Non è vero che sono tutti uguali, loro ancora si commuovono

La chiusura della campagna elettorale di Riccardo Mastrangeli e Domenico Marzi. Sono pronti al ballottaggio, sostenuti dai rispettivi Campi larghi di centrodestra e centrosinistra. La sconfessione di Calenda. Un passo indietro prima di vivere l’ultima puntata delle Elezioni Comunali più importanti della storia di Frosinone

Marco Barzelli

Veni, vidi, scripsi

È iniziato tutto alle 18, anzi pure prima, al piazzale Vittorio Veneto: davanti al comunale Palazzo Munari, all’imbocco per la Prefettura di Frosinone. Quello, tra gli incroci istituzionali, è il luogo intitolato alla vittoria in battaglia che fece finire la Prima Guerra Mondiale.

Ora l’uscente Amministrazione Ottaviani ci ha anche installato la Torre della Pace, in onore dei Santi Patroni Silverio e Ormisda. Ma è stata la classica Torre delle Polemiche. Domani, dalle 7 alle 23, i frusinati dovranno decidere chi buttare giù: c’è il ballottaggio delle più importanti Elezioni Comunali del Lazio.

Stavolta tutto molto più semplice: mettere una croce sul candidato sindaco da tenere sopra a quella Torre e a cui affidare le chiavi della Città. (Leggi qui È ballottaggio Mastrangeli – Marzi e poi qui Gli eletti con Mastrangeli e con Marzi).

Lo sgabello vuoto di Mastrangeli

Piazza Vittorio Veneto senza Mastrangeli

Nel piazzale c’era ancora chi si chiedeva se l’assessore uscente al Bilancio Riccardo MastrangeliMister 49% al primo turno col centrodestra, il farmacista dei conti comunali – si sarebbe presentato o meno al confronto in piazza.

Dubbio legittimo. Perché non era un appuntamento concordato. Era il guanto di sfida lanciato dall’’ex sindaco Domenico Memmo Marzi, competitor del campo largo progressista. Eppure di confronti ce n’erano già stati a volontà: giovedì sera su Teleuniverso è andata in onda oltre un’ora di faccia a faccia governato da Fabio Cortina. In un’altra sede, dopo poco Marzi ha salutato e lasciato gli studi ritenendo che non fosse garantita l’imparzialità prevista dalle norme sulla Par Condicio. Prima ancora c’erano stati confronti con tutti gli altri candidati un po’ dovunque.

Allora perché quel guanto di sfida? Perché la piazza? Perché Marzi sente la città, la piazza è la sua arena naturale. E poi quella piazza: su di lei si affaccia l’ex sede di Bankitalia che per i suoi avversari è un simbolo del loro buongoverno; lì hanno messo provvisoriamente la Torre dei Santi. È direttamente sul terreno di Frosinone che Domenico Marzi voleva la sfida finale. Alla quale – nonostante non fosse concordata – Riccardo Mastrangeli non ha detto no. Ha chiesto qualche ora per pensarci.

È stato in quel frattempo che il clima si è alterato. Alla fine, Mastrangeli annuncia che proietterà i video dei confronti già avvenuti. Ognuno dei due fronti darà la sua interpretazione: ormai è tifoseria, è l’ultimo giorno di campagna elettorale.

Lo sgabello che resta vuoto in piazza è solo scenografia. Destinato ad entrare tra le fotografie dell’ultimo atto prima dell’odierno silenzio: la conclusione della campagna elettorale di Frosinone, tirata fino allo scoccare della mezzanotte. Verranno azzerati i totalizzatori del primo turno: Mastrangeli al 49% e Marzi al 39%. Si riparte da 0 a 0.

Loro ancora si commuovono

Riccardo Mastrangeli

Verrebbe da dire innanzitutto che non è proprio vero che tutti i politici sono uguali: glaciali, interessati soltanto alle poltrone e tutti gli altri luoghi comuni. Marzi e Mastrangeli, per esempio, ancora si commuovono. Marzi ha avuto un momento di défaillance nel piazzale Vittorio Veneto: parlando della sua ricandidatura a sindaco a distanza di quindici anni dal suo doppio mandato.

La voce si è increspata, il labbro destro ha iniziato a tremare, gli occhi umidi: esattamente quando gli è stato chiesto che effetto gli abbia fatto l’affetto delle persone andate a votarlo solo “perché è Memmo” e non per i Partiti; perché lui è l’uomo che vent’anni fa ha portato il gas e le fogne in tutta la città, sistemato le scuole e le strade. A Riccardo Mastrangeli, invece, gli si è rotta la voce quando ha urlato a pieni polmoni «Io questa città la amo» chiudendo la sua campagna elettorale alla Piazza dello Scalo firmata Ottaviani-Mastrangeli. Non è solo l’amore che gli ha fatto riempire di lacrime gli occhi: ma anche la consapevolezza di avere sulle spalle l’eredità di dieci anni che hanno dato a Frosinone un municipio, uno stadio da Serie A, una sede per le Belle Arti…

Le lacrime dei due candidati sono il segno di questa campagna elettorale. Non sono ragazzini di primo pelo. L’avvocato Marzi è un principe del Foro, il dottor Mastrangeli non è un farmacista ma il presidente dell’Ordine provinciale. Se riescono a commuoversi è amore vero.

L'”Adesso ci tiro” di Marzi

Appassionati, caldi, ma fondamentalmente corretti. Letame davanti al ventilatore non ne è stato messo: eppure c’era chi proponeva rivelazioni clamorose. Letame. Al quale nessuno si è prestato.

Hanno duellato tra infuocati botta e risposta fino al match diretto giovedì da Fabio Cortina negli studi televisivi di Teleuniverso. Tutto sempre un po’ al limite: la posta in gioco è davvero alta. Lì un infuriato Marzi ha sbattuto i pugni sul tavolo. Persino il Lord Mastrangeli ha insolitamente alzato la voce e perso la proverbiale calma: veniva contestata, del resto, la sua gestione dei conti durante l’incarico assessorile.

Comprensibile: si stanno giocando la poltrona di sindaco del Capoluogo ciociaro. Con tutte le pressioni della politica nazionale e regionale addosso. Giusto Meloni e Salvini da una parte e Letta e Zingaretti dall’altra. Loro ci hanno messo la faccia.

Per altre ragioni, entra nell’iconografia di questa campagna elettorale il confronto nella piazzetta allestita in altra sede: ad intervistare e moderare c’erano il direttore del Messaggero Frosinone Giovanni Del Giaccio e il giornalista Aldo Simoni da poco in pensione. Contro quest’ultimo, com’è ormai noto, la protesta vibrata di Marzi che abbandona lo studio contestandone il modo di condurre. Anticipata da parole pesanti: «Mo me ne vado, adesso ci tiro».

Il sindaco uscente Nicola Ottaviani l’ha definita «una follia, un modello di antidemocraticità illiberale». Davvero Marzi voleva tirare al conduttore ritenuto esageratamente di parte? Difficile da credere: scenografia e folklore da ultime ore di campagna elettorale. Che diventano un’arma presso l’altrettanto centrale largo Turriziani (quello sovrastante i Piloni): lì sono andati in onda lo spezzone incriminato e tanti altri selezionati dal Mastrangeli Team nei vari confronti televisivi. Col maxi schermo promozionale il centrodestra intendeva far risaltare quelli che ritengono essere punti a sfavore di Marzi.

Verso gli ultimi palchi

L’appuntamento era per le 19.30. Sul posto, ma ancor prima al confronto mancato di piazzale Vittorio Veneto, anche il passato e il presente-futuro del quotidiano Il Messaggero di Frosinone: l’ormai ex direttore Luciano D’Arpino (in pensione dal primo luglio) e il suo successore Giovanni Del Giaccio. Il sindaco Ottaviani, tra gli altri, è arrivato prima di Mastrangeli. Si è detto divertito da un fotomontaggio che lo ritraeva con il braccio teso a fianco al Duce. Da qui la battuta di Nicolino: «Sono infastidito, però, perché continuo a essere accostato ai moderati».  

Mastrangeli, quand’è arrivato, si è gustato la proiezione che incuriosiva già tanti passanti e clienti delle attività commerciali delle Terrazze del Belvedere. Altra materia di scontro: i ragazzi fanno le ore piccole nei locali e si divertono, ma parte dei residenti del centro storico si sentono prigionieri in casa propria quando scatta l’isola pedonale. Che lo dica o meno, facendosene portavoce, una parte politica. D’altro canto, è rinata la movida.

Alla richiesta di un’eventuale replica a Marzi, che poco prima si era detto «dispiaciuto dall’assenza dell’altro candidato a sindaco», Mastrangeli ha declinato: «Per me ormai è acqua passata». D’altronde, stava ripassando i passaggi chiave del discorso dei discorsi: quello da fare al comizio finale davanti alla Stazione di Frosinone, la Piazza dello Scalo voluta dalla Giunta Ottaviani.

Giochi chiusi: parola alle urne

La chiusura di Mastrangeli

Alla Piazza dello Scalo, dopo l’immortale e imbattibile panino con la porchetta bagnato da una bella birra, Mastrangeli ha potuto dire al suo popolo che lui è l’Uomo dei Conti: «Quello che c’è sempre stato, c’è e se vorrete ci sarà ancora, perché è a voi che io devo una risposta», ha detto dal palco della Stazione.

Dietro alla vicina Chiesa della Sacra Famiglia, il piccolo Ottaviani giocava a pallone con gli amici dell’oratorio. Lo ha ricordato sul palco assieme alla figura del parroco Padre Ottavio, che un giorno gli domandò: «Ma se la fatica fosse buona la lascerebbero a noi?». A ruota l’associazione coi rifiuti come risorsa: «Ma se lo fossero li porterebbero in Ciociaria?». Il sindaco di Roma Roberto Gualtieri era venuto nei giorni scorsi a Frosinone e Cassino per rassicurare tutti: dopo l’incendio di Malagrotta i rifiuti della Capitale non finiranno nelle province.

Sull’ultimo palco prima del ballottaggio, ad anticipare il candidato a sindaco Mastrangeli, sono saliti anche parlamentari, dirigenti di Partito e amministratori del centrodestra uscente e attuale. Al massimo cinque minuti a testa per il presidente del Consiglio Adriano Piacentini – subcommissario provinciale di Forza Italia – Area centro, seguito poi dalla responsabile del Sud Rossella Chiusaroli – nonché per i già vicesindaco Fabio Tagliaferri (Fratelli d’Italia) e Antonio Scaccia (Lista per Frosinone) e il dissidente di FdI Domenico Mimmo Fagiolo (Frosinone Capoluogo).

Il colpo di scena di Calenda

I tweet di Calenda

È Tagliaferri a compiere il gesto politico più importante: seppellisce definitivamente i rancori con Ottaviani che gli aveva revocato la fascia di vicesindaco e poi l’assessorato. «Nicola è stato un grande sindaco ma soprattutto un grande politico. Perché ha saputo costruire una classe dirigente capace di proseguire la sua opera»

Sono intervenuti altresì i senatori Massimo Ruspandini, presidente provinciale di FdI, e Gianfranco Rufa, tra i vertici territoriali della Lega. All’improvviso sono comparsi a fianco a Mastrangeli anche il già candidato sindaco di Centro Mauro Vicano e la capolista di Azione Alessandra Sardellitti: i loro voti, assieme a quelli dell’Udc e altri movimenti (Autonomi e Partite Iva, e Progetto Lazio), saranno spostati all’ormai Campo largo di centrodestra.

Saranno i loro voti, non quelli di Azione. Carlo Calenda lo mette in chiaro su Twitter. Lo fa quando un elettore gli contesta che a Lucca è salito sul palco con Enrico Letta mentre a Frosinone appoggia il candidato sindaco sostenuto da Fratelli d’Italia. La risposta dell’ex ministro non ammette repliche: “Controlla bene, è una singola persona. Ho tanti difetti, ma se faccio una scelta non la nascondo”. La singola persona è il Consigliere uscente Alessandra Sardellitti. Che ha portato quasi la metà dei voti della lista.

Continua un’era o ne comincia un’altra

Domenico Marzi

Lo slogan di Mastrangeli? «Indietro non si torna», ripreso forse anche scaramanticamente da Ceccano: dove il sindaco di FdI Roberto Caligiore è stato rieletto al primo turno nel 2021. Il Campo largo progressista vuole l’esatto contrario: tornare indietro, riaffidare la Città al già sindaco 1998-2007 Marzi.

Il competitor di centrosinistra, nel mentre, era protagonista sul palco allestito nel quartiere dei Cavoni. È stato principalmente affiancato, nell’occasione, da due figure significative: Francesco De Angelis, leader provinciale del Pd e costruttore del Campo largo frusinate; Michele Marini, già vice e successore di Marzi e nuovamente al suo fianco sotterrando l’ascia di guerra sventolata in altre tornate elettorali. C’erano anche i tre Pizzutelli: Angelo (Pd), Gianfranco (Polo Civico) e Stefano (Frosinone in Comune).

Domani, al di là dell’esito, si farà la storia a Frosinone: continuerà o ricomincerà un’era.