Il Parco Matusa e quell’orgoglio condiviso che non c’è mai (di C. Trento)

Frosinone raddoppia i suoi parchi pubblici, evita la colata di cemento. Ma le polemiche nemmeno questa volta sono mancate. Allo stesso modo in cui avvenne per la Villa Comunale. O per le oltre mille assunzioni deliberate, nero su bianco, dalla Asl. Nessuno tende la mano a nessuno. Come se fossimo in una campagna elettorale permanente

Corrado Trento

Ciociaria Editoriale Oggi

Se anche assumere diventa rivoluzionario

La vera rivoluzione è la normalità. Lo dimostrano le 1.076 assunzioni nella sanità ciociara nei prossimi tre anni.

Non si tratta di un annuncio, ma di una determina della Regione Lazio sull’approvazione del fabbisogno del personale per il triennio 2018-2020. Nero su bianco quindi. Un ulteriore tassello del “puzzle” del commissario straordinario Luigi Macchitella, uno che non ama i riflettori, uno che centellina perfino le conferenze stampa. A dimostrazione che alla fine la differenza vera la fanno i risultati ed i numeri.

L’Azienda Sanitaria Locale di Frosinone conta più di 4.000 dipendenti e non è semplice da guidare. Per nessuno.

In pochi mesi la nomina di 14 primari e il via libera al piano delle assunzioni. È chiaro che la spinta viene dalla Regione Lazio, dal presidente Nicola Zingaretti che ha fatto dell’uscita dal commissariamento della sanità laziale il suo vero cavallo di battaglia.

Detto questo, però, Luigi Macchitella ci sta mettendo molto del suo. Soprattutto per essere riuscito ad abbassare i toni del confronto tra sanità e politica, quando invece nel recente passato le scintille non erano mancate.

 

Voltando pagina: domani nuova protesta dei disoccupati dell’area di crisi Frosinone-Anagni. Si faranno sentire al Ministero del Lavoro. Il tema è sempre lo stesso: la proroga della mobilità in deroga, per la quale non c’è ancora copertura. Un tema che va avanti da troppo tempo, nella logica di uno scaricabarile che resta lo sport preferito di una classe dirigente sterile, che ama parlarsi addosso perché incapace di decidere sul serio.

Mentre sarebbe arrivato il momento di dire come stanno le cose davvero. Guardando negli occhi le persone. Ma il coraggio della verità richiede una statura politica sconosciuta da queste parti.

 

Tirare a campare non è mai la soluzione vera

Roberto Gervaso, giornalista e scrittore, ha detto che «In Italia il modo più sicuro per conservare il proprio posto è minacciare le dimissioni».

Anche presentarle e poi ritirarle? Non sempre. Anzi, quasi mai. Il sindaco di Cassino Carlo Maria D’Alessandro lo ha fatto in pochi giorni: prima l’addio, quindi il ripensamento. Dopo che nel frattempo le polemiche all’interno della maggioranza erano esplose, dopo che lo stesso primo cittadino aveva lasciato intendere che non sarebbe ritornato sui suoi passi.

Cosa può essere cambiato? Nulla. Semplicemente Mario Abbruzzese, viceresponsabile nazionale degli enti locali di Forza Italia, non può permettersi la caduta del Comune di Cassino.

Carlo Maria D’Alessandro, ingegnere prestato alla politica, proverà ad andare avanti. Però la via è strettissima e piena di ostacoli. Con rapporti personali, oltre che politici, lacerati. Con l’opzione delle dimissioni di massa che comunque resta in campo.

Forse è una questione di cerino in mano, nel senso che la responsabilità politica è di chi assume l’iniziativa finale. In realtà certi schemi sono saltati. È proprio per questo che il Movimento Cinque Stelle e la Lega hanno vinto le elezioni politiche. Prima Forza Italia e Mario Abbruzzese ne prendono atto e meglio è.

Così come ha poco senso continuare a ragionare formalmente di centrodestra, quando poi a livello locale le differenze sono abissali. Ma perché è tanto difficile dirsi con franchezza, in faccia, come stanno effettivamente le cose?

 

Il Parco Matusa e la doppietta di Ottaviani

Prima il nuovo stadio Benito Stirpe, poi (ieri) l’apertura del Parco Matusa. In pochi anni il sindaco Nicola Ottaviani ha centrato una doppietta difficilmente ripetibile sul piano delle opere pubbliche. Dimostrazione di determinazione, tenacia e voglia di lasciare il segno. Perfino di passare alla storia.

Saranno la mascella volitiva, la pelata e il passo marziale a fare la differenza. Scherzi a parte, l’inversione di tendenza nel capoluogo è netta. Certo, poi si può ragionare sul fatto che in consiglio comunale il dibattito lascia a desiderare, che con le opposizioni il muro contro muro è sistematico, che gli stessi assessori faticano a trovare spazio con un primo cittadino che non delega quasi nulla.

E poi diciamola tutta: Ottaviani non si pone l’obiettivo di essere simpatico. Ma questo nulla toglie ad un profilo amministrativo che è sistematicamente organizzato.

 

Quel l’orgoglio condiviso che non c’è mai

Il Parco Matusa è un’opera che dovrebbe rappresentare un pezzo di memoria e di orgoglio condivisi. Invece le polemiche politiche, soprattutto via social, hanno imperversato in questi giorni.

Successe la stessa cosa con la Villa Comunale. In realtà un’opera pubblica appartiene alla città, alla gente che ne usufruisce. Certamente c’è l’input dei sindaci. Fu così per Domenico Marzi, è così per Nicola Ottaviani.

Il dibattito e il confronto fanno parte della normale dialettica democratica. Ad ogni livello. Però dovrebbe esserci sempre un terreno comune. Invece non è così. Tra maggioranza e opposizione è scontro frontale e perenne. Come se la campagna elettorale non fosse mai terminata. Nessuno fa un passo avanti per includere, nessuno tende la mano, nessuno riconosce il ruolo dell’altro.

Alla fine a perderci è il capoluogo.

 

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