
Compleanno speciale per il bomber marchigiano, bandiera del Catanzaro ma esploso in Ciociaria nel 1973-74. La sua specialità i gol direttamente dalla bandierina del corner. Simbolo di un calcio d’altri tempi, amato in tutta Italia, non ha mai dimenticato il club canarino. “Sarò sempre grato alla società giallazzurra per avermi lanciato ed ai tifosi per l’affetto mostrato”, ha ripetuto l’O’ Rey dei poveri
Una delle 70 candeline ed una fetta della torta magari a forma di calcio d’angolo dovrebbero essere di colore giallazzurro con il campanile di Santa Maria stilizzato. Massimo Palanca, l’O’Rey di provincia, “Piedino d’Oro”, festeggia i suoi primi 70 anni tra celebrazioni, premiazioni (martedì sarà insignito della cittadinanza onoraria di Catanzaro), interviste e fogliettoni nei principali giornali italiani. Stretto dall’affetto dei nipoti e dell’intera famiglia. Oggi è un personaggio da romanzo, vive a Camerino dove gestisce un negozio d’abbigliamento diventato una sorta di tempio dove tanti tifosi spesso s’affacciano per un autografo, una foto e o solo per ammirarlo da vicino.
Ma bisognerebbe ricordare sempre (e forse non è stato fatto mai abbastanza) che la stella-Palanca è nata ed ha iniziato a brillare a Frosinone grazie all’intuizione dell’ex attaccante canarino Gabriele Guizzo e del coraggio del direttore sportivo Adriano Zecca di puntare su un giovane di neanche 20 anni piuttosto “leggerino” e proveniente dal campionato di Promozione. E le domanda sorgono spontanee: se non ci fosse stato il Frosinone, i 70 anni di Palanca sarebbero stati un evento? Ed i mitici gol direttamente dalla bandierina del corner sarebbero esistiti?
Il compleanno di un simbolo

Massimo Palanca è l’icona di un calcio d’altri tempi. Eroe di una provincia che faceva tremare gli squadroni del Nord. Un calcio fatto di sudore, sacrificio, pochi soldi e valori oggi scomparsi. Baffoni d’ordinanza, una massa di riccioli neri, 37 di piede, un sinistro magico e numeri di ogni tipo. Come i gol dalla bandierina diventati un cult (ne ha segnati 13). Simbolo di un Catanzaro (137 gol in 367 gare tra Serie A, B e C), riscatto della Calabria, terra povera ed aspra.
“Il calcio di oggi ha perso genuinità, non mi piace. E mi chiedo: quante vite ti servono per goderti un ingaggio da 20 milioni?”, ha detto in un’intervista a repubblica.it. Nato a Loreto (come il neo attaccante canarino Cheddira) ma originario di Porto Recanati, figlio del custode del campo sportivo (un inequivocabile segno del destino), ha conquistato 3 titoli di capocannoniere (in B, in C e in Coppa Italia), 1 di vicecapocannoniere in A dietro Roberto Pruzzo, 2 promozioni in Serie A, 1 in B. Con un’impresa indimenticabile: la tripletta all’Olimpico contro la Roma, il 4 marzo del 1979. Tra i suoi allenatori anche Carletto Mazzone, scomparso sabato. E’ stato compagno di squadra di Claudio Ranieri. “Il vento e l’azione di disturbo di Claudio hanno favorito i mieri gol dalla bandierina”, ha confessato Massimo.

Un repertorio di punizioni e calci d’angolo, rovesciate, assist al bacio e perfino colpi di testa malgrado i 169 centimetri. Si sprecano i soprannomi: O Rey, il Cruyff dei poveri, l’Imperatore della Ovest. Per Sandro Ciotti, mitica voce di “Tutto il calcio minuto per minuto”, è “uno dei migliori sinistri d’Europa”. Il segreto nel piedino numero 37 fasciato di pelle. Nel 1981 la cessione (1 miliardo) al Napoli per un salto di qualità che non si verificherà. Poi Foligno, Como e sembrava l’oblio. Ed invece tornò a Catanzaro, aveva 33 anni e riportò la squadra in B con 17 reti. Sfiorando la Serie A da protagonista.
A Frosinone una stagione indimenticabile

Nei 70 anni di Palanca quello vissuto a Frosinone è forse il più importante della sua carriera. Tutto infatti ebbe inizio nel vecchio stadio di via Marittima, primo teatro delle sue prodezze “Sarò sempre grato al Frosinone, mi ha dato la possibilità di intraprendere la carriera nel migliore dei modi. Io vinsi la classifica cannonieri in Serie C e fu una grande soddisfazione, mi feci conoscere a livello nazionale”, ha sottolineato Palanca sbarcato a Frosinone nel 1973 a soli 20 anni.
Un’intuizione del direttore sportivo giallazzurro Adriano Zecca che recepisce la segnalazione di Gabriele Guizzo, attaccante del Frosinone di quegli anni: “A Camerino gioca un fenomeno”. Il provino non è memorabile. L’allenatore frusinate, Umberto Mannocci, fa spallucce: il ragazzo è bravino, ma ha un fisico esile, finora ha giocato nei dilettanti, la C è un’altra cosa ed il girone del Frosinone è durissimo. Alla fine Mannocci, un volpone del calcio italiano (ha allenato in Serie A il Messina e la Lazio), dà l’ok.
Il presidente Domenico Franceschi, rampollo di una famiglia di costruttori romani, sborsa 18 milioni. Tanti ma non troppi per uno abituato a girare in Rolls Royce Silver Shadow ed in Ferrari 365 Gtb. Investimento azzeccato comunque. Che sarà ripagato da 18 reti (capocannoniere del campionato) e da una plusvalenza di oltre 100 milioni. In una sola partita, contro la Casertana, firma un poker davanti agli occhi emozionati di papà Renato. Segna anche nel sentito derby col Latina vinto 2-0 (l’altra rete di Vescovi). E’ un idolo dei tifosi.
La cessione milionaria al Catanzaro

A metà del girone di ritorno la Reggina strappa un’opzione per il passaggio di Palanca. Ma ad una condizione: solo se gli amaranto manterranno la Serie B. “In caso di C sarei rimasto a Frosinone dove mi sono trovato molto bene”, ha raccontato Palanca. Anche il Catanzaro segue il capocannoniere della Serie C, ma il patron Ceravolo preferisce aspettare. Ed è la scelta più giusta. La Reggina retrocede per differenza reti e l’opzione diventa nulla. Ceravolo a quel punto sferra il colpo e chiude la trattativa per 120 milioni. Franceschi, malgrado il rilancio del Foggia di 160 milioni e l’interesse del Bologna, accetta l’offerta della società giallorossa. In un solo anno il valore di Palanca si è moltiplicato di quasi 10 volte. A Catanzaro trova un club che ha già assaporato la Serie A, una tifoseria calda, un tecnico giovane e ambizioso come Gianni Di Marzio ed un ingaggio niente male di 1 milione al mese.
Malgrado abbia giocato a Frosinone solo un anno, Palanca è rimasto molto legato alla Ciociaria ed al club giallazzurro. Spesso ha partecipato ai raduni di vecchie glorie come nel 2008 in occasione dell’ottantennale. Quando al “Comunale” si sono ritrovati diversi giocatori di varie epoche. E tra i più acclamati c’era proprio lui. L’O’Rey di Camerino, l’idolo dei tifosi di provincia.