Pd, la tempesta perfetta

Il siluro di Matteo Renzi: “L’alleanza tra Dem e Cinque Stelle destinata a fallire”. L’isolamento di Giuseppe Conte: scaricato da Beppe Grillo su simbolo e rinnovamento, “bombardato” da Davide Casaleggio e sfidato dai colonnelli pentastellati. Sta valutando di lasciare. L’attacco di Carlo Calenda: “Le primarie a scomparsa lontanissime dai cittadini”. La candidatura di Zingaretti a Roma si allontana di brutto.

In un’intervista al quotidiano La Repubblica, Matteo Renzi, leader di Italia Viva, ha detto due cose. La prima è che l’alleanza tra Pd e Movimento Cinque Stelle è destinata a franare. La seconda che Giuseppe Conte potrebbe presto lasciare i pentastellati, gettando la spugna relativamente all’incarico di guidare il Movimento. Una possibilità in realtà molto concreta, considerando le difficoltà oggettive che l’ex avvocato del popolo sta incontrando. Si tratterebbe di una tempesta perfetta sul Partito Democratico ed i suoi piani.

La tempesta su Conte

Il presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte

Giuseppe Conte nel giro delle ultime ore ha dovuto incassare pesantissimi colpi da ko. Beppe Grillo ha detto no alla sua richiesta di inserire nel simbolo il nome (Conte) oppure la formula (Con Te). Ma soprattutto ha detto no alla possibilità che il Movimento assuma un profilo progressista e aderisca, in Europa, al Partito Socialista Europeo. Questo perché tra i pentastellati le opzioni maggiori sono due: o con gli Ambientalisti o con Alde. Il tutto mentre Davide Casaleggio continua a bombardare il quartier generale dei Cinque Stelle e di Conte. (Leggi qui Così Virginia ha incartato Letta e Conte).

L’ex premier da settimane si confronta soltanto con David Sassoli e Goffredo Bettini. Entrambi del Pd. Inoltre i colonnelli del Movimento Cinque Stelle hanno fatto capire chiaramente che non cederanno di un millimetro. Giuseppe Conte è all’angolo.

Ma c’è un altro elemento che sta facendo riflettere molto l’ex premier. All’evento per il ricordo della figura di Gianroberto Casaleggio in tre hanno dominato le scene: Beppe Grillo, Alessandro Di Battista e Antonio Di Pietro. Un segnale più forte e chiaro di questo “contro” Conte non poteva esserci.

I colpi di Calenda

Carlo Calenda

Spostandosi a Roma, l’europarlamentare e leader di Azione Carlo Calenda ha scritto: “Non siamo un Partito che decide i candidati da Roma, siamo un Partito – aveva detto Enrico Letta in Assemblea Pd – che crede nella forza dei territori, del rispetto per le scelte dei territori. Stiamo dando aiuto ai territori, con la possibilità di usare lo strumento delle primarie, che a me piace, per rendere più forte la scelta e la nostra capacità nella campagna elettorale”.

Poi ha aggiunto: “Contrordine compagni e amici. Le primarie non sono più intoccabili ma diventano duttili. Si possono fare e o non fare, oppure si possono svolgere dove conviene mantenere il potere e non altrove. In sostanza una sorta di primarie “a scomparsa” mentre le città, i loro problemi e i bisogni dei cittadini possono anche passare in secondo piano”.

Il Pd si trova con l’alleanza con i Cinque Stelle in bilico, con Carlo Calenda che non cederà il passo e con Matteo Renzi che sta pensando ad altre aggregazioni. In queste condizioni la candidatura a sindaco di Roma di Nicola Zingaretti è come la scalata del Tourmalet per i ciclisti al Tour de France.