Pd, Renzi all’81%: i due franceschi trionfano. Zingaretti, brutto stop. Onu a Cassino

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Il risultato finale è 81% a Matteo Renzi, 16% ad Andrea Orlando, 2% a Michele Emiliano. Ma l’assemblea degli iscritti al Partito Democratico in provincia di Frosinone ha detto molto altro.

La prima: quando i due Franceschi sono uniti non c’è partita, per nessuno. La seconda: Nicola Zingaretti non è ancora pronto per lanciare una sfida nazionale, il risultato ottenuto nel Lazio impone una riflessione sulle sue ambizioni. Il terzo: a Cassino non era un pesce d’aprile l’annuncio fatto da Alessioporcu.it (leggi qui), la lista unitaria con i candidati di Francesco Mosillo e quelli di Giuseppe Golini Petrarcone è stata schierata. Ma in città le rivoluzioni politiche si fanno dal lunedì al venerdì: il sabato e la domenica c’è la partita e non si va a votare.

 

I DUE FRANCESCHI
Il fronte per Renzi puntava ad un 75%. E’ arrivato all’81%. Ancora una volta, quando a pedalare è il tandem Francesco De AngelisFrancesco Scalia non c’è margine per gli altri. Tanto più se nell’alleanza ci sono il deputato Nazzareno Pilozzi, il segretario Simone Costanzo, il presidente Domenico Alfieri.

Tutti sul carro del vincitore annunciato. Perché le vecchie scuole di Partito insegnavano che i processi si cambiano dall’interno: non ci si candida per andare all’opposizione. Così appare chiara ora la scelta, seppure sofferta, dell’assessore regionale Mauro Buschini che ha detto no all’amico Zigaretti e non l’ha seguito tra le truppe di Orlando. Stesso discorso per il consigliere regionale Marino Fardelli che ha fatto due conti ed è rimasto ancorato a Francesco Scalia.

 

NICOLA NEL PANTANO
Finisce nel pantano Nicola Zingaretti. Questa tornata di voto impone una pausa di riflessione alle sue aspirazioni nazionali nel Pd. Il Lazio doveva essere una delle regioni italiane più orlandiane, considerato che scendeva in campo ufficialmente il Governatore. Invece è stata una delle regioni più renziane.

In provincia di Frosinone Zingaretti non è andato oltre il 16%. A Roma città è andato 25 punti sotto la cordata per Renzi. In provincia di Roma non c’è stata storia. Stesso risultato nella provincia di Latina. Se l’Assemblea doveva essere l’occasione per il lancio verso un ruolo politico nazionale, i numeri dicono che la componente Zingaretti ancora non c’è.

La storia sarebbe stata diversa se invece di schierarsi con Orlando, Zingaretti fosse rimasto su posizioni filo-renziane. Avrebbe potuto contare su appoggi pesanti come quelli di De Angelis e Buschini. Collocatisi invece con gli Orfiniani quando è stato chiaro che il Governatore avrebbe fatto una scelta diversa da quella destinata a vincere.

 

CASSINO E LE SUE ANOMALIE
Tutti pensavano che fosse un pesce d’aprile. Invece la lista unitaria per Renzi è stata fatta davvero. Mettendo insieme i candidati di Mosillo e quelli di Petrarcone, che restano ancora talmente distanti da rischiare di dare vita a due circoli separati nella stessa città.

La svolta pare che sia arrivata nel tardo pomeriggio del 31 marzo: quando Francesco De Angelis e Domenico Alfieri si sono appartati e si sono seduti l’uno di fronte all’altro. Ci hanno meso un po’ ma sono riusciti ad intavolare una discussione: erano gli unici che potevano farlo, vengono dalla stessa scuola politica e ancora oggi parlano la stessa lingua. A sgomberare la strada poi hanno contribuito Simone Costanzo e Marino Fardelli.

Il voto a Cassino è avvenuto in un clima surreale. Mancavano solo i Baschi Blu dell’Onu e gli osservatori dell’Ue: il seggio è stato presidiato dai giornalisti, hanno contato uno ad uno i votanti e verificato se arrivassero a gruppi, in carovana o da soli. Esaminato se ci fossero gruppi originari dell’Est o immigrati appena sbarcati e colti dall’irrefrenabile desiderio di tesserarsi con il Pd. Ma nulla di tutto questo è avvenuto.

L’unica anomalia sta nei 471 votanti a fronte di circa 1100 iscritti con la tessera che odora ancora d’inchiostro. Di corsa a tesserarsi e poi dopo una settimana non vanno a votare. Del resto, Marcello Marchesi avvertiva che in Italia le rivoluzioni si fanno dal lunedì al venerdì, poi il fine settimana c’è da accompagnare la moglie a fare la spesa e da vedere la partita. Figuriamoci se c’è tempo per votare.

Fatta questa premessa, quel 41% di votanti ha un senso: è sotto la media ma non di tanto. Non è un dato così ridotto da autorizzare a pensare ad un tesseramento farlocco: l’anagrafe è stata certificata da tutti i gruppi.

Per la cronaca è finita: 85% Renzi, 8,5% Emiliano, 6,5% Orlando.

 

LA SFIDA NELLA SFIDA
A Cassino il boom di Emiliano ha un significato. Su quella mozione si è contato l’immobiliarista Salvatore Fontana. Mentre con la bandiera di Orlando ha fatto la corsa l’ex presidente del Circolo cittadino Mauro Lillo. Insieme possono contare sul 15%: abbastanza per poter dare l’aut aut all’ex consigliere provinciale Alessandro D’Ambrosio. Nelle prossime ore potrebbero decidere di rompere l’asse che fino ad oggi li ha visti con Fardelli e Petrarcone: possono accusarli di essersi alleato con il nemico giurato Mosillo. E di non essere più credibili. Le prossime ore saranno decisive.

IL GRAZIE DI COSTANZO
Il segretario provinciale Simone Costanzo non festeggia per il risultato. Ma ringrazia tutti i volontari, di tutte le mozioni, per l’entusiasmo e la capacità di discussione. Soprattutto per la passione con cui hanno garantito il odibattito politico. Sono loro il vero valore aggiunto per il Partito Democratico.

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