Paolo Tuffi, l’uomo che fermò gli orologi per approvare la Legge

È andato via a Mestre. L'ultima istantanea di un album nel quale appaiono solo protagonisti. Quelli con i quali ha vissuto Paolo Tuffi: sindaco di Anagni, Segretario della Dc, eletto in Regione con 45mila preferenze, deputato. La passione per i quadri, il sangue nobile, l'eleganza innata. E la fine lontano.

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

L’ultima immagine lo ritrae sulla laguna di Mestre: sullo sfondo i canali e le calli tra le quali si era trasferito. C’era andato costruendo lì un’altra delle sue innumerevoli vite, tutte vissute sulla cresta dell’onda. Che fosse quella politica o dell’arte, dello sport o della moda, Paolo Tuffi le aveva cavalcate tutte: con la sua naturale eleganza, il suo portamento nobile, entrambi ereditati dalla mamma che poteva vantare uno stemma araldico tra i più antichi ad Anagni.

All’età di 81 anni a veva deciso che la laguna sarebbe stata l’immagine finale del suo personalissimo album, nel quale trovano posto istantanee ormai sbiadite al fianco di una statuaria Sofia Loren, di un eterno Giulio Andreotti, di un potentissimo Vittorio Sbardella ed un acutissimo Claudio Vitalone, ma anche di un inarrivabile Massimiliano Fuksas. Tutti portati nella sua Anagni o per un motivo o per un altro.

L’immagine precedente a quella in laguna lo ritrae accanto ai suoi quadri: olio su tela, linee decise e astratte, arte africana minimalista esposta in via Margutta a Roma. L’unica consolazione dopo essere uscito da un mondo nel quale era stato indiscusso protagonista. Sotto la pittura nascondeva la tristezza di chi è entrato giovanissimo nel cuore della Prima Repubblica. E ancora giovane ne è dovuto uscire quando tutto intorno a lui è iniziato a collassare per trasformarsi nella Seconda Repubblica. Che è stato come passare dall’opera all’avanspettacolo. Un palcoscenico nel quale non poteva esserci spazio per uno dello spessore di Paolo Tuffi.

Al liceo con l’autista

Paolo Tuffi

Per capire Paolo Tuffi bisogna capovolgere l’album ed iniziare dal principio. C’è un ideale scatto in bianco e nero che lo ritrae mentre va a scuola: Liceo Martino Filetico a Ferentino, a quel tempo il top assoluto in provincia di Frosinone. Ci andava accompagnato da un autista, componente del personale di servizio della famiglia: possedevano da generazioni la principale farmacia di Anagni, lui era l’unico figlio, cresciuto tra i cuscini della cultura e del bon ton.

L’impegno politico è quasi naturale, come un dovere morale. Nasce andreottiano, all’ombra del filosofo Amerigo Petrucci che in quel momento è il numero due del Partito a Roma dopo Giulio Andreotti. Ne diventa uno degli allievi più abili. E quando il suo maestro diventa sindaco di Roma è necessario allargare la componente: entra in contatto così con Vittorio Sbardella che per tutti era Lo Squalo: un’altra palestra fondamentale per la formazione politica di Paolo Tuffi.

È solo questione di tempo: diventa sindaco di Anagni dopo la gavetta come Consigliere ed assessore. È un crescendo inarrestabile: diventa Segretario provinciale della Dc, in pratica è il console di Giulio Andreotti in provincia di Frosinone. L’unico che può controbilanciarlo si chiama Angelo Picano: leader dei basisti e signore dei voti nel sud della provincia.

Tuffi, 45mila preferenze per fermare gli orologi

Il salto in Regione è una prova muscolare. Le riunioni che organizza sono oceaniche: una sera del 1990 a Cassino per ascoltarlo si riempirono due interi piani del principale Hotel, sia le sale da cerimonia al piano terreno e sia le sale congressi al primo piano con tanta gente che era impossibile passare da un livello all’altro. Finisce con un numero impressionante di voti: 44.748.

Giuseppe Ciarrapico (Foto: Carlo Carino / Imagoeconomica)

Per avere una dimensione di quel voto basta vedere le preferenze ottenute dal secondo arrivato: Domenico Salvati si fermò a 30.382 voti, Fernando D’Amata a 27.120. Tutti e tre vennero eletti.

A Paolo Tuffi nessuno può negare il potentissimo assessorato all’Urbanistica. È quello nel quale si può decidere il destino di ogni Comune, dove si può costruire e dove no, con quali limiti e quali deroghe. Durante il suo mandato viene approvato il piano regolatore industriale di Frosinone al termine di un lungo confronto interno con Vittorio Sbardella: gli andreottiani sono sempre in guerra, anche al loro interno. E Paolo Tuffi ora ha una sintonia maggiore con l’editore Giuseppe Ciarrapico.

Ottiene l’approvazione del documento che riordina tutta l’Urbanistica nel Lazio. La leggenda narra che per evitare lo sforamento dei termini di legge, in Consiglio Regionale siano stati fermati dai commessi tutti gli orologi a pochi secondi dallo scoccare della mezzanotte.

Sofia e Fuksas

da sinistra: Fernando D’Amata, Sofia Loren, Luciano Rossignoli, Paolo Tuffi (Foto: Dario Frioni)

Il bel mondo romano era la sua seconda casa. Per questo non ebbe difficoltà quando dovette chiedere ad un architetto di grandissima fama come Massimiliano Fuksas di disegnare il Palasport di Anagni. O quando chiese ad una stella di prima grandezza come Sofia Loren di venire ad Anagni per chiudere la sua Campagna elettorale per le Regionali del ’90 all’hotel Federico.

Arriva il tempo di andare a Montecitorio: nella primavera 1992 la Democrazia Cristiana prende in provincia di Frosinone 141.954 voti. Paolo Tuffi viene eletto… sulle stampelle: si è fratturato entrambe le gambe durante la campagna elettorale. Accade al termine di una riunione in casa di Francesco Priorini, grande elettore di Alatri: cade malamente mentre scende una scala e finisce ingessato. Non per questo rinuncia al tour: raggiungeva in ambulanza le piazze, lo assistevano due infermieri.

La malasuerte di Tuffi

A febbraio del 1993 l’Italia è scossa dal ciclone di tangentopoli. I finanzieri del colonnello Nicolò Pollari consegnano un avviso di garanzia all’onorevole Paolo Tuffi: storie di tangenti per sistemare il Piano Regolatore del Lazio; l’indagine riguarda Antonio Gerace, ex assessore al piano regolatore che viene arrestato per una tangente da 400 milioni di lire, robetta se paragonata ai 3 miliardi indicati nel provvedimento notificato dai finanzieri il giorno precedente per un altro fascicolo. Paolo Tuffi viene indagato come ex assessore insieme a Pino Leccisi ex sottosegretario al ministero del Lavoro.

Uno dei quadri di Paolo Tuffi

Il destino si accanisce. Prende fuoco la dimora di famiglia ad Anagni. Con il tempo accade lo stesso anche allo stabile della storica farmacia.

Paolo Tuffi ormai si concentra sui quadri, vive a via Margutta: raccoglie le sue impressioni artistiche nel volume “Culture Distanti”. Con la politica no: nessun libro, nessuna memoria. Quel mondo, a poco a poco, si è sbiadito e si è dissolto.

Nelgi ultimi anni una crisi cardiaca ne aveva minato la salute. Poi una nuova stagione, una nuova passione e la decisione di andare a Mestre per vivere lì. Fino a questa mattina: Paolo Tuffi se n’è andato dopo un giorno di ricovero nell’ospedale cittadino. Chiudendo l’infinito album delle fotografie su un mondo che ha vissuto sempre sulla cresta dell’onda.

(Leggi qui la galleria dei protagonisti)

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