La finta mozione di sfiducia contro Nicola Zingaretti

Il centrodestra presenta la mozione di sfiducia contro Nicola Zingaretti. Non è lui l'obiettivo. Serve per stanare il M5S e spianare la strada a Giorgia Meloni verso il Campidoglio. Ma anche a far saltare la corsa di Cangemi verso il Coordinamento Forza Italia di Roma. Ecco perché

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Tredici firme. troppo poche per mettere in discussione Nicola Zingaretti. Ma non erano state raccolte con quello scopo. La mozione di sfiducia al governatore del Lazio è stata presentata questa mattina nella sala Stampa della Camera dei Deputati.

Ci sono le firme di 13 consiglieri regionali del centrodestra. La prima è quella del candidato sconfitto da Zingaretti, Stefano Parisi. Poi seguono quelle dei gruppi di Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega e Noi Con l’Italia.

La mozione sarà depositata oggi e discussa entro due settimane.

 

Le firme che mancano

Mancano due firme fondamentali. Quelli dei due consiglieri che nei mesi scorsi erano usciti dai rispettivi Gruppi. Giuseppe Cangemi aveva lasciato Forza Italia dopo lo scontro legato alla mancata assegnazione della presidenza della Commissione Sanità, andata invece al suo collega Pino Simeone di Formia. (leggi qui Terremoto in Forza Italia: Simeone e Cangemi lasciano dopo il caso Ciacciarelli). Enrico Cavallari, aveva lasciato il gruppo della Lega denunciandone le spartizioni con Zingaretti (leggi qui «Lega a caccia di poltrone». Espulso consigliere regionale: «Mente sapendo di mentire»).

 

E poi mancano le firme dell’intero gruppo del Movimento 5 Stelle. All’inizio della Legislatura regionale aveva consesso una moratoria di 6 mesi a Nicola Zingaretti. Rinnovabile di altri sei mesi se il governatore si fosse impegnato a realizzare quelle parti di programma che andavano bene ad entrambi.

 

I due bersagli

Ma allora, senza tutte quelle firme, a cosa serve quella Mozione di Sfiducia? Esattamente a fare tana a Cangemi e poi a Cavallari. Soprattutto al primo, che nel frattempo è passato ad appoggiare la maggioranza diventando anche vice presidente del Consiglio Regionale. Ora, se non firma la Mozione perde ogni possibilità di diventare coordinatore di Forza Italia a Roma (leggi qui La mossa perfetta per incastrare Cangemi).

 

L’altro bersaglio è il Movimento 5 Stelle. Se non firma la mozione di sfiducia, Giorgia Meloni potrà strillare da tutti i palchi di Roma che sono stati loro a tenere a galla il governatore Pd della Regione Lazio.

Se dovesse cadere Virginia Raggi, la leader di Fratelli d’Italia potrebbe essere la candidata del centrodestra unito per il Campidoglio. E attaccare ora gli avversari significa cominciare a costruirsi la strada, mettere in seria difficoltà il M5S già fiaccato da buche e rifiuti.

Non è un caso che la proposta di firmare la mozione sia partita proprio dal capogruppo di Fratelli d’Italia. (leggi qui Mozione di sfiducia contro Nicola Zingaretti, il centrodestra raccoglie le firme)

 

Due settimane

«Entro 15 giorni dovrà essere messa ai voti e quindi prima di Natale avremo la chiarezza sul comportamento dei consiglieri regionali del Lazio – ha spiegato Stefano Parisi Ma questa è una vicenda nazionale, che non riguarda solo il Lazio. C’è una campagna elettorale che Zingaretti sta facendo, parlando di modello Lazio ma gli Zingaretti in Italia sono tre: uno fa l’attore, uno fa il presidente della Regione Lazio e un altro si candida a fare il segretario del Pd».

 

L’attacco è concentrato sul Movimento 5 Stelle. «Hanno fatto campagna elettorale contro Zingaretti – ha aggiunto Stefano Parisi – spieghino in modo esplicito che fanno parte della maggioranza. Il problema è questa totale ambiguità per cui tutti stanno all’opposizione ma anche in maggioranza prendendo poltrone o misure utili al proprio elettorato. Questa ambiguità finisca. Chi non voterà questa mozione farà parte della maggioranza. Portiamo in Consiglio la questione della permanenza di Zingaretti, con un richiamo a tutti i consiglieri non eletti nel centrosinistra».

 

Se l’obiettivo finale è Virginia Raggi con la sua amministrazione di Roma, appare sempre più imminente la fine dell’alleanza tra il M5S e la Lega a livello nazionale. Il disegno di Matteo Salvini è buttare giù ‘la sindaca‘, collocare in Campidoglio Giorgia Meloni, riaggregare ciò che resta di Forza Italia in un contenitore semi civico sul modello che sta disegnando da mesi Nicola Ottaviani. Inserire nel patto un Berlusconi notevolmente depotenziato. Vincere le successive elezioni ma governando senza soci al 50%.

 

I transfughi

Come la mettiamo con i due fuoriusciti dal centrodestra che sorreggono lo Zingaretti II? «Chiediamo con questa mozione il loro senso di responsabilità e ai consiglieri di opposizione ‘Siete d’accordo con quello che sta avvenendo? Siete d’accordo con le politiche che sta facendo la Regione in tutti gli ambiti, in totale continuità con un programma di governo al quale voi stessi vi siete opposti durante la campagna elettorale?’– ha concluso Stefano Parisi Sperando che questi consiglieri torniamo alle origini di ciò che e’ stata la nostra campagna elettorale, cercando di capire se resteranno fedeli al mandato elettorale ricevuto o se tradiranno gli elettori».

 

Governo Pd – M5S senza Lega

Per il coordinatore del centrodestra alla Pisana ci sarebbe un disegno dell’attuale governatore del Lazio. Punta a fare prendere al Pd il posto della Lega al Governo.

«Su tutte le cose più importanti, dai bikers, alle infrastrutture ai rifiuti, sta organizzando quella componente che vuole sostituire al governo la Lega col Pd. Nel Lazio assistiamo alla sperimentazione di politiche condivise con i 5 Stelle e la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la presentazione del piano rifiuti, che è ciò che piace ai grillini. Hanno parlato di end of waste, una cosa che non c’è. Questo e’ molto preoccupante perché a Roma sperimentiamo cosa voglia dire la morsa tra Pd e Cinque Stelle su decoro, sviluppo, trasporti e rifiuti».

 

Lo scarpone nella Scarpiera

La realtà dei fatti è che nessuno vuole buttare giù Zingaretti. I veri obiettivi sono far fuori Cangemi sulla via per il Coordinamento Cittadino e spianare la strada a FdI per le Comunali di Roma.

La prova sta nel fatto che per buttare giù il governatore occorre anche la firma di Sergio Pirozzi. Ma il nome dell’ex sindaco di Amatrice, accusato dal centrodestra di aver contribuito con la sua candidatura alla vittoria di Zingaretti, non è ancora mai stato pronunciato dai promotori della mozione di sfiducia.

E soprattutto, tre dei firmatari della mozione sono presidenti di Commissione in Regione Lazio: governano con Zingaretti. E nessuno di loro si è dimesso da quella presidenza prima di firmare la Mozione.