L'avvocato Giuseppe Martini, candidato sindaco a Cassino per il M5S, segue sull'Aventino Alessandro Di Battista. “Ciò che il Movimento decide non potrà più rappresentare a pieno le mie idee e miei valori”. Silenzio assenso da tutti i parlamentari eletti sul territorio
Passano pochi minuti dalle ore 21, l’ora in cui, ieri sera, Alessandro Di Battista ha annunciato il suo divorzio dal Movimento Cinque Stelle. Movimento che, a larga maggioranza – il 59,3% degli iscritti – ha dato l’ok a sostenere il nascente governo Draghi. I retroscenisti raccontano di un duro scontro tra l’area governista di Beppe Grillo e Luigi Di Maio e quella ortodossa di Davide Casaleggio e del “Che Guevara di Roma Nord” – come è stato ribattezzato da Jacopo Iacoboni su La Stampa – che chiedevano di modificare il quesito sulla piattaforma Rousseau. Chiedevando di inserire anche l’opzione dell’astensione. Alla fine il fondatore e garante del Movimento ha avuto la meglio, si è speso per il Sì, arrivando a definire l’ex presidente della Bce Mario Draghi “un grillino”, e la base ha risposto positivamente: alle 19 di ieri il notaio ha validato la consultazione e comunicato i risultati.
Alessandro Di Battista ha atteso due ore: il tempo di guadagnarsi la prima serata e la scena sui quotidiani di oggi: a quell’ora è ancora in tempo per garantirsi un degno spazio in pagina.
Il “Che” (di Roma Nord), con un video spartano registrato amatorialmente con lo smartphone dall’interno della sua cucina – a voler sottolineare la sua diversità dai colleghi che i video se li fanno registrare dagli appositi staff di comunicazione, preferibilmente dietro una scrivania e rigorosamente in giacca e cravatta – ha dato l’annuncio urbi et orbi: “Rispetto gli iscritti ma stavolta non posso digerire il sì a Draghi. Mi faccio da parte e non parlerò più a nome del M5s”. L’addio – paventato, invocato, temuto; da qualcuno probabilmente sperato – alla fine si è consumato. (Leggi qui Top e Flop, i protagonisti del giorno: 12 febbraio 2021).
Un addio che è destinato a lasciare un segno anche sui territori.
Martini se ne va
Ore 21 di ieri sera. I parlamentari del territorio eletti nel M5S, tacciono. Nessuno pubblicamente commenta la sortita di Dibba. Tace Ilaria Fontana, che tre anni fa per un pugno di voti ha soffiato il seggio all’ex presidente del Consiglio regionale del Lazio Mario Abbruzzese. Appartiene convintamente all’area governista, quella che Di Battista accusa di essersi innamorata del potere, anche a costo di condividerlo con Berlusconi.
Da Frosinone tace la deputata Enrica Segneri. Tace da Alatri anche il bi deputato Luca Frusone. Da Cassino, invece, alle 21.28, si leva la voce del più importante rappresentante del M5S cittadino: l’avvocato Giuseppe Martini, già candidato sindaco dei pentastellati alle scorse elezioni comunali.
Galvanizzato dalle parole appena pronunciate da Alessandro Di Battista, consuma anche lui lo strappo in un Movimento che a Cassino non è mai decollato, neanche ai tempi in cui i grillini inanellavano successi uno dietro l’altro a livello nazionale.
M5S trasformato
Spiega Martini: “Come noto stasera gli iscritti al M5S hanno votato per il sostegno al governo Draghi. Fermo restando il rispetto per la volontà degli iscritti espressa sulla piattaforma Rousseau e per la piattaforma stessa, ritengo che tale decisione sia il definitivo segno di trasformazione della natura del M5S. È da qualche tempo che le decisioni prese dal Movimento non rispecchiano quello che mi aveva spinto ad aderirvi. Sulla scia di quanto detto da Di Battista d’ora in poi ciò che il Movimento decide non potrà più rappresentare a pieno le mie idee e miei valori. Pertanto mi sospendo dal considerarmi parte del Movimento senza rinnegare quanto da me fatto come attivista e rappresentante dello stesso”.
A sinistra i dubbi sono… Pop
Ma se Atene piange, Sparta non ride. Perché dalle parti del Pd, e più specificatamente dalle parti dell’amministrazione comunale di Cassino, la nascita del governo Draghi non trova riscontri positivi da parte di tutti. L’assessore Danilo Grossi, nonché coordinatore nel Lazio del movimento Pop, lo dice in maniera esplicita: “L’alleanza Pd-M5S è l’unico profilo di contrapposizione alla destra in Italia, il M5S durante il ‘Conte due’ ha dimostrato di essere tornato alle origini, a rappresentare cioè quell’anima che spesso il Pd e il centrosinistra aveva perso”.
Un ragionamento valido anche all’ombra dell’abbazia? “A Cassino – dice – il movimento Pop proverà a fare ancor più da collante tra il Pd e le tante realtà della società civile – dalle associazioni agli enti di volontariato – che sono vicine al centrosinistra ma che non si riconoscono nel Pd. Del resto – spiega Grossi – è stato questo lo spirito che ha permesso al sindaco Salera di vincere le elezioni: oltre al Pd e Demos è stata infatti determinante la grande spinta della società civile, di tutte quelle realtà che hanno voglia di impegnarsi oltre i partiti”.
Tradotto: il Pd, a Cassino, ha vinto anche grazie agli elettori del M5S. Quegli stessi elettori che nel 2016, al ballottaggio, non erano pienamente in sintonia con il centrosinistra e non hanno dato il supporto necessario a Giuseppe Golini Petrarcone, bensì i flussi registrarono uno spostamento verso il centrodestra di Carlo Maria D’Alessandro e Mario Abbruzzese.
Sono passati pochi anni, ma sembra un’era fa. Perché ora è invece il momento dell’unità nazionale. Le ripercussioni del governo nazionale saranno sempre più evidenti sui territori. E, probabilmente, non riguarderanno solo il M5S. Anche il centrodestra e il centrosinistra di Cassino saranno presto investite dall’era Draghi. E dovranno cambiare strategia.