Morire per poter ascoltare un po’ di musica

Senza ricevuta di ritorno. La raccomandata del direttore su un fatto del giorno. Ci sono ragazzi che muoiono per chiedere la libertà di ascoltare la musica che vogliono. E ragazzi che muoiono poco alla volta nella noia del nulla

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Non ci accorgiamo di quanto sia importante una cosa fino a quando non inizia a mancarci. Vale per gli oggetti, vale per gli affetti. Poco alla volta, con gli anni, abbiamo imparato quanto fosse importante l’aria pulita, quanto fosse preziosa l’acqua che una volta sprecavamo lasciando i rubinetti aperti.

Crescendo si impara che è preziosissimo il tempo: da piccoli non passava mai, ora non ce n’è mai abbastanza per fare quello che vorremmo; leggere un libro, guardare un film, organizzare una serata con gli amici. Da piccoli non capivamo quanto fosse importante il tempo perché ne avevamo a volontà.

Così con gli affetti: un genitore che scompare, un compagno o una compagna che non sono più accanto a noi. È quello il momento in cui comprendiamo fino a che punto fossero importanti per la nostra vita.

È per questo che non possiamo capire cosa sta accadendo a poche ore di volo da noi. Ce lo spiegano le immagini di un ragazzo ammanettato e con una benda già sugli occhi: ha 23 anni e sta per essere impiccato. Colpevole per la Giustizia del suo Paese: non di avere ucciso, non di avere abusato di qualcuna o rapinato denaro oppure spacciato droga.

Colpevole di essere sceso in piazza per invocare una vita diversa: per lui e per la sua generazione; una vita come quella di milioni di altri ragazzi nel mondo, che non vivono in uno stato teocratico, cioè basato sulla religione. Uno Stato nel quale circola per strada una Polizia Morale che può arrestare le ragazze se non portano il velo in modo ordinato. Perché portarlo non basta.

Majidreza, con il coraggio dei suoi 23, esibito alle telecamere già bendato mentre si avvia al patibolo, a chi gli domanda cosa volesse dire ai suoi coetanei che manifestano, prima di morire, ha risposto: “Non piangete per me, non pregate, non leggete il Corano, ma suonate musica allegra.

Noi abbiamo tutto quello che i ragazzi iraniani vorrebbero. Ma non lo capiamo: proprio perché a noi non manca. È per questo che molti lo sprecano, scegliendo una vita vuota.

Senza Ricevuta di Ritorno