Nessuno salva la sindaca da Frosinone

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Nessuno salva la sindaca. Il Movimento 5 Stelle della provincia di Frosinone non muove un dito per fare scudo a Virginia Raggi, sempre più incapace di dominare la bufera sotto la quale potrebbe affondare l’intero progetto politico.

Non una parola dal deputato Luca Frusone, nessuna solidarietà dal senatore Marino Mastrangeli (espulso dal gruppo ma pure sempre Cinque Stelle dentro, come garantisce lui), non una parola di incoraggiamento dai Meet up ciociari, nemmeno una mail, un telegramma o un pizzino scritto su carta libera. Non da Alatri e men che meno da Cassino o da San Vittore.

 

La sindaca è sola

La sindaca è sola nella tempesta che lei stessa ha creato e le truppe della provincia non muovono un dito, nemmeno per esprimerle solidarietà. Perché difendere Virginia Raggi significherebbe tentare di fare scudo al titolare del 51% di Acea che non ha mosso un dito per l’acquedotto di Cassino, al proprietario (pro tempore) del termovalorizzatore di San Vittore del Lazio dove ha preteso di farne ciò che vuole senza consultare la base, al titolare del Campidoglio che ha risolto i suoi problemi di rifiuti spostandoli a San Giovanni Incarico. Il tutto, mettendo in imbarazzo gli esponenti locali del MoVimento.

Con la supponenza tipica dei romani nei confronti dei Ciociari, la sindaca aveva fatto fare subito una figuraccia all’onorevole Frusone. Lui, nei giorni della battaglia finale per il possesso dell’acquedotto di Cassino, si era adoperato per impedire che qualche schizzo finisse sulla collega appena eletta: «è irreale pensare che Virginia, in quanto sindaco della Capitale ed azionista di maggioranza di Acea, possa intervenire per impedire la cessione dell’acquedotto di Cassino. E’ semplicemente impossibile. (…) Senza contare che Acea, società quotata, in quanto tale deve sottostare ad una complicata serie di normative molto stringenti». Però poche settimane più tardi, la sindaca non si è fatta troppi problemi quando è stato il momento di bloccare l’aumento delle bollette dell’acqua per i cittadini romani: intervenendo in assemblea dei sindaci dell’Ato2 ha detto che gli aumenti erano sospesi; e Acea non ha fatto tutte le storie che invece sono state fatte a Frosinone. Altro che ‘norme stringenti’ e ‘società quotata in borsa’.

 

Roma è una cosa, Frosinone un’altra

Roma è una cosa e Frosinone è un’altra, ha ricordato la fresca sindaca al deputato di Alatri che in campagna elettorale aveva promesso di vivere nella Capitale con duemila euro al mese e restituire tutto il resto (senza riuscirci). Virginia Raggi poteva fare una mossa politica semplice e di alto valore politico: dire ‘Cari cittadini di Cassino, capisco la vostra battaglia ed anche se è tardi ora che ad Acea ci siamo noi, almeno proveremo a vedere cosa si può fare’. Invece non lo ha fatto. Nulla, nemmeno una telefonata. Ai tempi di Ferraro, Picano, Andreotti, la telefonata l’avrebbero ricevuta.

E ora Virginia viene ripagata con la stessa moneta.

Con lo stesso silenzio che si è alzatro da San Vittore del Lazio dove Virginia ha detto ‘Il termovalorizzatore è il mio e ci mando i rifiuti miei. O da San Giovanni Incarico, dove le truppe pentastellate avevano manifestato per mesi denunciando le inefficienze dell’impianto Saf. In quel caso Virginia Raggi ha confezionato una situazione poco simpatica per Ilaria Fontana, quandro non da poco del 5 Stelle provinciale, candidata al Consiglio Regionale del Lazio sfiorando l’elezione, premiata (altri avrebbero detto riciclata) per la sua capacità con un incarico in segreteria del gruppo.

Quando Virginia ha inziato a risolvere i problemi dei rifitui di Roma mandandoli alla Saf di Colfelice, sulle bachche di decine di militanti è inziato a circolare il link all’intervento con cui Ilaria scriveva «Dopo aver presenziato alla manifestazione dinnanzi all’impianto di trattamento della SAF a Colfelice possiamo affermare che c’è qualcosa che puzza e non è solo l’immondizia. Oltre alla grande rabbia dei cittadini abbiamo potuto constatare che non c’è una grande trasparenza intorno all’impianto. Le domande che abbiamo posto precedentemente forse avranno, almeno in parte, una risposta dal sopralluogo dei NOE dei Carabinieri (…). Oltre a queste perplessità, anche se sappiamo che il nostro Paese non brilla certo per trasparenza, ci siamo scontrati di nuovo con l’incapacità di programmazione della nostra classe politica». Virginia il problema non se l’è posto ed ha fatto come Marino e Alemanno prima di lei. Lasciando gli attivisti locali con la busta della spazzatura in mano.

Forse li ha mandati alla Saf, ascoltando i suggerimenti della bravissima assessora Muraro alla quale – proprio nelle ore scorse – la commissione bicamerale di cui fa parte anche il senatore Francesco Scalia ha costretto a dire che sapeva benissimo da luglio che era indagata dalla Procura di Roma.

 

Senza ipocrisie

Senza ipocrisie: l’iscrizione nel Registro degli Indagati è un atto dovuto, una garanzia, una tutela del cittadino. Ma nell’ignoranza che i cittadini italiani hanno (e tra loro anche molti pentastellati dalla memoria corta), si è rimasti ai tempi del Codice Rocco (soppresso nel 1989) quando la Comunicazione Giudiziaria significa essere bollati come criminali. In questo caso non è così. L’assessora non ha commesso reati, fino a prova contraria. Assurdo chiederne le dimissioni per un atto che invece è a garanzia e tutela del cittadino.

Il problema semmai è politico: Pizzarotti a Parma ha subito un trattamento diverso. In campagna elettorale Virginia, colma di spirito grillino, ebbe a tuonare «Pizzarotti non è sospeso per un avviso di garanzia: è sospeso perché non c’è stata quella trasparenza che chiediamo e pretendiamo»

Quella stessa trasparenza che gli attivisti del Movimento 5 Stelle avrebbero meritato sulla questione dell’acquedotto e dell’immondizia, anzichè essere mandati a sbraitare sotto i palchi ed essere lasciati con un palmo di naso subito dopo.

Anche per questo la sindaca, nel momento della difficoltà, è sola.