Patto Pd-M5S in cinque città: ma la fuga in avanti di Virginia mette tutto a rischio

La Stampa rivela che esiste un piano M5S-Pd per le amministrative. Con cinque grandi città coinvolte ed una road map precisa. Che a Milano tira in ballo l'accordo fra i due Beppe. Ma a Roma la fuga in avanti della sindaca mette tutto a rischio

Federico Capurso Ilario Lombardo per La Stampa

Hanno sperato fino all’ultimo che lei cedesse, in nome di un accordo con il Pd che da Roma si irradiasse nelle altre quattro grandi città che andranno al voto nel 2021. Invece Virginia Raggi non si è fatta fermare da nessuno. Prima ha minacciato di correre da sola e poi, temendo imboscate, con larghissimo anticipo rispetto alla data delle elezioni ha dato l’annuncio che preparava da mesi. Spiazzando tutti.

Così, Beppe Grillo ha dovuto digerire una ricandidatura che aveva tentato di stoppare un mese fa. Lo ha fatto a suo modo, con un sonetto in romanesco e tanta benevolenza: «Virgì, Roma nun te merita».

Quel ‘Daje’ a denti strettissimi

Beppe Grillo e Virginia Raggi “Daje”

La sindaca non si è fatta nemmeno sfiorare dall’indulgenza del consiglio e ha forzato i tempi. Costringendo Grillo a ricalibrare la propria posizione. Un post, una foto di lui che mette una mano sopra le spalle di lei e una sola parola, «Daje». (leggi qui Il ‘Daje’ di Beppe Grillo benedice il terzo giro di Virginia Raggi)

Come per magia, dopo un silenzio lungo quasi un giorno, a ruota si uniscono all’endorsement del Garante molti big del M5S. A partire da Luigi Di Maio: «Virginia Raggi ha bisogno del supporto di tutto il Movimento». Rilancia, costretto, come Grillo, a fare i conti con la fuga in avanti della sindaca.

Raggi rischia di rovinare i piani che hanno in testa Di Maio e il comico. Dopo un recente passato di turbolenze, i due hanno ritrovato la sintonia. L’ex capo politico ha compreso che è meglio restare nella scia di Grillo. Sa che il fondatore del M5S non si schioda dall’idea di rimanere agganciato al centrosinistra, e per questo, assieme, hanno ideato uno schema di accordo da proporre al Pd per le cinque principali città che andranno al voto. Sono Roma, Milano, Torino, Napoli e Bologna.

Cinque stelle per cinque città. Col Pd

Beppe Sala

Ma dopo lo strappo di Raggi, le cose si sono complicate. La sindaca è un osso duro e si è persino messa a dettare condizioni al Pd per un’intesa che, a sentire gli interessati, sembra impossibile.

La speranza è che, di fronte al terrore di arrivare terzi, i dem si convincano a ragionare su una convergenza. In cambio, spiega una fonte che ha parlato con Di Maio, Raggi dovrebbe ingoiare un patto elettorale col Pd. A quel punto il M5S sarebbe disposto a lasciare al centrosinistra Milano, dove è in corsa Beppe Sala, in ottimi rapporti con Grillo, e Bologna.

Mentre su Napoli e Torino, dove i grillini danno per certo l’addio di Chiara Appendino, si tenterà la strada di un candidato comune.

Raggi si trova nel mezzo di una contesa tra Grillo, fautore di un M5S stabilmente nel campo progressista, e Davide Casaleggio, contrario a ogni alleanza.

Il figlio del fondatore, giocando di sponda con Alessandro Di Battista, è diventato nelle ultime settimane il miglior alleato della sindaca. Inoltre sembra aver messo da parte la sua contrarietà a una deroga sulla regola del doppio mandato.

Le Forche Caudine di Rousseau

Rousseau Foto © Benvegnu’ Guaitoli, Imagoeconomica

Anche qui, sul possibile terzo mandato, si giocherà una battaglia importante. La parola finale dovrebbe spettare agli iscritti 5 Stelle sulla piattaforma Rousseau. Tuttavia il fronte vicino a Grillo sta frenando per ritardare il momento del voto. C’è chi invece vorrebbe accelerare, come il deputato romano Francesco Silvestri, considerato tra i più vicini a Raggi. «La possibilità di candidarsi per tre volte esiste già», dice riferendosi al “mandato zero” dei consiglieri comunali. «Solo che alcuni possono, altri non possono. Va uniformata: o tutti o nessuno. E prima possibile».

Passare da Rousseau, infatti, equivarrebbe a un bollino indelebile sulla candidatura. Ritardare il voto, invece, lascerebbe aperti ancora tutti gli scenari. Compreso quello di una candidatura di Raggi con una lista civica, ma senza il Movimento a supportarla. Un gesto estremo, che nessuno si augura. Le ultime parole proferite da Raggi al Fatto, però, non lasciano ben sperare: «Col Pd zero giochi di palazzo».

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