Anna ed Elsa: quel gioco per “spiegare” il tumore ad una bimba di 4 anni

Marta Di Palma e la sua lotta contro il cancro al seno. Il gioco creato per la figlia, ancora bambina, in modo da spiegarle la malattia. la paura di non farcela. E che la bimba non si ricordasse di lei. L'importanza della diagnosi precoce. E della prevenzione.

Lorenza Di Brango per Alessioporcu.it

Il suo cartone preferito, “Frozen”, per aiutare la sua bambina a capire ed accettare la malattia della madre: una lunga treccia bionda per la piccola, che assolutamente deve essere Elsa, una castana per lei che per un po’ è stata simile ad Anna.

Come si fa a spiegare ad una bimba di 4 anni che la sua mamma ha dovuto tagliare i capelli perché la chemio li avrebbe presto fatti cadere? Con un gioco. Il gioco ed il sorriso, strumenti che Marta ha usato fin dal primo momento: voleva vivere, voleva vedere la sua piccola Maria Sole crescere, voleva che lei non soffrisse, che non capisse cosa la sua mamma stava affrontando.

Marta Di Palma con Maria Sole prima di “mettere la fascetta di Rambo”

Lo sconforto c’è stato, ma è durato poco: circa una settimana. Il primo controllo, per quello strano dolore al seno, la prima diagnosi, poi tutti gli accertamenti per capire di cosa si trattasse, se ci fossero già metastasi o no. Una settimana di lacrime  e disperazione, giorno e notte, ma quando le hanno detto che il suo carcinoma infiltrante era ancora circoscritto alla mammella, ha avuto la sua reazione: «mi sono messa la fascetta in testa, come Rambo, ed ho detto “adesso ti stermino io”. Da lì è cominciata la mia guerra».

Da “Frozen” a “Rambo” il passo è breve: la dolcezza e quella apparente spensieratezza in alcuni casi, quando giocava con la sua bimba con i personaggi dei cartoni, la forza e la determinazione pochi minuti dopo, perché solo diventando come Stallone in quel film poteva affrontare tutto quello.

Marta, 36 anni di Veroli ma trapiantata ad Arnara, ha saputo calarsi in entrambi i ruoli, facendo di necessità virtù. Scoprire di avere un tumore al seno neanche un mese dopo aver perso il proprio padre, ucciso da un cancro, potrebbe devastare chiunque, ma non lei. È energica, solare, sorridente, aggrappata alla vita con le unghie e con i denti. Ma sa di essere stata anche fortunata. Salvata dalla sua ipocondria, svanita improvvisamente quando si è ammalata davvero.

Marta con la famiglia

Era come se io avessi vissuto tutta la mia vita aspettando questo momento, come se avessi saputo che dietro la porta c’era qualcosa di brutto per me”. Ad ottobre 2018 l’ultimo controllo, quello consueto, che faceva ogni anno: tutto a posto. Nello stesso mese suo padre scopre di avere un tumore e lei dopo un po’ avverte quello strano dolore: il papà a gennaio è andato via, non prima di raccomandare alla figlia di controllarsi di nuovo.

Il sei febbraio lei torna dal medico, che le diagnostica il carcinoma. “L’ho preso in tempo, i controlli preventivi mi hanno salvato”. Sedici cicli di chemio, che hanno ucciso il suo nemico, presto l’operazione: “il mio incubo più grande era che mia figlia non si ricordasse di me. Volevo vivere almeno abbastanza per fare in modo che lei non dimenticasse chi era sua madre. Sono andata avanti per settimane con questo chiodo fisso”. Quasi un mantra, una determinazione che le ha dato il coraggio e la forza per affrontare a muso duro la sua malattia. 

Marta Di Palma durante una recente iniziativa di sensibilizzazione

E all’inizio del suo percorso, nei corridoi del Policlinico Gemelli, ha conosciuto lei, Carolien Sikkenk, una fotografa che stava realizzando scatti per una campagna di sensibilizzazione, legata a Race for the Cure, un evento che tocca grandi città europee e che ogni anno fa tappa anche a Roma. È lei a fotografarla per la prima volta senza capelli: via la parrucca, via le bandane o i foulard, Marta era bella così. Grazie a quelle foto anche lei stessa lo ha capito: “da quel giorno non ho più indossato la parrucca. Non ho niente di cui vergognarmi, io sono questa…e mi sento bene così”. Le sue foto hanno fatto il giro  d’Europa, lei è diventata la testimonial di un messaggio semplice: la prevenzione salva davvero la vita.

Questo mese ha visto Marta impegnata in diversi eventi, ad Arnara, Boville, Veroli, ovunque si parlasse di lotta al tumore al seno. Ottobre è il mese rosa, quello della prevenzione. La sua speranza è che ci siano dodici mesi rosa, per non abbassare mai la guardia. Lei, grazie alla sua attenzione sempre alta, ha giocato d’anticipo ed ha sconfitto il cancro. E ora la sua piccola Maria Sole, il suo little Sun, come la chiama lei, avrà la sua mamma vicino per molti anni ancora…