Un gigante dai piedi d’argilla che si chiama Movimento Cinque Stelle

Sognano la prospettiva di lotta e di governo, ma non hanno neppure lontanamente un leader della statura di Enrico Berlinguer e un Partito come quello Comunista di quegli anni. Luigi Di Maio non controlla il Movimento, Roberto Fico ha altre idee. Non è più la “creatura” di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio.

L’ambizione è quella del Pci di Enrico Berlinguer, di lotta e di governo. Ma il Movimento Cinque Stelle non ha il retroterra ideale né la classe dirigente di quello che è stato il più grande Partito Comunista dell’occidente, capace di dire più di qualche no al Pcus di un certo Leonid Breznev.

E poi il Pci non governava il Paese, ma le Regioni, le Province e i Comuni.

 

Al Circo Massimo sta andando in scena una rassegna surreale, di lotta e di governo di un Movimento nel quale non si capisce davvero chi è che detta la linea.

Probabilmente in tanti, proprio perché siamo in presenza di una realtà variegata, post-ideologica.

Luigi Di Maio ieri sera ha cercato di tracciare l’evoluzione del Movimento con uno schema semplice ed efficace, quello di un bambino appena nato (protetto e nutrito da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio), poi diventato adolescente e adesso adulto.

Funziona a livello mediatico, molto meno sul piano politico.

 

Perché intanto il Movimento ha votato quello che resta un condono, perché intanto nulla dice sullo spread che vola dopo che nel 2011 Beppe Grillo, in condizioni analoghe, aveva scritto una lettera al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Perché intanto il Movimento ha un bisogno quotidiano di nemici e avversari: i burocrati, i vecchi politici, i giornali, l’Europa.

 

Ma quello che è emerso chiaramente è un altro aspetto. Luigi Di Maio non controlla affatto tutto il Movimento. Perché il presidente della Camera Roberto Fico, nel ribadire il no ad alleanze con la Lega, ha fatto capire ad una parte del popolo pentastellato, che Salvini va sopportato. Per ora.

Davide Casaleggio ha affrontato altri temi. Alessandro Di Battista, dal Guatemala, ha fatto capire che tornerà. E non è proprio in sintonia su tutto con Luigi Di Maio. Oggi è atteso l’intervento di Beppe Grillo, ma questo Movimento non è più soltanto il suo.

È tenuto insieme dal collante del governo e dal terrore di perdere un’occasione che potrebbe non ripresentarsi più. Indipendentemente dai sondaggi.

 

Ma quella che manca è una classe dirigente degna di questo nome. L’evocazione della “manina” è avvenuta proprio mentre il presidente del consiglio Giuseppe Conte spiegava la manovra in Europa. E le agenzie “battevano” i sospetti del suo vicepremier sul decreto fiscale. Come fa lo spread a non impennarsi?

Un Movimento di lotta e di governo. Già, ma Enrico Berlinguer era davvero un’altra cosa.