Morti nel terremoto per colpa loro

I ragazzi ciociari morti nel terremoto a L'Aquila. E le motivazioni con cui il giudice ha detto no ai risarcimenti chiesti dalle famiglia. Anzi, li ha condannati al pagamento delle spese. Perché? I ragazzi dovevano capire che era pericoloso ed uscire.

Studiava le biotecnologie e sognava un pianeta più green. Spremeva ogni riga dai libri perché voleva diventare bravo ed andare in giro per il mondo ad applicare quelle scienze. Invece Nicola Bianchi di Monte San Giovanni Campano è uno dei ragazzi ciociari morto la notte del 6 aprile che ha sgretolato L’Aquila. I giudici hanno detto che alla famiglia non tocca un risarcimento. Crudele ma ci può stare. Quello che non ci può stare è il motivo.

«Per i giudici i nostri figli avrebbero dovuto prevedere quanto poi purtroppo accaduto e uscire di casa. Nicola sarebbe stato incauto nel non uscire di casa“. Sono le parole di Sergio Bianchi, padre di Nicola e presidente dell’Avus, associazione vittime universitarie sisma. I giudici hanno detto no alla richiesta di risarcimento a carico dello Stato per il figlio e altri 9 studenti. Tutti uccisi dalle macerie. (Leggi qui: Cosa ci resta del terremoto a L’Aquila).

Colpa loro, non del terremoto

Foto Cuccuru © Imagoeconomica

Decisione del Tribunale de L’Aquila che nell’aprile di un anno fa ha rigettato in toto la richiesta di risarcimento. Il giudice aveva emesso anche altre sentenze nelle quali aveva attribuito una parte della colpa ai ragazzi per “l’incauto comportamento di non essere usciti di casadopo la scossa delle ore 3:32 del 6 aprile del 2009.

La definisce un’altra “sentenza choc” il legale della famiglia, Alessandro Gamberini. Spiega che “rigettando i risarcimenti e condannando i familiari delle giovani vittime al pagamento delle spese processuali, il giudice del tribunale de L’Aquila ha attribuito agli universitari il 100% della colpa della loro morte”. Cosa viene contestato ai ragazzi morti sotto le macerie? Spiega l’avvocato Gamberini: “I giovani avrebbero dovuto uscire di casa con una decisione individuale. Senza che nessuno avesse lanciato allarmi o avvertimenti sul pericolo dei terremoto e dello sciame. Anzi in un clima di rassicurazioni istituzionali della Protezione Civile“.

Papà Bianchi parla di “una decisione che ci ha lasciato impietriti, senza parole“. Per i nove ragazzi morti erano stati chiesti risarcimenti tra i 500 e i 600 mila euro ciascuno. La sentenza è stata appellata.

C’erano le crepe, dovevi scappare

Foto: Daniele Scudieri © Imagoeconomica

Nicola aveva 22 anni. Morì nel crollo della casa di via D’Annunzio. Tutti dicevano di restare in casa, che non c’era pericolo. Ci fu chi non gli diede retta e si fece venire a prendere. Ma anche chi aveva un esame in scadenza o semplicemente si era fidato. Ed era rimasto. Come Nicola. Ora il giudice ha scritto che bisogna “che qualunque rassicurazione fosse stata percepita doveva necessariamente venire meno ove l’abitazione in concreto occupata avesse presentato segni di danno per le precedenti scosse e/o fosse stata giudicata meritevole di controlli di stabilità“. Insomma, c’erano le crepe: dovevi capire che bisognava scappare.

Nelle altre motivazioni per altri ragazzi morti si può leggere come “fosse uscita di casa alla scossa delle ore 23:30. Tale condotta obiettivamente attesta come la defunta non avesse affatto maturato la convinzione circa la non pericolosità del terremoto e la superfluità di misure di autotutela, posto che agì in netto contrasto con detta convinzione“. Oppure che “le scelte della defunta fossero da attribuire alla convinzione che l’edificio in cui abitava fosse sicuro“. Ma anche che “la ragazza aveva fatto rientro nel proprio appartamento pur dubitando della solidità dell’edificio“.

Appunto, fu colpa loro.