Il tredicesimo uomo non c’è: anche la Lega si sfila

Nulla da fare. La mozione di sfiducia contro Carlo Maria D'Alessandro oggi non passerà. La Lega ha ricevuto l'input di non firmare il documento Pd. Che a nessuno conveniva. Perché nessuno è pronto a nuove elezioni

Il tredicesimo uomo non esiste. Non c’è alcun cavaliere bianco destinato a firmare la mozione di sfiducia a carico del sindaco Carlo Maria D’Alessandro. Ed a far cadere questa sera alle 18 la sua amministrazione comunale nel corso della seduta di Consiglio convocata a Cassino. Le firme in calce al documento saranno al massimo dodici, non una di più: esattamente quelle previste fin dall’inizio. Non bastano: ne occorrono almeno tredici, essendo l’Aula composta da 25 persone.  

La Lega non firma

Con molta probabilità le firme non arriveranno nemmeno a dodici. La Lega – assicurano fonti da Roma – non sottoscriverà il documento e all’ultimo momento si tirerà indietro. La retromarcia è stata ordinata al coordinatore provinciale Carmelo Palombo domenica scorsa a margine della manifestazione in Piazza del Popolo. Ai vertici nazionali del Carroccio è apparsa incomprensibile un’operazione di appoggio al Pd e contro un’amministrazione di centrodestra. A segnalargli quell’anomalia politica è stato il sindaco Carlo Maria D’Alessandro contattando direttamente la squadra intorno a Matteo Salvini.

Per uscirne con un po’ di dignità e con le ossa non troppo rotte, la Lega  annuncerà l’apertura di un registro presso un notaio. E che depositerà lì le firme con cui i suoi due consiglieri comunali dichiarano la disponibilità a dimettersi “nel preciso momento in cui le firme in calce a questo documento saranno diventate almeno 13“.

Chi vuole può andare a firmare. Consapevoli però che è solo un pezzo di carta privo di qualsiasi effetto sulla tenuta dell’amministrazione comunale. perché il testo Unico sugli Enti Locali è chiaro: le firme per determinare la sfiducia ad un’amministrazione comunale vanno apposte tutte nello stesso momento. Non fa differenza se vengano raccolte da un notaio o dal segretario generale dell’ente. Ma le dimissioni a rate possono, al massimo, aprire un dibattito in aula. Punto e accapo.

Nessuno scontento

La mozione si è rivelata un caloroso boomerang politico. Né più né meno di quella che è stata proposta contro Nicola Zingaretti. È servita solo a compattare la maggioranza, spingendola a risolvere i suoi problemi interni: esattamente come ammonisce il manuale ‘L’arte della guerra‘ scritto dal generale cinese Sun-Tzu. “Di fronte al nemico unito, le tribù avversarie si uniscono”.

Il voto del consigliere Dana Tauwinkelova non arriverà: otterrà le delega all’Ambiente che le consentirà, seppure da Consigliere, di continuare ad occuparsi dei progetti avviati fino a qualche settimana fa come assessore. E fine del mal di pancia. Al limite passerà in un gruppo Civico lasciando Forza Italia per non avere come capogruppo Rossella Chiusaroli che non sopporta proprio, cordialmente ricambiata.

Il rimpastino in seguito alle dimissioni di Franco Evangelista dall’aula (determinando l’ingresso della Tauwinkelova in Consiglio quale prima dei non eletti) produrrà il suo ingresso in Giunta come assessore alle Manutenzioni. Mettendo fine alle frizioni nell’area. 

Niente scontenti, niente firma.

A nessuno conviene

I consiglieri comunali del Pd non sono riusciti a trovare la firma in più. Inutili le riunioni andate avanti fino a tardi. Al punto che ieri sera un esausto segretario cittadino del Pd di Cassino Marino Fardelli ha confidato «i migliori alleati di D’Alessandro sono nelle opposizioni…». Nessuno è disposto a determinare la caduta proprio ora: esattamente per i motivi che avevamo anticipato tre settimane fa (leggi qui La mozione che farà un baffo a Carlo Brancaleone D’Alessandro) 

A nessuno conviene. Primo. Perché le dimissioni rassegnate ora farebbero decadere subito tutti i 25 Consiglieri: che perderebbero il diritto di votare alle elezioni Provinciali ormai dietro l’angolo. Cioè si priverebbero dell’unico momento in cui possono far valere il peso del loro voto, reclamando qualche riconoscimento politico.

Secondo. Perché firmando adesso si andrebbe a votare insieme alle elezioni Europee in primavera. E nessuno ha il candidato già pronto da metterlo in campo. Non lo ha soprattutto il Pd che ha promosso quell’inutile raccolta di firme: perché le lacerazioni interne al gruppo sono concrete e profonde. L’ala che fa riferimento a Francesco Mosillo ha in mente un profilo del candidato ideale. Che non coincide con il profilo che invece ha in mente l’ala che si riferisce all’ex sindaco Giuseppe Golini Petrarcone. Il quale ha in mente solo se stesso come possibile candidato. Inoltre, l’ala che fa riferimento a Salvatore Fontana e Alessandro D’Ambrosio ha una visione ancora differente: senza unità niente visioni.

Terzo. La cena ‘tra amici’ tenuta nelle settimane scorse dall’avvocato Gianrico Ranaldi ha fatto capire a tutto il centrosinistra che se il penalista e docente universitario scendesse in campo accadrebbe la stessa cosa vista alle politiche dello scorso marzo: i voti gli pioverebbero addosso da soli, senza bisogno di componenti.

Meglio rinunciare.

Resta un dubbio da chiarire: ma allora perché hanno avviato la raccolta di firme?