Nifo Sarrapochiello, naturalmente Sannio

Nuova avventura eno-pericolosa nel Sannio, ospite di due cugini che hanno stesso nome e cognome e che guidano un’azienda sempre in prima linea nella promozione del Sannio vitivinicolo…a dispetto dei numeri.

Marco Stanzione

Non invitatemi mai a bere...

Benvenuti nella terra dell’aglianico, nella terra di nessuno!“: i due cugini Lorenzo Nifo Sarrapochiello (stesso nome e cognome, oggi ci incasineremo di brutto!) sono innamoratissimi del Sannio e della loro terra. Sentirmi dare quel benvenuto fa un po’ strano ma la realtà racconta questo. 

Il discorso è ampio, ovviamente trattasi di una provocazione ma le parole che ci siamo scambiati durante questa visita fanno sicuramente riflettere. 

In cantina mi accoglie uno dei due Lorenzo, siamo a Ponte in provincia di Benevento anche se le vigne dell’azienda Nifo Sarrapochiello sono ubicate in diversi comuni, tutti molto vicini tra loro, primo grande pregio della “terra di nessuno“.

I vigneti Nifo Sarrapochiello

Il Sannio è un posto meraviglioso per fare vino, c’è la possibilità di coltivare la stessa tipologia di uva su suoli differenti a pochissimi chilometri di distanza, noi possiamo fare due tipi di falanghina diverse, una più in collina ed una più a valle, stesso vitigno per due tipologie di vino completamente differenti, un terroir davvero con pochi eguali eppure siamo ancora illustri sconosciuti”.

Ovvio che quando dico che non siamo nessuno non parlo di qualità. Siamo tutti consapevoli del nostro valore. Parlo piuttosto di fatti, di dati, di statistiche. Il Sannio ancora conta molto poco a livello nazionale e sta proprio a noi invertire la tendenza, o quantomeno provarci“. 

Sapersi raccontare, la chiave per il futuro

Come fare dunque per dare al Sannio quella marcia in più? Innanzitutto puntare sulla qualità dei prodotti , poi saperli raccontare, unendo passione e professionalità.

Noi crediamo che bisogna dedicare anima e corpo ad un’azienda vitivinicola, non è sufficiente lavorare in campagna ed imbottigliare, bisogna raccontare storie anche quando ti appresti a fare le mosse più rudimentali. Devi conoscere perfettamente il territorio, sapere come sfruttarlo al meglio, conoscere tutto della tua azienda, esaltare le caratteristiche dei tuoi vini, saperli spiegare. E infine rendere partecipi i tuoi clienti, conquistarli, dire loro cosa stanno bevendo. E’ una forma di rispetto reciproco“.

Uno dei due Lorenzo Nifo Sarrapochiello

In effetti quando poi conosci l’azienda guidata dai due Lorenzo ti rendi conto di avere a che fare con una macchina quasi perfetta. Ho potuto constatare già diverse volte al  Vinitaly o a degustazioni varie l’abilità oratoria dei due  e la capacità di confrontarsi sia con altre cantine sia con altri avventori. 

Ma è il lavoro in cantina che stupisce perchè…:”Perchè ognuno di noi ha le sue peculiarità, io mi occupo molto di più di accoglienza, di rapporti con l’esterno, di consegne e del commerciale. Mio cugino Lorenzo è il vero mastermind della cantina, enologo, viticoltore vero, preciso e scrupoloso. Detta i tempi in vigna e in cantina. Però ognuno di noi deve saper fare di tutto, per esempio oggi io sono stato sul trattore e mio cugino è andato in giro a fare consegne hehe“.

Qualità, consapevolezza e aspettative

Dunque ogni vino è un racconto e questo serve proprio a far capire il Sannio in quei posti dove ancora nessuno conosce la storia di questo lembo di terra: “I nostri vini – dice Lorenzo Nifo Sarrapochiello – sono arrivati in  Norvegia, Svezia, quasi tutta l’Europa Centrale, Stati Uniti, Messico e Canada, ma è un percorso iniziato tanti anni fa, raccontando appunto quello che siamo, creando aspettative. Se io mi presento con una bottiglia di Aglianico in Canada trovo di fronte a me un foglio bianco che va tutto scritto, se vado con una bottiglia di Chianti loro già sanno cosa aspettarsi, ma con i vini nostri è tutta una sorpresa”.

Quell’aspettativa la devi plasmare, altrimenti assaggiano un calice, sentono il tannino forte e fanno la faccia storta. Invece tu devi saperlo presentare, far capire da dove viene quel prodotto, da che tipo di suolo, il tipo di buccia, a che punto sta, quanto tempo prima aprire una bottiglia, come può evolvere negli anni…è in quell’istante che tu racconti e rispetti il tuo prodotto. L’Aglianico e la Falanghina possono conquistare chiunque ma devi essere capace di incanalare il prodotto“.

I Vini dell’Azienda Nifo Sarrapochiello

Cosa ci raccontano dunque i vini dell’azienda Nifo Sarrapochiello? Ci raccontano la storia di Lorenzo (l’altro, che ci ha raggiunto nel frattempo) e del suo modo di concepire la natura.

Agronomo e viticoltore nel suo percorso ha deciso di coniugare il rispetto per la tradizione vitivinicola locale, tramandata dalla sua famiglia, e innovazione tecnologica, per garantire livelli qualitativi assoluti. Tra i primi in zona a credere nell’agricoltura biologica (certificazione ottenuta nel 1998!) l’azienda vanta oggi ben 15 ettari di vigneti ed oliveti.

I vini di Lorenzo rappresentano tutto ciò che di genuino c’è nella viticoltura sannita, Aglianico e Falanghina su tutti; e sono proprio i due grandi classici del Sannio i protagonisti della mia degustazione di oggi ma in una versione non squisitamente classica. Non posso esimermi dal consigliarvi comunque Il Greco, il Fiano, e soprattutto l’Aglianico Riserva DOCG D’Erasmo, una riserva con pochi eguali nella zona, ma l’estate è alle porte e voglio concentrarmi sui prodotti che meglio si adattano alla bevuta open air.

AlentaFalanghina del Sannio DOC Vendemmia Tardiva 

Alenta è una conferma, Alenta centra sempre il risultato ed è ormai così da vent’anni. Si perchè tra i primi a credere nella cosiddetta vendemmia tardiva nel Sannio ci sono proprio i due Lorenzo che mi mostrano fieramente una bottiglia di Alenta del 2002.

Alenta ci dimostra che la Falanghina può andare oltre, che la freschezza può anche viaggiare di pari passo con la morbidezza, che l’eleganza è una caratteristica che gli si addice. Raccolta manuale delle uve nella terza decade di Ottobre, fermentazione malolattica in barrique, Alenta è un piacere innanzitutto visivo: un dorato brillante e anche piuttosto consistente, un piacere vederlo ondeggiare nel calice.

Le uve surmature e il legno donano a questa Falanghina aromi floreali e fruttati decisamente diversi da una classica Falanghina: margherita, zafferano, frutta matura, mango, leggeri sentori di miele, un piacere annusarlo ancora e ancora. La bevuta è un prosieguo di ciò che hai annusato, nonostante la vendemmia tardiva Alenta mantiene freschezza ed agilità ma è pieno e corposo, elegante e con una persistenza discreta. L’ho abbinata ad un filetto di branzino gratinato con patate.

Marosa  – Aglianico del Taburno Rosato DOCG

Toh un rosato nella mia rubrica! Ebbene si lo avete capito, mi piacciono i rosati, l’ho detto in tempi non sospetti (che vuol dire?! Non so ma ci stava bene), quando i rosati ancora non erano catchy come ora.

L’estate però è fatta per i vini ruffiani, però…c’è un però: Marosa non è affatto un vino da prendere alla leggera così solo per il gusto di farci un aperitivo, trattasi invece di un vino che ha  carattere e  personalità. Innanzitutto è Aglianico in purezza, anche se vinificato in bianco ha corpo e complessità.

Rosa cerasuolo al calice, intenso e luminoso,  Marosa si lascia apprezzare se bevuto alla giusta temperatura, non troppo freddo altrimenti perde il suo notevole bouquet: piccoli frutti rossi, lamponi, prugne, erbe aromatiche, rose, viole. Fresco e gradevolmente sapido al palato, immediato e di facile beva ma, come dicevo prima, di buon corpo, quindi attenzione quando siete soli voi e Marosa, potreste trovarvi sotto al tavolo da un momento all’altro!

Ma voi che leggete siete come me, amate la condivisione quindi meglio berlo in compagnia, da aperitivo sicuramente ma fa la sua ottima figura anche con carni bianche o con i carpacci di pesce.

Serrone –  Taburno Rosso DOC

Questa recensione vale come appello: vi prego “Lorenzi”, continuate a fare il Serrone! Aleggia lo spettro di uno stop alla produzione di questo rosso e una lacrimuccia solca il mio viso.

Ovvio che, conoscendo la spinta creativa dell’azienda magari ci sarà spazio per altre innovazioni o esperimenti, o magari Serrone si evolverà in qualcos’altro forse anche di livello superiore, ma questo vino per me è davvero importante. A lui mi legano tantissimi ricordi di quando lo sbicchieravo nell’enoteca, un prodotto trasversale che aveva il pregio di piacere a tutti, quasi ogni weekend c’era una persona che chiedeva “C’è il Serrone?“. 

Che vino è dunque? Partiamo da una considerazione finale, Serrone è un prodotto riuscito. Un sapiente blend di Aglianico, Piedirosso e Sangiovese (più o meno 60-20-20 ma dipende dalle annate), dove la forza e l’esuberanza dell’Aglianico viene moderata dal Piedirosso e Sangiovese. Un prodotto sicuramente ben strutturato ma anche più snello ed immediato, dove naso e bocca vanno di pari passo: frutti rossi, ciliegie, note speziate. Tannini non invadenti e sorso veramente piacevole.

Mi mancherà, intanto mi tengo stretto due bottiglie del 2017 che ancora giacciono in cantina…chissà!

Esempio da seguire e Neil Young…

La chiacchierata con i due Lorenzo è andata avanti ancora a lungo, abbiamo aperto lo spumante di Falanghina, altra chicca, e ci siamo dilungati sul futuro della viticoltura nel nostro territorio.  Il percorso tracciato dall’Azienda Nifo Sarrapochiello è senza dubbio interessante, innovazione e futuro senza mai dimenticare le radici. La strada è quella, tutti lo sanno, in pochi sanno raccontarlo.

A questo proposito consiglio di bere i vini dell’azienda con Down By The River di Neil Young in sottofondo, un musicista che ha composto canzoni bellissime e ha saputo raccontarle con testi da brividi, provate! 

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