Manovra tra Martina e Minniti per affondare Zingaretti

Patto segreto tra Renzi e Orfini. L'ultima disperata manovra per tentare di fermare Zingaretti. Se il governatore del Lazio non raggiungerà il 50% alle Primarie la parola passerà all'Assemblea: lì si uniranno per far eleggere l’ex ministro dell’Interno. La contromossa: puntare al voto delle persone. Per costruire il nuovo Pd.

Simone CANETTIERI

per IL MESSAGGERO

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Correre divisi, per colpire poi uniti. È il piano che in queste ore circola al Nazareno per frenare l’elezione di Nicola Zingaretti alla segreteria del Pd.

Tutto si basa su un calcolo figlio dello scenario che si potrebbe delineare a breve. Con la discesa in campo di Marco Minniti e Maurizio Martina (entrambe ancora da ufficializzare) diventerebbe molto complicato per il governatore del Lazio riuscire a prendere più del 50% dei voti alle primarie del 10 febbraio (la competizione dei gazebo scatta dopo il voto dei circoli e coinvolge solo i primi tre più votati).

 

Così facendo, da statuto, l’elezione del nuovo segretario passerebbe dal voto dell’assemblea nazionale. E qui che si congiungerebbero Minniti e Martina, il primo espressione del mondo renziano e il secondo più vicino all’area di Matteo Orfini.

L’accordo che circola in queste ore in Transatlantico prevede l’elezione a segretario dell’ex ministro dell’Interno, con il segretario reggente, da ieri dimissionario, che farebbe il vice.

I deputati zingarettiani da un po’ hanno fiutato il pericolo: «Se ci sarà una manovra del genere il Pd scenderà intorno al 10%».

L’ACCORDO

Di converso, nel mondo renziano-orfiniano, di fatto la maggioranza che ha governato i dem finora, regna ottimismo: «L’assemblea è sovrana, anzi e non è detto che Zingaretti arrivi primo, Martina al Nord è molto forte», racconta Claudio Mancini, luogotenente di Orfini nella Capitale.

C’è chi fa notare infatti che «Maurizio» e «Marco» sono pronti a dividersi le aree geografiche: Minniti al Sud potrebbe contare sull’appoggio dei dem campani, siciliani e calabresi; al contrario Martina mantiene uno zoccolo duro tra Milano, Veneto e Piemonte. Esempio: la Lombardia esprime, in virtù della popolazione, molti più delegati del Lazio, regno di Zingaretti, che torneranno utili in assemblea.

In questo gioco di correnti il presidente del Lazio può contare sull’appoggio dell’ex premier Paolo Gentiloni e di Dario Franceschini, leader di Area-dem.

Il primo ha detto sabato scorso alla festa del Foglio che presto si schiererà pubblicamente, anche se ha già partecipato a Piazza grande, l’anti-Leopolda di «Nicola» qualche settimane fa. Il secondo, invece, ha auspicato la massima unità, spendendo belle parole per Zingaretti.

Gli orfiniani sono convinti che alla fine si staccherà, i deputati legati al presidente della Regione Lazio pensano di no: «Dario spiegano non rientrerebbe mai in una maggioranza Renzi-Orfini».

Poi c’è Walter Veltroni: il fondatore non si schiera e auspica una soluzione senza traumi. Nel dubbio il 6 novembre presenterà il libro di Minniti con monsignor Angelo Becciu e Gianni Letta.

 

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