Piacere, Procaccini: e voglio dire in Europa che il sud del Lazio deve crescere

Figlio d'arte per parte di madre e pure di padre. Ha deciso di fare il mestiere di entrambi: laureandosi in legge come il padre (ex magistrato) e vincendo le elezioni come la madre (4 volte parlamentare). Nicola Procaccini, sindaco di Terracina, ora punta al grande salto.

Sua madre Maria Burani è recensita in Cinquantamila, l’enciclopedia dei viventi aggiornata da Giorgio Dell’Arti: eletta tre volte di fila a Montecitorio e poi una al Senato. Suo padre Massimo Procaccini è stato giudice penale a Latina e poi è passato all’altro fronte: avvocato con un fiore di clientela. Nicola Procaccini aveva solo l’imbarazzo della scelta tra quelle delle due figure ‘scalare‘: per non arrecare offesa ad alcuno si è laureato in Legge ed ha conquistato due volte il Comune di Terracina da sindaco. Ma per costruirsi una sua indentità ha deciso di fare il Giornalista: professionista e poi giovanissimo portavoce di una giovanissima Giorgia Meloni.

Ora tenta il grande salto: Bruxelles e Strasburgo. Per diventare presto uno dei generali di Fratelli d’Italia. Non sarà una passeggiata: la concorrenza è alta. Perché Giorgia Meloni ha deciso di farsi isola per i naufraghi di una forza Forza Italia che il 26 maggio rischia la linea di galleggiamento. Il fatto che Alfredo Antoniozzi faccia parte della rosa dei candidati al Parlamento Ue è un segnale più che sufficiente.

Il progetto di allargamento c’è. Ma prima c’è necessità di passare dalle “forche caudine” dalle urne. A sostenere la candidatura del sindaco pontino, almeno in provincia di Frosinone, sarà il gruppo che ha come riferimento il senatore Massimo Ruspandini. Che deve a sua volta buttare un occhio su quello che sta accadendo alla sua sinistra, con l’ingresso di Antonello Iannarilli e Alessia Savo. Lui risponde affidandosi all’esperienza antica di Alfredo Pallone.

La bagarre è tangibile. Ma la sistematicità della lotta tra correnti è stato uno dei fattori che ha consentito all’allora Alleanza nazionale di raggiungere la doppia cifra elettorale. Vedremo se il fenomeno si ripeterà nel tempo. 

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Sindaco Procaccini: da Terracina a Bruxelles il salto è lunghissimo, non ha paura di cadere?

Detta così sì, è un gran bel salto. Nella pratica spaventa di meno perché ho maturato un bel po’ di esperienze, anche a livello di governo nazionale. Mi sono occupato di politica estera sia come giornalista, sia come stretto collaboratore di Giorgia Meloni, sia come militante e appassionato di politica. La stessa esperienza di sindaco è stata molto formativa. Una scuola  di vita che ti insegna ad affrontare i problemi in modo serio e pragmatico. Che poi Terracina, me lo consenta, così come tutta la costa del Sud Pontino e le città della Ciociaria, sono molto più europee di Bruxelles. Quando sei stato uno dei porti più importanti dell’Antichità, quando il tuo orizzonte e la tua cultura sono il Mar Mediterraneo, senti di essere l’erede di chi la storia della civiltà europea l’ha scritta da protagonista.   

 Alcune istanze della destra sembrano ormai essere entrate nell’universo salviniano. La Lega si è sovrapposta alla vostra narrativa? Il Carroccio, diventando un Partito nazionale, vi ha rubato i temi?

Tutt’altro! Penso che se qualcuno riconosce la bontà delle tue battaglie storiche, che magari prima derideva come leader della corrente leghista dei “comunisti padani”, vuol dire che hai vinto. Vuol dire che le tue idee si sono affermate ben oltre i tuoi confini.

Oggi si vuole dare priorità agli italiani, quando fino a poco tempo fa si irrideva il Tricolore, rivendicando con orgoglio e forza la secessione del Nord dall’Italia (passaggio ancora presente nello Statuto della Lega).

Questa vittoria è la più importante e pesante. C’è però una differenza sostanziale: tutti i nostri valori hanno sempre fatto parte del nostro modo di essere e di pensare. Non sono negoziabili. Soprattutto, non recano tracce di opportunismo elettorale. 

Lei sembra essere il candidato scelto da Giorgia Meloni per una sorta di conta interna. Poi ci sono Ghera (in quota Rampelli), Antoniozzi (portato dagli ex forzisti), Angelilli (sostenuta dal mondo della destra sociale). Un motivo in più per tentare di impallinarla. E mettere così in difficoltà la guida del Partito.

Che ci siano delle aspettative intorno al mio nome mi fa piacere e, al contempo, mi carica di una responsabilità che però non mi opprime, ma mi dà maggiore energia. Con Giorgia Meloni ho un rapporto di grande amicizia personale e profonda stima da oltre venticinque anni, sentimenti che vanno oltre la politica. Lei è una persona e una leader incredibile e chi accetta di entrare oggi in Fratelli d’Italia, Partito di cui mi onoro di essere uno dei fondatori, sa che deve dare il 110% perché Giorgia alza l’asticella sempre di più. I nomi che lei ha citato sono tutti di spessore e sono certo che ognuno di noi saprà dare un grande contributo alla crescita dei consensi intorno al partito.

Sul vostro simbolo si trova scritto “Conservatori e sovranisti”, ma in questa fase vi state allargando, aggregando anche anime liberali e popolari. Cosa accadrà a Fratelli d’Italia dopo le Europee?

Tra le due scritte quella che preferisco è “conservatori”. Non è un caso che Fratelli d’Italia abbia scelto di entrare nel gruppo europeo dell’ECR, quello appunto dei Conservatori e Riformisti. Un gruppo storico formato dai Partiti di Centrodestra.

Abbiamo tenuto alta la bandiera della Destra italiana quando le oscure vicende governative e finanziarie, non certo la gente, stavano cercando di distruggere la Destra e la sua storia. Siamo stati in trincea a difendere idee e posizioni anche scomode con l’intento non di fare testimonianza, ma di essere pronti a rilanciare la sfida dei nostri valori.

Ora ci siamo, robusti e in crescita. Approvo l’allargamento a storie politiche diverse, ma con cui condividiamo sensibilità molto importanti: penso alle radici cristiane dell’Europa, alla richiesta di più efficaci politiche per la famiglia, al valore delle imprese che creano ricchezza.

Mi auguro si possa diventare una grande forza conservatrice con la capacità di incidere profondamente nelle scelte che determinano il destino dell’Italia e dell’Europa.   

Quali sono le istanze centrali del suo programma elettorale?

L’Italia e i popoli d’Europa hanno bisogno di investimenti che producono ricchezza, in luogo dell’austerità che strangola. Mi batto per un’Europa delle nazioni, non di due Stati, come è oggi. Pari dignità per tutti. L’Europa è l’istituzione che, anche se ci sembra lontana, più condiziona la nostra quotidianità determinando perfino cosa e come possiamo mangiare o meno, che fine fanno i nostri risparmi e l’ammontare delle rate dei mutui per acquistare casa.

Però, l’Europa è anche l’istituzione che mette a disposizione i fondi per opere pubbliche e imprese, per la cultura e l’ambiente, nutrimento dell’essere umano e fonte di turismo, quindi di economia. E poi l’agricoltura e la pesca, temi così cari e vicini a noi. Trovo assurdi i limiti posti ai nostri agricoltori, capaci di far crescere prodotti di qualità, così come insensate sono le direttive che considerano le coste e i pescherecci norvegesi uguali alle coste e ai pescherecci mediterranei. In un pensiero distorto come questo, è nata, ad esempio, la famigerata Direttiva Bolkestein. 

Come un paguro. Che non ha paura del viaggio, ma per sentirsi al sicuro si porta dietro casa sua“ ha scritto annunciando la sua candidatura. Cosa si porta dietro di Terracina?

Di Terracina mi porto dietro ogni momento vissuto, ogni raggio di sole, ogni odore, ogni espressione dei miei variegati concittadini, ogni amarezza e ogni grande gioia.

Soprattuto mi porto dietro la qualità della vita, impareggiabile. Vero, non sono ricandidabile dopo il secondo mandato consecutivo e quindi la mia esperienza di sindaco volge al termine. Faticosa oltre ogni immaginazione, meravigliosa ogni oltre desiderio. Questa candidatura al Parlamento Europeo rappresenta, in un certo senso, la possibilità di continuare a occuparmi direttamente della mia comunità, del territorio della Circoscrizione e dell’Italia in generale.

Come detto, in Europa ci sono i finanziamenti che noi italiani, quasi sempre per colpa nostra, non abbiamo mai sfruttato come avremmo dovuto. Sono risorse fondamentali che ricadono direttamente sulle nostre città, sulla nostra gente. Voglio essere lì per potere continuare ad aiutarla.

Stavolta, però, posso impegnarmi anche per i 12 milioni di cittadini del collegio, oltre che dei 50 mila paguri miei fratelli. 

Il Basso Lazio è in difficoltà perché è senza una strategia. L’industria è arrivata alla fine di un ciclo, l’agricoltura è stata abbandonata dagli anni Settanta, al turismo non abbiamo mai c reddito fino in fondo. Quale aiuto può arrivare da Strasburgo e Bruxelles?

Il Basso Lazio deve puntare in alto. Il gioco di parole serve per scuotere un territorio popoloso che ha delle possibilità straordinarie. Penso al patrimonio culturale inestimabile,  all’agricoltura e alla pesca di qualità, al patrimonio ambientale e paesaggistico.

Ci sono anche imprese molto importanti, soprattutto in Ciociaria, che costituiscono un valore aggiunto per l’intera area. Mi piace osservare che c’è un nutrito numero di bravi amministratori locali che hanno impresso una sterzata notevole. Purtroppo vanno quasi tutti a scadenza, ma credo che siano cresciute con loro classi dirigenti importanti che sapranno proseguire il lavoro.

Quando sento Reddito di Cittadinanza mi viene l’orticaria. Denaro regalato per una gigantesca marchetta elettorale, invece di un vero piano di investimenti per far crescere l’economia. Miliardi che potevano essere utilizzati, ad esempio, per applicare sgravi fiscali alle imprese e indurle ad assumere, a creare lavoro, non inoccupati mantenuti. Miliardi utili per incentivare le madri lavoratrici a tronare al loro posto usufruendo del bonus asili nido o baby sitter appena revocato per finanziare “agli addivanati” del Reddito di Cittadinanza. Un’assurdità. 

Le lasciamo, come nella più classica delle tribune, l’appello al voto. 

Partiamo da qui. Partiamo dalle nostre case, le nostre tradizioni, le nostre speranze per cambiare l’Europa. E magari può essere anche l’occasione per cambiare il “governo del cambiamento”. Un esperimento politico che sta devastando il nostro presente e contemporaneamente il nostro futuro.

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