Non ci hanno visto arrivare. Gli incroci della vita

L'esordio di Elly Schlein: al di là dei contorni da Ispettore Clouseau i messaggi per la politica sono concreti. E Giorgia Meloni farebbe molto bene a tenerne conto. In memoria di Maurizio Costanzo. Il tenero ricordo di Bruno Astorre e delle sue lezioni

Franco Fiorito

Ulisse della Politica

Dopo uno stucchevole “care tutte e cari tutti” degno del migliore linguaggio basso borghese fantozziano la prima frase della neo Segretaria nazionale del Partito Democratico Elly Schlein è stata “ancora una volta non ci hanno visto arrivare”. Che diciamocelo sa un po’ di agguato. Tipo il maggiordomo Kato che nascosto nel frigorifero sbucava fuori aggredendo inaspettatamente l’ispettore Clouseau ne La Pantera Rosa.

Fatto sta che il povero Stefano Bonaccini sempre più somigliante a Mario Brega nei film di Verdone, con aggiunta di sopracciglia tatuate, starà urlando il classico “a ‘nfami, a ‘nfamoni!” verso tutti quelli che hanno boicottato la sua elezione un tempo data per certissima. Ed in effetti dopo il voto nei circoli che aveva corroborato la sensazione del vantaggio del governatore emiliano il risultato nei gazebo è sembrato sorprendente. Ma di certo inequivocabile. (Leggi qui: Schlein vince le Primarie Pd: Latina con lei, Frosinone con Bonaccini).

L’incontrollabile cultura dei gazebo

La coda al gazebo di Cassino

Le analisi sono state tante: dalla trame di Soros, al complotto demoplutogiudaicomassonico, al voto “straniero” dei grillini fino ad intrusioni renziane o di centro destra.

La cultura dei gazebo si sa è incontrollabile e confusionaria. Prima ci si limitava a fare il giro di più seggi moltiplicando i voti o a portare truppe cammellate di immigrati. O semplicemente a buttare pacchi di schede precompilate dentro al volo alla prima distrazione generale. Tutti metodi classici. Stavolta invece più che grandi trame credo principalmente sia stata una forte volontà di cambiamento a far prevalere la Shlein, certamente aiutata dal una classe dirigente immobilista e superata e da un candidato avversario che non brillava per modernità.

Il resto lo ha fatto l’apparato di Partito perché a dispetto della presunta ascesa repentina della Schlein la struttura era forte dell’appoggio di molti big del Partito primi fra i quali Franceschini e Zingaretti. Non certo due “novizie” nel campo progressista. Ma come impera oggi l’apparenza conta più della sostanza e dunque ciò che appariva era un rinnovamento assoluto. E questo ha vinto.

La sinusoide del consenso

Elly Schlein e Giuseppe Conte a Firenze (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Lo abbiamo già scritto più volte: oggi l’alternanza del consenso è come una sinusoide, alterna regolarmente un campo ed un altro a distanze di tempo regolari. Tanto che già potremmo prevedere quando avverrà il calo di consenso della Meloni o della stessa Schlein con margine di certezza quasi scientifico. Un piccolo esempio. Ci sono quattro modi, e solo quattro modi, coi quali siamo in contatto col mondo. Noi siamo valutati e classificati da questi quattro elementi: ciò che facciamo, come appariamo, ciò che diciamo e come lo diciamo.

Allora abbiamo visto la nuova segretaria del Pd lanciarsi in peana di rinnovamento modernizzazione del Partito, cambiamento, rivoluzione. Poi il primo atto pubblico che fa è il più antico, retrivo e stereotipato “corteo antifascista” per una questione che a volerla riportare alla sua dimensione è una storia di volantini tra studenti a Firenze: esattamente come ce ne sono state in ogni stagione in cui il sacro fuoco della politica ha animato anche la generazione degli studenti. In questo momento, enfatizzarla quel tanto che basta la rendeva adatta a generare un minimo di disagio al Governo.

La Segretaria è andata a Firenze. In bella compagnia dello stesso Giuseppe Conte accusato di averla favorita e del catafalco Maurizio Landini con truppe sindacate al seguito. Un salto indietro di una cinquantina di anni. Ma molto indicativo di quale sarà il clima politico dei prossimi mesi. Si perché l’elezione della Schlein e la sua prima uscita simbolica in gruppo cancella decenni di tentativi di conquista del centro politico da parte dei progressisti. Sposta l’asse repentinamente verso una sinistra antagonista e barricadera che non lascia ben presagire per il prossimo futuro.

Il messaggio per Giorgia

Giorgia Meloni a Nuova Delhi

Farà bene dunque la premier Giorgia Meloni a cogliere il messaggio e dedicarsi anche lei meno all’apparenza ed alle occasioni internazionali o di gala e di più alle pressanti ragioni sociali del Paese. Perché è evidente che da oggi la strategia politica del blocco di sinistra sarà solo ed esclusivamente il cavalcare il disagio sociale, la crisi economica e le difficoltà individuali.

Addio agenda Draghi di cui la Meloni sembra incredibile erede, addio sinistra di governo progressista e semiliberista, addio le adunate moderniste americanizzate alla Veltroni o i tentativi di egemonia renziani. Torneranno gli autunni caldi o forse visto l’anticipo elettorale le primavere calde. Ed il ritardo con cui il governo Meloni si sta concentrando sulle misure di contrasto alla crisi sarà un errore fatale.

Si perché non si può fare il Draghi senza essere Draghi! Mi spiego meglio. Non si possono adottare misure esclusivamente atlantiste ed  europeiste in cui le risorse seguono canali meno sociali senza avere qual paracadute a livello istituzionale, burocratico, giornalistico, mediatico che aveva un Draghi.

Allora la Meloni dovesse proseguire sulla linea rigorista pseudodraghiana ne avrebbe gli stessi effetti avversi, ma moltiplicati da una inesistente copertura mediatica. Anzi gli stessi che prima osannavano misure simili, cambiando direttore d’orchestra, criticheranno comodamente adagiati nel loggione come ogni opera che si rispetti.

Il trionfo della apparenze

Matteo Salvini e Matteo Renzi (Foto: Stefano Carofei / Imagoeconomica)

Solo le persone superficiali non giudicano dalle apparenze scriveva Oscar Wilde”. Ma in politica se questo trionfare delle apparenze può sembrare molto redditizio è anche la causa principale della alternanza isterica che abbiamo prima descritto. Se nel corso di un due tre anni non si riesce a realizzare qualcosa di concreto di veramente incisivo sulla vita dei cittadini si finisce nel tritacarne e spazzati via alle elezioni successive.

Negli ultimi anni il Pd di Renzi, la Lega di Salvini, i cinque Stelle di Di Maio hanno alternato ai grandi trionfi elettorali repentini cali negli stessi lassi temporali. Oggi il destino del governo Meloni è nelle proprie mani. Atteso che si prospetta un periodo di grande scontro sociale e difficoltà economica individuale se verrà scelta la via di misure incisive e determinanti a risollevare i destini individuali economici delle famiglie italiane si sarà premiati altrimenti via nel prossimo tritacarne.

Dubito infatti che i cittadini siano ancora a lungo felici dei miliardi inviati in armi ed aiuti a Paesi stranieri impegnati in guerre senza senso (come tutte le guerre) piuttosto che le stesse risorse non siano impegnate nella salvaguardia del proprio patrimonio e stile di vita.

In memoria di Maurizio Costanzo

Una puntata del Maurizio Costanzo Show del 1987 al Parioli, con Salvo Andò, Adriano Sofri e Paolo Liguori (Foto: Carlo Carino © Imagoeconomica)

Ed a proposito di apparenza, di civiltà della comunicazione un fatto ha segnato i giorni scorsi. La scomparsa di Maurizio Costanzo. Al di la del giudizio personale e giornalistico che ognuno di noi lascia alla propria sensibilità non si può dire che non sia scomparso con lui un grande pezzo della televisione ed insieme ad esso una fetta consistente della cultura dell’immagine popolare. (Leggi qui: Tutta la vita che ci ha fatto vedere Maurizio Costanzo).

Scherzava una volta un comico imitando lo stesso Costanzo per sottolinearne il potere in campo televisivo e comunicativo facendogli dire “tu oggi sei famoso perché lo decido io, domani non lo sei più”. Ed in fondo era così perché prima di invadere la politica, la cultura e la sottocultura dell’immagine ha invaso la vita degli italiani attraverso la televisione. Ed il mutare dei mezzi e delle modalità comunicative ha influito sulla politica molto di più di ogni competizione elettorale.

Sarà stato un bene? Un male? Giudizi personali ma di sicuro è stato così. Dalle tribune politiche paludate ai salotti brillanti e ridanciani. Dalle radici profonde della militanza dei partiti, delle preferenze, all’oggi famoso domani sconosciuto. Ecco Costanzo sarà stato anche l’antesignano dei re dell’effimero ma quell’effimero è diventata cultura popolare, costume sociale ed influenza anche politica.

Il mio amico Bruno Astorre

Non consideriamolo un paragone ma era esattamente il contrario di quello che era il mio amico Bruno Astorre. La cui inaspettata scomparsa mi ha stupito e sconvolto. (Leggi qui: Tragedia in Senato: è morto Bruno Astorre)

Bruno era radicato nella militanza, nel lavoro badava alla sostanza non all’apparenza. Rifuggiva il conflitto, mediava col sorriso. Diceva sempre che uno come lui che veniva orgogliosamente dalla provincia poteva sopravvivere a Roma solo non entrando nelle beghe romane. Era saggio, metodico. Il periodo in cui siamo stati colleghi mi consigliava bonariamente. ”L’ottimo è il nemico del buono” mi ripeteva sempre quando io col mio carattere mi impuntavo sui particolari. Era un uomo di sostanza non di apparenza. Colto, educato, intelligente.

Non voglio entrare nei motivi che hanno portato ad una conclusione così ingiusta non poteva scriverlo meglio il direttore Alessio Porcu nel meraviglioso articolo “Le scarpe del senatore Astorre”. Io sento che l’unico compito che abbiamo è ricordare con rispetto un politico amato, stimato e generoso. (Leggi qui: Le scarpe del senatore Astorre).

La descrizione di un galantuomo

Bruno Astorre (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Da quando ho iniziato a scrivere su questa testata giornalistica ho avuto l’onore di avere spesso qualche suo messaggino di apprezzamento o commento su quanto scrivevo. Ne sono stato sempre lusingato. Ed ora che ci penso era qualche settimana che non mi scriveva. Chissà se per modestia dei miei articoli o forse un segnale di qualcosa che cambiava. Non lo saprò mai, ma serbo di lui il ricordo affettuoso dell’ultimo pranzo che abbiamo avuto insieme qualche mese fa. Non se ne avrà il direttore, anche lui presente, se lo ricordo.

Aveva piacere di vedermi dopo tanti messaggi scambiati, e dopo tanto che non ci incontravamo. Era un signore vero lo dimostrava in ogni occasione. In fondo che senso aveva il Segretario del più importante Partito della sinistra in Regione a pranzo con me che la Regione ho stravolto con le mie vicende. Invece in questo si realizza la descrizione di un uomo che badava poco alle apparenze e molto alla sostanza, al rispetto. 

Non era mica tenero con me quando ci vedevamo, ma nelle sua parole vedevo sempre un consiglio bonario e sincero, mai una critica. Quando ci siamo lasciati mi ha regalato una cassa di uno splendido vino che si chiama Donnaluce. Spero che anche lui oggi sia nella stessa luce che il vino celebrava.

Di quella cassa oggi è rimasta solo una bottiglia. La conserverò a vita in memoria affettuosa di un uomo che mi ha insegnato tanto, senza mai pretendere di volerlo fare.