L’ombra di Renzi dietro il trappolone per far cadere Zingaretti

La mozione di sfiducia alla Regione firmata da un centrodestra che ritrova l’unità dopo mesi di scannatoio ad oltranza. I Cinque Stelle tentati di votarla per “suicidarsi” definitivamente sull’altare di Matteo Salvini. Nel partito tutti preoccupati di evitare che il Governatore arrivi al 51%. Il silenzio di Renzi e del Pd anticipano il tramonto

E’ su due fronti Nicola Zingaretti. Da un lato la difficile corsa alla segreteria nazionale del Partito, dove il solo obiettivo dei suoi avversari sembra essere quello di evitare che il presidente della Regione Lazio arrivi al 51%.

Dall’altro la mozione di sfiducia nei suoi confronti proprio alla Pisana. In entrambi i casi il minimo comun denominatore è quello di dare vita ad una vera e propria “ammucchiata” per evitare a chi ha preso o prenderà più voti di esercitare il mandato.

 

Nel Partito Democratico il continuo rinvio della data delle primarie e il silenzio di Matteo Renzi sono più indicativi di quello che sembra. Le primarie sono concepite proprio per far sì che sia la gente a decidere chi deve vincere e governare. In questo caso il Partito.

Un’alleanza tra il secondo, il terzo e il quarto sarebbe il solito gioco di palazzo che stavolta sì segnerebbe la fine del Partito Democratico come concepito da Walter Veltroni. A quel punto ognuno andrebbe per la propria strada. Anzi, Matteo Renzi dà la sensazione di essersi già incamminato.

 

Quello che non si capisce è per quale motivo a tutto si pensa nel Pd meno che a cercare di ricostruire e rilanciare Partito e coalizione. Nei Paesi dove è stato fatto (Inghilterra, Spagna e Portogallo) laburisti e centrosinistra hanno un proprio ruolo. Forte e riconoscibile.

 

Alla Regione Lazio la mozione di sfiducia può essere approvata. Da un centrodestra diviso fino a ieri e adesso pronto a riabbracciare Giuseppe Cangemi ed Enrico Cavallari e da un Movimento Cinque Stelle votato a farsi del male. Perché unire i propri voti al centrodestra significherebbe spalancare le porte alla Lega.

La strategia di Matteo Salvini è proprio quella di governare quante più Regioni possibili. Per Roberta Lombardi sarebbe un de profundis.

In tutto questo neppure una parola del Pd a difesa di uno dei pochissimi Governatori che esprime in questo momento.