Il bluff dei Cinque Stelle ha stancato Zingaretti

FOTO © BENVEGNU' GUAITOLI

Sulle alleanze il tema non è il no a Virginia Raggi ma l’indisponibilità penta stellata in Regioni chiave come la Puglia e le Marche. E adesso Zingaretti pensa ad una coalizione di centrosinistra, ma i leader delle varie aree devono uscire dall’equivoco.

C’è molto di più che il solo no a Virginia Raggi per le comunali di Roma. Almeno al primo turno, perché poi in un’eventuale ballottaggio il Pd non potrebbe mai sostenere il candidato della destra. Però nel ragionamento politico di Nicola Zingaretti c’è un manifesto di medio e lungo periodo. Che punta su questa premessa: l’alternativa ad un governo della destra guidato da Matteo Salvini o Giorgia Meloni resta soltanto il Pd.

Le possibili alleanze con i Cinque Stelle non sono delle certezze e non lo sono perché i pentastellati hanno chiuso molte porte ovunque. Prima ancora del ribadito “no” di Zingaretti alla Raggi. (Leggi qui Raggi, nuovo No di Zingaretti. Bugani: “Non capisce una mazza”).

Va ricostruito il centrosinistra, sul modello dell’Ulivo, nella società. I Democrat da soli non possono farcela, hanno bisogno di alleanze, ma hanno bisogno ancora di più di recuperare ceti sociali, mondi culturali e produttivi, universi di lavoro.

GIOVANNI GOSTOLI

D’altronde in due Regioni “chiave” come la Puglia e le Marche i Cinque Stelle hanno confermato che andranno con i loro candidati. E allora il Pd ha risposto. Con un post su Facebook del segretario regionale del Pd Marche Giovanni Gostoli. Il quale ha scritto: “Adesso è più chiaro a tutti: il M5S delle Marche è in mano a fanatici e nostalgici del governo con la Lega. È per questo che ancora una volta chiudono le porte ad un’intesa con il centrosinistra, ma vinceremo comunque perché in tanti, delusi dal Movimento, sono già con noi”.

Aggiungendo: “Con umiltà e responsabilità noi ci siamo impegnati per unire progetti, persone e valori nell’interesse delle Marche – aggiunge -. Siamo sempre stati aperti a discutere di programmi e di cose da fare, anche con il M5s. Le condizioni per realizzare un’intesa c’erano tutte. Eravamo partiti per tempo, già un anno fa, con un confronto nel territorio che sarebbe andato a buon fine, ma purtroppo è stato bruscamente interrotto a dicembre con una decisione calata dall’alto da Di Maio”. (leggi qui)

Nicola Zingaretti si aspetta un Pd unito per il prossimo futuro, quando si dovrà decidere come mettere insieme una coalizione e con chi. I vari Dario Franceschini, Lorenzo Guerini, Andrea Marcucci e tutti i big delle componenti più spostate al “centro” dovranno decidere. Perché rimanere con questo tipo di assetto con i Cinque Stelle non porta da nessuna parte.

LUIGI DI MAIO

Neppure Luigi Di Maio governa tutte le anime del Movimento. E ancora ieri sera, dopo il niet alle richieste del Pd in Puglia e nelle Marche, Luigi Di Maio ha detto: “Mancano poche ore alla presentazione delle liste e ritengo sia opportuno investire ogni energia per trovare degli accordi laddove sia possibile. L’ascolto dei territori, come ho ribadito in più occasioni, resta la priorità”. Segno che il Movimento continua a “giocare”, a ondeggiare. Il Pd non può permetterselo più. E non può permetterlo più.

Nicola Zingaretti a Vito Crimi (capo politico dei Cinque Stelle) ha detto anche: “Nei sistemi a doppio turno si faranno nelle città le scelte che si dovranno fare. Ciò che penso su Roma si sa, ed è una opinione di tutto il Pd: a Roma serve voltare pagina e costruire una grande alleanza di rinnovamento che ridia a Roma quello che merita, e questo non coincide con l’attuale sindacatura, che anzi, io credo, sia stata il principale problema di Roma degli ultimi anni”.

NICOLA ZINGARETTI. FOTO © CARLO LANNUTTI / IMAGOECONOMICA

Cioè: se ad un eventuale ballottaggio il candidato del centrosinistra dovesse rimanere escluso, allora certamente i Dem non daranno indicazioni di votare per l’esponente del centrodestra. E’ una lezione di realpolitik alla Indro Montanelli: “Turiamoci il naso e votiamo Dc.

Ma la linea del Pd di Zingaretti è autonoma e lontana da quella dei Cinque Stelle. Questo è il caposaldo. Ora però nei Dem tutti facciano sapere come la pensano. Perché l’eterno bluff dei Cinque Stelle sulle alleanze non regge più. Nicola Zingaretti è stufo.