I misteri della macchina del fango contro il vescovo Antonazzo

Facciamo un esempio. Miss Mondo tenta di baciarmi, la cognata della zia di una mia amica lo viene a sapere e va a dirlo al Procuratore della Repubblica. Il magistrato è obbligato ad aprire un fascicolo (in Italia l’azione penale è obbligatoria): mi rintraccia e mi interroga. Scopre che Miss Mondo non ha tentato di violentarmi, che tutte le altre cose dette alla mia amica e da lei riferite alla cognata della zia sono solo un mucchio di maldicenze. Il procuratore della Repubblica chiude il fascicolo: per ‘difetto di querela’ cioè: non c’è nemmeno la puzza di un reato per i quali si proceda d’ufficio, io non mi sono lamentato di niente né intendo lamentarmi, quindi non c’è nemmeno un’ipotesi di reato sulla quale andare ad indagare. Fine della storia.

Il problema è se nel frattempo tutta la storia è finita sui giornali di mezzo mondo, con tanto di mia fotografia ed il titolo “Violentato da Miss Mondo”.

Fatte le dovute proporzioni è quanto accaduto a sua eccellenza il vescovo Gerardo Antonazzo da Santa Maria di Leuca in Finibus Terrae. In pratica un ex seminarista manda una lettera al quotidiano locale La Provincia nella quale ‘rivela’ una serie di comportamenti inappropriati del vescovo Antonazzo, sostiene che nel periodo in cui era il rettore del seminario a Ugento mandava avanti solo quelli che cedevano al suo fascino e segava quelli più bravi che potevano fargli ombra con la loro intelligenza.

La giornalista, correttamente, non pubblica niente: i giornali non sono posti nei quali riportare pettegolezzi. Ma, nel dubbio che ci siano reati, consegna tutto al Procuratore della Repubblica. Che archivia per i motivi di cui sopra.

Allora perché monsignor Antonazzo è stato esposto al pubblico ludibrio mediatico nazionale? Perché tutti i principali giornali del Paese lo hanno crocefisso in prima pagina? Perché tutti i siti di informazione lo hanno arso a fuoco lento come un novello San Lorenzo? Il sospetto che sia stato il bersaglio di una trappola è stato avanzato dal sito Alessioporcu.it (leggi qui il precedente) e nel fondo apparso su Ciociaria Editoriale Oggi (leggi qui il precedente). Un’ipotesi che prende ancora più corpo se si pensa che pure le ipotesi di reato mosse all’ex abate Pietro Vittorelli si stanno rivelando infondate: secondo alcune fonti romane, di cui da atto l’edizione in edicola tra qualche ora del quotidiano Il Messaggero, sarebbe stata chiesta l’archiviazione per le ipotesi di reato legate alle operazioni bancarie. In pratica – se risulterà confermato – dom Pietro avrebbe preso dai conti nulla di più che i soldi dei suoi stipendi da monaco mai toccati per lunghi anni, i soldi necessari per pagare le cure dopo la gravissima malattia che lo ha colpito, i soldi per pagare le trasferte della diocesi all’estero per la Fiaccola Benedettina e la Giornata Mondiale della Gioventù. Si sta definendo se poi ci si sia comprato anche altro: ma pure lui, in quanto a crocifissione e scorticamento mediatici non è andato per niente male, se il tutto è riconducibile ad un paio di jeans ed un profumo (il resto, rivelato dal sito Dagospia, qualora fosse vero, attiene a scelte private sulle quali nessuno ha il diritto di sindacare – leggi qui il precedente).

Il fatto che qualcuno abbia voluto giocare sulla pelle di monsignor Antonazzo de Finibus Terrae (e pure con quella di dom Pietro Vittorelli) è un sospetto che prende più spessore nel momento in cui si considera che da circa un mese il procuratore della Repubblica di Cassino Luciano D’Emmanuele aveva chiesto l’archiviazione del caso perché “è manifesta l’assenza di una esplicita volontà, manifestata con una formale querela, da parte della persona eventualmente offesa, di voler chiedere al pubblico ministero di svolgere le indagini e di conseguenza non può esercitasi l’azione penale”. Il provvedimento risulta firmato con la data di febbraio 2016.

Allora si deve capire perché da circa due settimane, chiunque facesse informazione sul territorio del Cassinate sapeva il contrario: c’è stato chi ha fatto filtrare la falsa notizia che il procuratore stava per chiedere l’apertura di un processo, che i seminaristi ad accusare il vescovo fossero otto e non uno soltanto, che lo accusassero di reati sessuali, che tra i fatti ancora oggetto d’indagine ci fosse anche una gita con i seminaristi su una barca appartenente proprio al prelato. Falso.

Il tenore delle accuse è questo «Troppi ne ha cacciati dal seminario. E soprattutto i più promettenti ( forse perchè ritenuti da lui dei possibili antagonisti al suo protagonismo in diocesi) Stranamente, teneva in seminario (Ugento) ragazzi che riteneva “adatti” ma regolarmente fidanzati fuori… Purtroppo, voglio farle sapere che alcuni di quei ragazzi “inadatti” sono stati, invece, ritenuti “adatti” in altre diocesi, divenendo sacerdoti. Mentre, per il sig. Antonazzo era “adatto” al sacerdozio un certo don S*****. Se lo cerchi su internet… Ed anche li le denuncie non ci sono state….». Queste sono le accuse: più simili a pettegolezzi impastati con il fango, senza riscontro, soprattutto senza reati.

In Vaticano erano al corrente di tutto già da tre mesi: un fascicolo era stato aperto alla Congregazione dei Vescovi. E subito era stato chiuso: gli accertamenti della Santa Sede avevano verificato in poche settimane che si trattava solo di maldicenze. Costruite bene. È così che è scattato l’allarme: perché lì sanno che a pensare male si rischia di fare peccato ma ci si indovina spesso. Ed hanno sospettato – con mesi di anticipo – che si stesse mettendo su una piccola macchinina del fango con cui colpire il vescovo Antonazzo. Ma il vero bersaglio era la cordata della quale fa parte e la sua imminente promozione a Roma. Così come fu una guerra tra tonache (e non di colore nero) quella nella quale venne infilato nel tritacarne mediatico don Pietro Vittorelli.

Resta il dubbio: chi ha concepito la macchina del fango? Chi l’ha armata? Chi ha voluto diffondere a tutti i costi la notizia raccontandola anche ai sassi? Chi ha trasformato una richiesta di archiviazione in una richiesta di processo? Chi ha fatto diventare la lettera di un seminarista respinto ben otto seminaristi che confermavano le accuse al vescovo? Chi ha pompato con tutta quell’enfasi la notizia sui media nazionali? Chi ha voluto colpire chi? Domande che resteranno senza risposta.

Per monsignore de Finibus Terrae intanto era previsto un incarico importante che sarebbe stato comunicato durante il mese di aprile.

Ora il dilemma per il Vaticano: trasferire (dando l’impressione che venga mandato via per punizione) o mantenere a Sora – Cassino (dandola vinta a chi ha orchestrato tutto)?

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