Nessuno tocchi l’abbacchio di Pasquetta

Senza ricevuta di ritorno. La raccomandata del direttore su un fatto del giorno. Ognuno ha diritto alla sua fetta di tolleranza: sessuale, politica, religiosa. Anche chi adora l'abbacchio.

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

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L’Italia è un Paese tollerante. Per capirlo basta voltarsi un secondo e ricordare cosa c’è alle nostre spalle. Veniamo da un mondo nel quale la donna era in una posizione subalterna, sposandosi perdeva il suo cognome ed assumeva quello del marito: come se cancellasse la sua identità e diventasse una proprietà altrui. Non cinque secoli fa: la legge che ha cambiato le cose è degli Anni 70. 

Poco alla volta abbiamo iniziato a capire che l’amore è tra due persone. A prescindere. E l’abbiamo capito talmente bene che ora le lettere con cui indicare questa comunità stanno diventando un po’ tante da declinare: Lgbtqia+. Forse sarebbe sufficiente che l’amore è tra due persone e basta. Punto.

Ci stiamo contaminando delle culture altrui e sempre meno ci colpiscono i colori della pelle, le confessioni religiose.

Il gay Pride di Roma 2015 (Foto: Andrew Medichini / Courtesy AP)

Ci interroghiamo, giustamente, su quale sia il confine etico della maternità surrogata. Unica soluzione in alcuni casi. Ma altrettanto è vero che potrebbe dare origine a mostruosità, con esseri umani trasformati in fattrici. E bambini che diventano come cuccioli da comprare al canile. Per questo è giusto riflettere ed individuare dei limiti.

Ecco: oggi ognuno ha diritto alla sua quota di rispetto e può pretendere la sua fetta di tolleranza. Voltatevi indietro, ricordatevi, poi pensate alla condizione di oggi della donna, di Lgbtqia+, di minoranze etniche e culturali.

Proprio per questo, a Pasqua e Pasquetta, nessuno osi dire una sola parola quando ci serviranno un intero vassoio con ciò che fu un tenerissimo agnello. A ognuno la sua fetta. Di tolleranza.

Senza Ricevuta di Ritorno

(Foto di copertina © DepositPhotos.com)