Non solo Renzi: Di Maio sta facendo il Salvini, allarme rosso per il Pd di Zingaretti

Enrico Letta e Dario Franceschini hanno invitato il segretario del Pd a non fidarsi dell’ex rottamatore: patti chiari o meglio il voto. Ma c’è un altro rischio per i Democrat, rappresentato dalla vocazione “salviniana” del capo dei Cinque Stelle. I precedenti di Bertinotti e Mastella che logorarono Prodi.

Non è un caso che siano gli ex democristiani quelli più preoccupati. Ma probabilmente anche i più lucidi. Enrico Letta, già Presidente del Consiglio e una carriera universitaria di livello mondiale, ha invitato nei giorni scorsi sia Nicola Zingaretti che Giuseppe Conte a non sopportare da Renzi quello che ha dovuto sopportare lui. Perché il rischio del logoramento c’è. Stessa analisi ha fatto Dario Franceschini, ministro della cultura e capo della delegazione del Pd al Governo.

Matteo Renzi © Imagoeconomica, Benvegnu’ Guaitoli

L’esecutivo di Giuseppe Conte è sostenuto da quattro forze politiche: il Movimento Cinque Stelle, il Pd, Liberi e Uguali e Italia Viva di Matteo Renzi. Tutti hanno il potere “di vita e di morte”, sono cioè indispensabili. E di conseguenza hanno pure il potere di interdizione. In queste condizioni non si può andare tanto lontano.

Perciò Enrico Letta invita Zingaretti a rapportarsi con Renzi in modo semplice: “patti chiari e amicizia lunga”. In caso contrario meglio le urne. Nel caso non ci fosse neppure il tempo di fare una legge elettorale nuova, ok con il Rosatellum, che costringerebbe Renzi ad allearsi ma pure a rinunciare all’attuale pattuglia parlamentare.

Il Pd però corre anche un altro rischio. Luigi Di Maio sta cercando di ribaltare lo schema che lo ha penalizzato nell’esecutivo gialloverde. Sta cercando cioè di fare lui il Matteo Salvini della situazione. In questo modo il Pd rischia di finire come i Cinque Stelle nella scorsa esperienza governativa.

Nicola Zingaretti © Imagoeconomica, Stefano Carofei

Pure su questo Nicola Zingaretti deve riflettere. In nome del senso di responsabilità il Pd si è assunto spesso responsabilità di governo senza passare dalla vittoria elettorale. Pagando poi un prezzo salatissimo alle elezioni. Oppure, quando c’erano Ds e Margherita, finendo con il logorare governi autorevoli e credibili come quelli di Romano Prodi.

Allora c’erano Fausto Bertinotti e Clemente Mastella. Oggi Luigi Di Maio e Matteo Renzi.