Il mistero poco buffo del Ptpr bloccato a Zingaretti dal governo tenuto da Zingaretti

Foto © Paola Onofri / Imagoeconomica

Il caso del Piano Territoriale Paesistico approvato dalla Regione guidata da Zingaretti ed impugnato dal Governo sostenuto da Zingaretti. Cosa c'è dietro. I sei mesi di ritardo nella pubblicazione del documento. il tentativo di individuare una sintesi. A chi conviene il ricorso alla Consulta. A chi no.

Qualcosa non quadra. L’altro giorno il Governo nazionale retto dal Pd guidato da Nicola Zingaretti ha impugnato, davanti alla Corte Costituzionale, la legge approvata dopo un lunghissimo lavoro di mediazione ed equilibrio dalla Regione governata da Nicola Zingaretti. Peggio ancora. Il ministero che ha sollevato il conflitto tra organi dello Stato è stato quello ai beni Ambientali guidato dal Dem Dario Franceschini che è uno degli alleati più stretti del Segretario. (leggi qui Governo contro Regione Lazio: impugnato il Ptpr).

Il problema politico

La Corte Costituzionale

Il problema è politico. E sta tutto nella rotta tracciata dalla Regione con quel Piano Territoriale Paesistico. È lo strumento che fissa le norme valide in tutto il Lazio per salvaguardare il paesaggio. Talmente importanti che devono uniformarsi al Ptpr tutti i Piani Regolatori Generali dei Comuni, gli strumenti che stabiliscono dove si può costruire e con quali vincoli.

La rotta è stata bilanciata da Nicola Zingaretti attraverso un delicato e lungo lavoro di mediazione con un’infinità di soggetti. Innanzitutto gli esponenti della maggioranza di Centrosinistra che governa la Regione, nella quale ci sono diverse sensibilità ambientaliste molto spiccate. Poi le aree delle opposizioni a Cinque Stelle e di centrodestra, portatrici di sensibilità diverse in materia di Ambiente e talvolta contrapposte. I confronti hanno riguardato poi gli Enti Locali: i Comuni e le Province, ciascuno con un’esigenza da rappresentare, un’area da tutelare o sbloccare. E poi i professionisti del settore: architetti, ingegneri, geometri e così via. Soprattutto le associazioni. Il lavoro di taratura è stato portato avanti dal Capo di Gabinetto di Zingaretti Albino Ruberti, il lavoro di mediazione amministrativa lo ha seguito il vice presidente Daniele Leodori, l’opera di discussione politica l’ha seguita il presidente del Consiglio regionale Mauro Buschini.

Considerate le richieste in campo era scientificamente impossibile accontentare tutti. Soprattutto perché Nicola Zingaretti aveva una rotta precisa in mente: capace di tutelare l’ambiente ma allo stesso tempo snellire le procedure e velocizzare la Regione.

Il nemico naturale

Foto © Recondoil

Il no ad alcuni passaggi fondamentali del pacchetto è arrivato dall’associazione che storicamente difende il Paesaggio nazionale: Italia Nostra, una delle più antiche realtà ambientaliste italiane.

Cosa contestava? Innanzitutto il fatto che le ‘semplificazioni‘ introdotte nel testo avessero poi alleggerito in maniera eccessiva i vincoli a tutela delle coste laziali, ma anche dei fiumi e dei laghi, dei fossi per lo scorrimento dell’acqua pubblica. Italia Nostra di Roma aveva poi evidenziato possibili rischi anche per le aree archeologiche della Capitale.

Nelle contestazioni sollevate al Ministero venivano evidenziate quelle che Italia Nostra ed altri hanno definito ‘inammissibili omissioni di tutela in particolare del patrimonio culturale e paesistico di Roma‘. E poi una serie di carenze di carattere generale.

Le indiscrezioni parlano di un lungo lavoro condotto lontano dai riflettori. Durato circa sei mesi. La pubblicazione del Ptpr è avvenuta solo a febbraio nonostante l’approvazione risalisse ad agosto precedente. In quei sei mesi si è cercato di individuare un punto di equilibrio con il quale salvare l’impianto del Piano (leggi qui L’intesa arriva all’alba: la Regione Lazio approva il Piano Territoriale). Nulla da fare.

Il ‘conflitto’

L’Aula del Consiglio Regionale del Lazio

Alla fine è arrivato il conflitto di fronte alla Corte Costituzionale. Non è stata una scelta politica. Non si è trattato di un pallone lanciato in tribuna per fermare la partita. È stata una scelta squisitamente tecnica. Fatta dall’apparato burocratico del Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali.

Le indiscrezioni assicurano che non sia stata minimamente sollecitata: né da Nicola Zingaretti né da Dario Franceschini. Che avrebbero preferito una mediazione con cui salvare l’impianto e varare finalmente il Ptpr.

Come sempre, non tutti i mali vengono per nuocere. La sollevazione del conflitto tra organi dello Stato toglie una serie di castagne dal fuoco di Nicola Zingaretti in Regione Lazio. In pratica: il dibattuto viene spostato dall’Aula della Pisana all’Aula della Consulta.

Il linguaggio con il quale ora verrà mediato il Ptpr non sarà più quello della politica bensì quello dei Codici. Il che permette di evitare un nuovo scontro ideologico all’interno della maggioranza di centrosinistra e con le opposizioni.

E se i principi di semplificazione introdotti dalla Regione Lazio dovessero superare il vaglio della Consulta ci sarebbe ben poco spazio per altri scontri di natura politica sull’argomento. Praticamente nessuno.

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