Nomine, Anticorruzione dice no a stop 3 mesi per Zingaretti

Nessuno stop per Nicola Zingaretti. Potrà continuare a fare nomine e firmare incarichi. Il Responsabile dell’Anticorruzione per il Lazio ha detto no ai tre mesi di sospensione dei poteri di nomina per il Governatore.

Tutto era partito con una banale nomina in un istituto di beneficenza a Gaeta. Ed era finito per diventare un caso nazionale, che ha coinvolto il governatore del Lazio, il presidente dell’Autorità Nazionale Anti Corruzione Raffaele Cantone, le norme dell’ex ministro Paola Severino che hanno tagliato le gambe a Silvio Berlusconi, impugnate dal sindaco di Napoli Luigi De Magistris e ora messe di nuovo in discussione chiedendo l’intervento del governo Renzi.

La prima puntata della storia viene scritta il 17 febbraio quando l’ex sindaco An (ora Pd) di Itri Giovanni Agresti viene nominato dalla Regione commissario straordinario dell’Ipab Santissima Annunziata di Gaeta; il 24 il direttore dell’Ipab Giovanni Caprio, “pure nella veste di responsabile anticorruzione” rivela che Agresti è incompatibile. Scattano le verifiche che in tre mesi confermano l’anomalia: Agresti non poteva fare il commissario perché è anche amministratore di una società, la GestVar, che gestisce due cliniche private che sono in rapporto con la Regione Lazio. La Regione interviene e revoca la nomina. Agresti si dimette e la stessa cosa fa pure il suo accusatore Caprio, di cui l’Anti Corruzione segnala ‘stranezze nella gestione dell’Ipab’ perché ‘beni e servizi sono stati attribuiti alla fondazione Alzaia il cui direttore è sempre Caprio’.

Perché il caso diventa nazionale e non si ferma in Regione? Perché l’attuale formulazione della Legge Severino impone una sanzione. Sulla testa di Zingaretti appare una spada di Damocle sospesa e pronta a cadere: il divieto di fare nomine amministrative per tre mesi. Ed è proprio il giudice Cantone a chiedere l’intervento del Governo, ritenendo – qualora fosse stata riconosciuta una condotta irregolare – di avere le mani legate e di essere obbligato ad applicare una sanzione senza poterla graduare; ad esempio 10 giorni e non 3 mesi che in un coso come quello del Lazio avrebbero potuto bloccare passaggi chiave.

Il caso è passato poi al responsabile regionale anticorruzione per valutare se esistessero responsabilità a carico della Regione e del governatore Zingaretti.

La risposta è stata no. Non ci sono state irregolarità. Nel provvedimento si sottolinea innanzitutto “la complessità e delicatezza della vicenda, anche in considerazione dei numerosi e complessi problemi interpretativi già rappresentati da Anac in Parlamento e Governo”, e poi riconosce che dalla memoria inviata da Zingaretti “emergono utili elementi di valutazione”. In particolare la responsabile regionale anticorruzione condivide il fatto che avendo Agresti “prodotto una dichiarazione mendace” ciò “implica una ontologica incompatibilità con qualsiasi imputazione nei confronti del presidente della Regione Lazio”. Infine, fa una riflessione sulle “lacune del procedimento” previsto dal decreto 39/2013, cioè uno dei decreti attuativi della legge Severino, e conclude che, “secondo le indicazioni fornite con una delibera dell’Anac, ha ritenuto e ritiene che malgrado il legislatore sembra aver costruito come automatica la sanzione inibitoria”, cioè la sospensione per tre mesi dal potere di fare nomine, “essa non possa essere irrogata senza che sia apprezzato il profilo psicologico di cosiddetta colpevolezza da parte dell’autore”. Ma “non esistono profili colposi” perché “in base agli atti conosciuti o conoscibili” Zingaretti “non avrebbe potuto conoscere la causa di inconferibilità/incompatibilità”.

Resta insomma il paradosso. Lo stesso governatore nei giorni scorsi aveva spiegato che con questa formulazione della Legge si parte dal presupposto che in Italia sia stata soppressa l’Autocertificazione, creata apposta per snellire: in pratica, gli enti verificano tutte le autocertificazioni sui casi di primaria importanza ed a campione per quelli minori come nel caso dell’Ipab di Gaeta. Scoperta l’anomalia la stessa Regione ha proceduto. E con questa formulazione della Legge Severino, la Regione ha rischiato una sanzione per avere rispettato ed applicato la legge.