La conferma Minniti, l’incognita Renzi, nel congresso dove Zingaretti chiama il Popolo

Iniziano le manovre per il congresso che darà un nuovo segretario nazionale al Partito Democratico. Minniti fa di tutto per non apparire Renziano. Martina punta ai delusi leghisti. Zingaretti convoca alle urne il Popolo

«Il compito di tutti è far sì che qualcuno arrivi al 51%» per essere eletto segretario del Pd «altrimenti sarebbe uno scacco» e «si sancirebbe che il Pd è una confederazione di correnti». «Se non arrivo io al 51%, preferisco che ci arrivi qualcun altro». Marco Minniti è ufficialmente in campo nella corsa per diventare segretario nazionale del Pd. (leggi qui Minniti si candida e a Zingaretti dice: “Serve un patto per la collaborazione di tutti”)

Ora bisogna vedere cosa farà Matteo Renzi. Se userà i suoi ‘comitati civici’ come primo mattone di un nuovo Movimento politico personale. Oppure se li userà per allargare il Pd, aprirlo a quelle forze che fino ad oggi non hanno voluto abbracciarlo.

I rumors dicono che è tentato dal desiderio di varare un Partito sul modello di Macron in Francia. Ma la logica sconsiglia dal farlo. (leggi qui Congresso del Pd, perché chi arriverà in testa alle primarie vincerà il congresso).

L’unica certezza per ora è che Renzi si terrà lontano dal congresso.

 

Tanto quanto c’è un’altra certezza. Quella di Minniti non è una candidatura renziana. Nasce con il sostegno dei renziani. Ma è una cosa diversa. Ad innescarla sono state firme di 551 sindaci e la maggior parte di loro sono devoti al convento di Firenze. Inoltre, tutto il lavoro di cucitura lo hanno portato avanti i renzianissimi Lotti, Rosato e Guerini. Con uno scopo evidente: salvare il salvabile del renzismo.

Marco Minniti sarebbe disposto a farlo? La risposta sta nella sua proposta politica: «sia il Nazareno la sede di tutti i comitati, basta scontri».

Non oltre. E per metterlo bene in chiaro ha detto no al ticket con la renzianissima Teresa Bellanova.

Forse nemmeno ci sarà una lista renziana a sostegno.

Marco Minniti ha le idee chiare su questo punto. Rivendica la sua capacità di autonomia «dimostrata in questi anni». Ai renziani ha detto «decideranno loro per chi votare: ma noi dobbiamo fare un congresso per parlare al Paese».

Il primo ad annunciare il suo appoggio è stato l’ex ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda. Dicendo “Persona di livello. Lo sosterrò».

 

 

È dal salotto di In mezzora su Rai 3 e dal confronto con la padrona di casa Lucia Annunziata che Marco Minniti invia altri segnali.

“Compito di tutti quanti noi e’ far si’ che qualcuno arrivi al 51 per cento perche’ io non oso nemmeno immaginare quale scacco sarebbe se di fronte a una discussione impegnativa nessuno arrivasse al 51 per cento”.

Le agenzie intanto continuano a battere dichiarazioni di sostegno. Se non è il candidato renziano è di certo un candidato che non è ostile a Renzi. Alla Annunziata dice «Io penso che Renzi si sia assunto delle responsabilità importanti, dopo la sconfitta si è dimesso prendendosi anche colpe non sue. E io considero sbagliato e diseducativo che tutte le persone quando Renzi era al potere gli erano vicine e adesso non fanno che marcare le distanze».

 

 

Il segretario uscente Maurizio Martina invece starebbe lavorando ad una “candidatura di squadra” con giovani ed esponenti dei comuni e delle amministrazioni locali. L’intento è quello di sparigliare le filiere e le correnti. E di partire dal Nord, dalla Lombardia: quella terra che ha votato Lega ma ora rischia di vedere lo spread finire fuori controllo, minando i suoi progetti economici ed industriali.

L’idea di Martina è proprio quella di ripartire dal rapporto con il mondo produttivo e delle partire IVA.

 

 

Per l’altro candidato, Matteo Richetti, ex portavoce di Renzi, sia Minniti che Zingaretti rappresentano il passato.

«Quando mi sono candidato alla segreteria del Pd non ho risposto a nessun identikit ma ho risposto all’esigenza di questo partito di ritrovare un’anima, una speranza, un sogno, un progetto».

Matteo Richetti lo ha chiarito nel corso di un’intervista al sito di politica Formiche.net. Durante la quale ha detto «So che Minniti ha sostenuto che le elezioni del 4 marzo sono state una sconfitta più pesante di quelle del ’48. Ecco in quelle elezioni qualcuno ha perso ma qualcuno ha vinto e questo qualcuno e’ De Gasperi. Ecco, questi dirigenti che citano De Gasperi, che lo mettono nel pantheon ma lo considerano la piu’ grande sconfitta della storia tradiscono un’impostazione, non hanno alcuna intenzione di guardare avanti, vivono nel passato, sono nel passato».

 

Nicola Zingaretti? Ormai è chiaro che la mossa decisiva sta nel voto popolare. In quel 50% dei votanti alle Primarie che deve andare a sostenerlo, facendolo diventare subito segretario nazionale, evitando di passare per ilv to dell’Assemblea Nazionale.

Così ha lanciato la sua campagna social, con la quale riportare alle urne quel popolo del centrosinistra che invece se ne è allontanato.

«Aiutatemi a cambiare il Pd ed a rifondare il centrosinistra italiano. Venite tutti alle Primarie» recita il messaggio che accompagna la foto.

La strategia è definita: deve essere il popolo ad eleggere il suo segretario. Solo così il Pd potrà dire di avere imboccato una strada nuova.