Montecassino spilla la sua rivincita all’Albaneta

Presentata la birra dell'abazia. Che porta nella sua struttura artigianale un sogno che sa di riscatto. Per chi ci ha creduto fino alla fine. E per l'economia di un territorio che ha finalmente la sua quattro malti.

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Ricorda la Chimay ma nella versione doré. È più strutturata della Trappe ma quella è una tripla fermentazione. Con la Leffe ha poco da spartire: è molto più artigianale. La Birra Montecassino ha una personalità tutta sua.

La prima spillatura l’hanno fatta oggi il padre abate di Montecassino dom Donato Ogliari e Daniele Miri, l’imprenditore che cinque anni fa si è messo in testa di recuperare l’antica ricetta della birra d’abazia benedettina.

Si chiama Montecassino ma sarebbe più gusto chiamarla Rivincita, perché è la rivincita di tutti i protagonisti di questa storia.

Le tre rivincite

L’inaugurazione del Birrifico all’Albaneta

Il Primo è Benoit, il mastro birraio canadese che per 14 anni ha lavorato con Unibrew, poi il cuore lo ha portato a Cervaro e addio birrifici. Invece no. Si è ritrovato a sperimentare, plasmare, creare la prima birra dei monaci benedettini di Montecassino.

Ma è la rivincita anche del padre abate Donato Ogliari e del cenobio dove lo hanno mandato alcuni anni fa sull’onda dello scandalo suscitato all’ombra dell’abazia. Nulla di giuridicamente accertato, ma il buon nome di Montecassino era stato messo in discussione. A lui avevano raccomandato di tenere basso il livello, far spegnere i riflettori. Si è ripreso tutto con gli interessi.

Infatti, la birra che da oggi finisce sugli scaffali è solo la punta dell’iceberg: ha rimesso in produzione i trecento ettari delle masserie dell’Albaneta. Quelli dove fino agli anni ‘70 lavoravano una quindicina di famiglie di coloni. Ci lavoravano per allevare il bestiame e coltivare gli ortaggi con cui sfamare tutta la comunità ed i suoi ospiti.

Dom Ogliari, da peso economico li ha trasformati in risorsa. E adesso sono tornati alla luce anche i ruderi di Santa Maria dell’Albaneta, la chiesa dove soggiornò San Filippo Neri mentre cercava la strada che lo avrebbe condotto alla santità e dove soggiornò pare Ignazio di Loyola, che si sostiene lì abbia scritto alcuni degli appunti per i suoi esercizi spirituali.

Il sogno di Miri e le battaglie per viverlo

Un momento della presentazione

E’ la vittoria soprattutto di Daniele Miri, imprenditore che per vivere non aveva bisogno della birra: guida una solida azienda di meccanica industriale. Ma si era messo in testa di rivitalizzare quell’area. Per farlo si è dovuto scontrare praticamente con tutti: dall’amministrazione comunale di Cassino ai tempi di Petrarcone e D’Alessandro fino all’ambasciata polacca, che lo accusava di vole profanare a fini economici il sacrario dove l’esercito polacco ricostruì la sua dignità. Si arrivò anche all’incidente diplomatico, poi rientrato.

Ora la birra c’è, sei gradi e mezzo, ed un impianto per la sua produzione lì dove c’erano prima le stalle dell’Albaneta. Sapore forte e intenso, grazie ai quattro malti utilizzati, colore ambrato, grazie alla tostatura dei malti. Di gusto persistente con sentori di essenze che sono state messe a punto in quasi un anno di lavoro. Il tutto con la collaborazione di Peroni, che ha consentito a Benoit di fare le sue sperimentazioni e calibrare la Montecassino proprio come voleva lui. Inoltre c’è l’esperienza di Saplo, la malteria di Peroni a Pomezia dove viene portato l’orzo prodotto a Montecassino per trasformarlo nell’ingrediente essenziale della nuova birra.

Stirpe e Buschini uniti dal target dell’eccellenza

Stirpe
Maurizio Stirpe, vice presidente di Confindustria Foto © Benvegnu’ Guaitoli / Imagoeconomica

«Questo progetto presenta tanti elementi di novità». Lo spiega il Vice presidente di Confindustria Maurizio Stirpe, salito fino all’Albaneta per assistere alla prima spillatura. «C’è la valorizzazione del territorio, c’è la riscoperta delle tradizioni e dell’agricoltura. Ci sono il turismo e la religione e c’è l’impresa che vuole crescere e non si accontenta».

Concorda con lui il presidente del Consiglio regionale del Lazio Mauro Buschini. «E’ questa la strada che dobbiamo percorrere per rimettere in moto il paese. Puntando sulle nostre capacità ed i nostri tesori, facendo convergere tante eccellenze».

Non ha dubbi Daniele Miri. «E’ una soddisfazione ma spero che sia più del territorio che mia personale perché riscopriamo un immenso tesoro di questa terra. L’Albaneta deve tornare a vivere».

Viene da Maranello come Benedetto veniva da Norcia. Il mastro birraio si chiama Benoit, e cioè Benedetto in francese. L’orzo venne piantato nel giorno di San Benedetto. Più segni del destino di questi non era possibile pretenderli, anche perché quel colore ambrato e quel sapore così intenso già sanno di miracolo.