Mauro, l’uomo che ha sfidato sé stesso e gli dei

Una delle gare più massacranti in assoluto. Da Atene a Sparta, correndo giorno e notte: 246 chilometri da coprire in 36 ore. Selezionatissimi i partecipanti. L'edizione 2022 ha visto un runner di Arpino. Che ha iniziato a correre perché fumava troppo

Fabio Cortina

Alto, biondo, robusto, sOgni particolari: molti

Paulo Coelho scrive che il corpo e l’anima hanno bisogno sempre di nuove sfide. Nuovi traguardi da raggiungere per mettersi in gioco e per capire quanto in quel gioco chiamato vita possiamo recitare il nostro ruolo. E’ stato così anche per Mauro Rea, 56 anni, arpinate ed ultramaratoneta.

Mauro, lo scorso 30 settembre ha sfidato il suo corpo, la sua psiche ed anche gli dei. Sì, gli dei, perché indossando le sue scarpette da corsa e vestendosi del coraggio migliore trovato nell’armadio, è volato alla volta di Atene, in direzione Spartathlon. Cosa è Spartathlon? E’ una delle sfide più dure che un runner possa pensare di affrontare, perché di fatto non hai mai la certezza di partecipare, fin quando l’organizzazione non ti dà il via libera.

Da Atene a Sparta

Mauro Rea

Una selezione durissima, basata sul curriculum da corridore, sulla partecipazione a sfide specifiche e con tempi ben precisi. E se non bastasse, con il limite di 25 partecipanti a nazione.

Mauro ce l’ha fatta, ha ricevuto la chiamata ed ha iniziato la sua preparazione, che poi l’ha portato al cospetto degli dei. “Per me essere presente a quella competizione è stato un sogno che si avverava, il sogno di ogni ultramaratoneta”. Sì, perché parliamo di una gara unica nel suo genere, 246 chilometri tra Atene e Sparta, da percorrere in 36 ore, attraversando dei traguardi durante il percorso entro un tempo prestabilito. Un esempio? Se al traguardo del chilometro 57 arrivi dopo 10 ore e 4 minuti, quando il limite era di 10 ore e 3 minuti, sei fuori. E così per chilometri e chilometri, fino ad arrivare al 246esimo, ai piedi della statua di Leonida, il re spartano che con un manipolo di uomini affrontò migliaia di persiani alle Termopili.

È una sfida contro sé stessi, non è soltanto una gara agonistica. E’ un modo per capire i tuoi limiti e per sentire quanto il tuo fisico e la tua mente possono sopportare”. Solo al suo ritorno Mauro Rea ha realizzato cosa fosse accaduto.Mentre sei là e corri non realizzi quello che sta succedendo, hai solo voglia di mettere un piede davanti all’altro e puntare il traguardo. Ora sì però, ora che sono tornato riesco a vedere alle mie spalle quello che è successo, il caldo che ho sopportato ed il controllo che ho dovuto avere su me stesso”. 

Dalle sigarette alla Strafrosinone

Una partenza della Strafrosinone

Qualcuno penserà che Mauro, come detto 56 anni, sia nato con le scarpe da runner. E sia arrivato a questa gara come coronamento di un percorso iniziato quando aveva ancora tutti i capelli. Niente di tutto ciò.

Ho iniziato a correre undici anni fa. Fumavo tantissimo, un giorno ho smesso di fumare ed ho deciso di iniziare a correre. Mi vergognavo della mia condizione fisica mentre mi allenavo in palestra, eppure – sottolinea Mauro – non mi sono mai fermato”. E forse anche quello aiuta nel percorso di una vita: un po’ di sano imbarazzo, la consapevolezza di non essere a posto e provare a tutti i costi di migliorarsi, consapevoli delle proprie potenzialità, ma soprattutto dei propri limiti.

Ricordo ancora la mia prima gara, fu una Strafrosinone di qualche anno fa. Poi – dice Mauro cambiando lo sguardo – non ho più smesso. Questa per me è una droga, una sana dipendenza, dalla Strafrosinone mi sono iscritto alla Maratona di Firenze e poi altre gare, fino alla mia prima 100km, al Passatore”. Ed è questo lo spartiacque tra un corridore ed un ultramaratoneta, una gara da 100 chilometri. Perché da lì è tutto in discesa. “A quel punto, quando ho visto che avevo superato il Passatore senza troppi drammi, mi sono messo alla ricerca della gara più assurda e mi sono imbattuto in Spartathlon. Un sogno – ripete con gli occhi lucidi – un sogno per chiunque ha questa passione”. 

Polvere, sudore, fatica e amore

La linea di partenza di Spartathlon 2022

Un sogno che ha iniziato a prendere forma nel momento in cui è iniziato il percorso di avvicinamento alla gara. Insieme ad un preparatore atletico Mauro ha iniziato a svolgere un programma personalizzato, 80 chilometri al giorno in media di allenamento. Poi allenamenti specifici per la respirazione, per i muscoli, finalizzati a gestire un obiettivo da raggiungere in un giorno e mezzo. Consapevole che solo un terzo di chi parte, alla fine arriva a baciare il piede di Leonida. “Era troppo importante per me portare la bandiera della mia città al traguardo, essere il primo arpinate, anzi, il primo ciociaro a farlo”.

Il 30 settembre è arrivato in fretta. Di fronte i 246 km, le strade in salita tra uliveti e vigneti, il Monte Partenio a quasi 1200 metri di altitudine, le temperature proibitive ed insolite per il periodo. Lo sparo dello starter al cospetto degli dei sull’Acropoli ateniese è una liberazione. Si parte.

La gara è dura, forse anche di più di quanto si aspettasse Mauro. “Mi sono messo in gruppo con gli atleti italiani, ma nonostante il ritmo non fosse troppo sostenuto sentivo che qualcosa non andava. I battiti erano troppo elevati”. Ecco cosa vuol dire conoscere sé stessi, ecco a cosa era servito l’allenamento estenuante portato avanti per mesi. Mauro lascia i suoi nuovi amici e rimane solo con sé stesso. Le gambe, il cuore ed il cervello riprendono ad andare al ritmo sperato e all’unisono, come una macchina perfetta.

Strade sterrate, tanta gente, i cancelli affrontati anche con discreti vantaggi, con una consapevolezza: suo figlio. “In ogni ultramaratona ho sempre avuto vicina mia moglie, questa volta c’era anche mio figlio. Mi incitava, ad ogni traguardo mi veniva incontro, mi aiutava a rifocillarmi, mi massaggiava i piedi massacrati”. 

La beffa degli dei per Mauro

L’arrivo dell’edizione 2021

La sfida prosegue, il tratto notturno è il più duro, ci sono salite da affrontare addirittura mani e piedi, ma nulla scalfisce l’inossidabile volontà di chi dalla città di Saturno ha scelto di portare l’insegna arpinate al cospetto di Sparta.

Leonida è lì, mancano circa 40km, ora la strada diventa agevole: “Entrato in un piccolo villaggio ho anche ballato con alcune anziane signore, ero molto felice perché sentivo il traguardo, lo percepivo”. Gli dei però sanno essere beffardi, sanno fare sgambetti capaci di far cadere il mondo. A pochi chilometri dal cancello numero 64 Mauro inizia ad accusare problemi gastrointestinali, dolori lancinanti che gli impediscono di camminare. Si ferma, lotta con sé stesso, sta malissimo, ma riparte. Al cancello 64 arriva praticamente con il vantaggio annullato. Ci vuole un’impresa.

Ad Atene non tornerò

Come è andata a finire? Mauro Rea al Km 210 prova a ripartire, fa pochi passi e sviene. Viene portato d’urgenza in ospedale. Il fisico debilitato dalla fatica e dall’attacco al suo intestino ha ceduto. Quel corpo che lui ha allenato, stressato, sfidato, lo ha abbandonato sul più bello, quando il traguardo era a 36 chilometri. Un’infinità per noi sedentari che ci stanchiamo anche a percorrerli in macchina, un’inezia per chi ne ha già percorsi 210 in una manciata di ore, spinto solo da gambe, cuore e cervello.

Il rammarico è stato tanto, non sono arrivato a Sparta, ero troppo arrabbiato e deluso. Ora però capisco di aver fatto una cosa enorme”. Mauro Rea non ce l’ha fatta, è stato costretto a mollare, ma è stato lì, fino alla fine, fino a mettere a rischio la sua stessa salute. “Un turbinio di emozioni come quelle che ho provato non credo che le proverò mai più, sono stato felice di tutto: della gara, di quanto ho provato durante e dell’affetto di quelli che anche a centinaia di chilometri di distanza erano con me. Ma sono felice anche perché ho lanciato un sasso nello stagno e molti in provincia appassionandosi alla mia esperienza, si stanno muovendo verso il mondo della corsa”.

Non tornerà ad Atene Mauro. Non lo farà perché proprio come quando iniziò ad allenarsi e si vergognava, ha consapevolezza di sé. “Alla mia età, un altro sforzo del genere non posso permettermelo, ma di certo non mi fermo”. Beata consapevolezza della realtà, in un mondo di persone convinte che Impossible is nothing la lezione di Mauro è che l’impossibile esiste, ma bisogna sempre fare i conti con la realtà e leggere sé stessi: ad oggi, invece, in pochi sanno leggere, scrivere e fare di conto. 

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