Per lui l'Italia è al palo perché manca di prospettive strategiche. E perché i governi puntano al consenso più di quanto non facciano con il rilancio.

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Manca la prospettiva, cioè l’unico strumento che fa di un rilancio economico proclamato un piano di sviluppo attuato. E senza prospettiva tutto si traduce in interventi del governo veloci, frenetici e a pioggia. Cioè una tantum per tutti. E senza tener conto della pianificazione a medio e lungo termine degli step necessari per ripartire davvero. Sono cinque e Maurizio Stirpe li ha enunciato in un’intervista a Radio Radio di Roma.

Stati Generali? Serve sostanza

Il vicepresidente di Confindustria ci vede un che di pomposo nel termine Stati Generali dell’Economia. Fiuta il clamore pubblicistico che rischia di non precedere la sostanza di azioni concrete e mirate. Perciò bacchetta Giuseppe Conte, le politiche del Governo e attende le proposte di Palazzo Chigi a metà strada esatta fra il fiducioso e lo scettico. Facendo capire che è ora di finirla, una volta per tutte, con le declinazioni di intenti che servono solo a far salire il consenso politico. E invita Conte a fare come Schroeder, che ‘si sacrificò’ con riforme strutturali difficili da digerire subito ma che mise la Germania in carreggiata economica ad inizio secolo.

Maurizio Stirpe
Maurizio Stirpe Foto: © Imagoeconomica, Rocco Pettini

«Spero – ha detto nel corso dell’intervista – ci sia l’arrosto, oltre al fumo. O che ci sia poco fumo ed abbondante arrosto. Bisogna vedere cosa ci presenterà il governo. Poi con quale tempistica lo metterà in pratica. Il Governo dovrà anche dirci quali strumenti utilizzerà e farci capire gli obiettivi che si prefigge.

Prima di dare un gradimento ed esprimere un giudizio dobbiamo essere garantiti su tutti questi aspetti. Altrimenti poi…

Finora si è provato a dare poco a tutti. E questa è una strategia che a medio e lungo termine non pagherà. A mio avviso invece il Governo deve individuare quali sono le direttrici lungo le quali l’Italia dovrà intraprendere un processo di crescita e sviluppo».

La logica del respiro breve

Giuseppe Conte
Giusseppe Conte

«Fatto questo, l’esecutivo dovrà assumere decisioni che potranno anche essere impopolari».

A cosa si riferisce il vice presidente di Confindustria? Ad un precedente storico che è emblematico. Subito dopo l’unificazione tra Est e Ovest la Germania si trovò sulle spalle un debito immenso. Fu subito chiaro che unificazione non significava annessione della Germania Est. occorrevano riforme. Radicali. Che ridisegfnassero completamente l’organizzazione del Paese. Ciò che era centro divenne periferia e ciò che a Berlino era periferia si ritrovò ad essere centro. Fu una rivoluzione. Che costrinse una generazione di tedeschi ad enormi sacrifici. Costò la rielezione al cancelliere Schroeder. Ma pose le basi per la Germania di oggi.

In quegli stessi anni si tentarono riforme radicali anche in Italia. Le mise a punto l’allora ministro Pier Luigi Bersani per il Governo Prodi. Scesero in piazza tutti: dai tassisti ai notai, dai medici ai negozianti. Ognuno aveva un privilegio da difendere, un orticello da non toccare. La Germania sta dove sta, noi stiamo dove stiamo.

Quali decisioni si attende allora Maurizio Stirpe? «Per esempio, quando si dice di voler investire sui flussi da 4.0. È evidente: non è che questo gli faccia incassare un dividendo elettorale, figlio di questa strategia. È invece evidente che se lo si va a misurare in termini di numero e qualità di posti di lavoro dopo 3/4 anni il discorso è diverso. E invece io vedo un governo molto più preoccupato di fare interventi frammentari su più categorie ed ad ampio spettro. Tuttavia questo lo fa a discapito della strategicità degli interventi stessi. Quindi prevale una logica di privilegio di breve respiro. Sono cioè interventi che devono esaurirsi in un lasso di tempo molto limitato».

In pratica, si punta al consenso subito, alla soluzione che tutti possano vedere per poi andare a votare. Non si pensa alla prossima generazione.

I cinque step per ripartire

Automotive
Foto © Imagoeconomica

I temi strategici? Il Governo non li sta toccando. «Ora non si stanno assolutamente affrontando i temi di strategia, né quelli di benchmarking con i Paesi che stanno andando meglio di noi. Cioè capire perché vanno meglio di noi e che cosa stanno facendo per andare meglio di noi. Perché meglio di noi ci stanno andando e a me piacerebbe capire perché noi non facciamo la stessa cosa».

E ancora, sul tema della “lungimiranza” chiesta da Conte in merito alle proposte messe sul tavolo da Confindustria. «Se proprio vogliamo essere concreti, noi abbiamo almeno cinque problemi da affrontare e risolvere. Innanzitutto il tema delle infrastrutture. Se ne parla, si dice che ci sono i soldi, le opere cantierabili ma ancora non partono. Mi aspetterei che Conte indicasse quali sono le strutture da realizzare».

La riforma fiscale

La Riforma Fiscale dal 1973 è solo una chimera. Anche Nicola Zingaretti l’ha indicata ieri tra le priorità, tra le riforme da fare subito e senza indugio. Perché era un mondo diverso quello di quasi cinquant’anni fa, basato su schemi e categorie differenti. Oggi le tasse vengono ancira calcolate sulla base di quei principi. (leggi qui Zingaretti chiede al Pd di mettere le ali al Paese: non ci sono alternative).

«Poi con quali soldi e in che tempi si realizzeranno le riforme? Si parla ormai da tempo immemorabile di riforma fiscale. Lo stesso premier ha ricordato che l’ultima è stata fatta in Italia nel 1973. Quindi c’è l’ambizione di modificare questo stato di cose. Anche qui mi piacerebbe capire quali siano direzione, modalità e tempistica da dare al sistema fiscale».

L’altra riforma urgente è quella della burocrazia: troppe carte, troppi passaggi. Occorre semplificare. Ma con 160mila leggi è difficile. «Terzo step è quello della semplificazione amministrativa e legislativa. In pratica noi abbiamo un sistema in cui qualcuno dice che abbiamo 160mila leggi. Questo quando in altri paesi ce ne sono di meno. In Inghilterra ce ne sono 7000, in Germania 6000. Parliamo cioè di numeri e differenze abissali. Mi piacerebbe sapere che testi unici si faranno, entro quanto tempo. E con quali risorse si andranno a fare queste risorse afferenti al sistema legislativo».

Plauso a Colao

Vittorio Colao Foto © Swiss-image / Valeriano Di Domenico

Sul Piano Colao e sull’eliminazione della responsabilità penale per gli imprenditori sui contagi da Covid, Stirpe rivendica poi la co-paternità di Confindustria nella battaglia. E parla di aberrazione sanata.

«L’abbiamo condotta nelle scorse settimane. Mi fa estremamente piacere che sia prevalso il buon senso e che sia stato eliminato questo aberrante concetto».

Il piano Colao propone di eliminare la spina della burocrazia e il sogno della digitalizzazione. «Si parla sempre di burocrazia e mi piacerebbe capire come la si eliminerà e in quanto tempo. Per finire la digitalizzazione. Vorrei capire come si fa a promuovere un processo spinto del genere sia in ambito amministrativo che produttivo».

«Ecco, se gli Stati Generali servissero a fare chiarezza su questi termini allora sarò io il primo a dire che è valsa la pena farli. Ma se invece dobbiamo assistere ad una passerella con affermazioni di principio, buoni propositi senza chiare indicazioni di percorso, modalità e tempistiche allora è meglio non farli».

La centralità sbagliata dei consensi

Stirpe e Durigon
Maurizio Stirpe, Foto © Imagoeconomica / Alessia Mastropietro

Stirpe non nasconde di aver lungamente analizzato il tema politico che sottotraccia guida le azioni dell’esecutivo in materia di rilancio.

Sull’equazione crisi sanitaria-consensi al top e poi crisi economica-consensi in calo lancia un messaggio. E cioè che mai come ora il ruolo di Confindustria è cruciale anche per puntellare un consenso che non è più quello della prima linea contro Covid. A patto però che si decida di dar credito alle ricette degli industriali, oltre che ascoltarle enunciate.

«Prima ascoltare, ma poi decidere. Penso che questa volta, se gli Stati Generali sono solo declinazione di un piano operativo in cui sono chiari obiettivi, strumenti e tempistiche, allora sono stati un esercizio inutile. Io penso che il problema della classe dirigente italiana sia stato sempre questo. E non solo di questo governo, ma anche di quelli precedenti. Il tema centrale cioè sembra essere solo quello di far salire i consensi. Qui il vero problema da risolvere è quello di far crescere il paese.

L’esempio tedesco

Gerard Schroeder Foto © Manzonetto / Imagoeconomica

«Un esempio? Quello della Germania. All’inizio degli anni 2000 aveva parametri economici peggiori rispetto all’Italia. Doveva anche concludere il processo di unificazione. I fondamentali dell’economia li aveva perciò molto peggiori dei nostri. L’allora premier Schroeder ebbe il coraggio di fare le riforme strutturali. Tutto questo mentre noi pensavamo solo che con i tassi di interesse bassi il Paese sarebbe cresciuto senza farle. Nel breve periodo quelle riforme tedesche furono anche penalizzanti per la popolazione. Fatto sta che il Partito Socialista al governo non ci è andato più. Finito Schroeder, finita la possibilità che i socialisti tornassero a governare».

«La Merkel ha governato tutti questi anni e la Germania è andata avanti. Se Shroeder si fosse preoccupato dei consensi nel suo agire politico la Germani non sarebbe cresciuta. Né avrebbe compiuto quei passi che non solo le hanno consentito di superare l’Italia, ma anche di distanziarla di parecchie lunghezze. Ecco, io vorrei che qualcuno dei nostri politici avesse la lungimiranza di Shroeder: suicidarsi politicamente per far fare un grosso passo in avanti al suo paese. Prima di Conte lo avrebbero potuto fare anche altri. Noi siamo un paese che dal 2011 ha un Presidente del Consiglio che non è stato eletto in Parlamento, anche questa tipica anomalia italiana».