Pd, Zingaretti parte, Minniti riflette, Renzi non ci crede ancora

Via alla grande scalata verso la segreteria nazionale Pd. Zingaretti atteso a Bologna. Minniti ci pensa e scioglierà la riserva il 9 novembre: quando si saprà se l'Ue avrà bocciato i conti. Intanto Renzi si prepara alla possibilità di una scissione.

Nicola Zingaretti ha già scaldato i motori. La prossima settimana ingrana la prima e da Bologna farà partire la prima tappa del suo tour che si concluderà con il Congresso Nazionale Pd.

Marco Minniti invece è ancora ai box e studia il percorso. Viene dalla stessa scuola di Zingaretti: è stato segretario del Pci nella piana di Gioia Tauro, segretario della Federazione di Reggio Calabria, primo segretario regionale PdS della Calabria. Agisce di testa, governa la pancia. Difficilmente annuncerà la sua discesa in campo durante la Leopolda: troppo presto. Meglio il 6 novembre: al lancio del suo ultimo libro, quando già si saprà se l’Ue avrà accolto o fatto a stracci la manovra economica del governo Lega-M5S, se le agenzie di rating avranno già svalutato i titoli italiani.

Matteo Renzi non viene dalle sezioni del Pci. E nemmeno ha frequentato quelle della Dc. Ma ha una straordinaria predilezione per la battuta efficace. Inversamente proporzionale alla sua capacità di fare squadra e quindi di essere leader politico. Lui il suo colpo di genio lo ha già tirato fuori dal cilindro: nel fine settimana, alla Leopolda annuncerà la fondazione dei Comitati di resistenza Civile contro il Governo.

 

Nikola di Germania

Vola alto, il Governatore del Lazio. In mattinata su Twitter commenta le elezioni in Baviera. E dice che «Dalla Germania arriva un ennesimo segnale: la voglia di cambiare il modello di sviluppo e di giustizia è fortissima. La possono interpretare i populisti ma la può interpretare anche chi nel campo della sinistra ha la voglia e la capacità di cambiare. Il nostro compito».

In Italia parla di elezioni primarie. Gli domandano in tv se ci saranno le primarie. Lui risponde «Io penso di sì e mi sembra che ce ne sia un gran bisogno».

La presenza dell’ex premier Paolo Gentiloni e del leader di AreaDem Dario Franceschini a Piazza Grande domenica (leggi qui La Piazza Grande di Zingaretti dice «C’è un modello alternativo all’odio») sono state un viatico «Gentiloni mio supporter? Il fatto di essere lì, mi sembra una apertura di credito. Poi come lo farà bisogna chiederlo a lui, io penso che ci sia una grande sintonia nella voglia di cambiare insieme».

 

Calenda vuole Gentiloni

Di Paolo Gentiloni ha parlato ieri anche Carlo Calenda. Lo ha fatto indicandolo come il federatore ideale del grande raggruppamento che l’ex ministro sogna: dai liberali in fuga da Forza Italia fino al Pd.

«Se si crea quello che io chiamo fronte repubblicano, e lo facciamo alle elezioni europee per difendere i nostri valori, secondo me possiamo riconquistare un pezzo di elettorato importantissimo. Che il segretario sia Minniti o Zingaretti o chi altri».

Il leader, nella visione globale di Calenda, è l’ex presidente del Consiglio dei Ministri. «Secondo me Gentiloni dovrebbe lasciare il Parlamento e guidare questo fronte».

Non è la prima volta che si ipotizza di un impegno europeo per Gentiloni. Tempo fa nel Partito Socialista Europeo (Pse) si parlava della possibilità di proporre il suo nome come candidato presidente della commissione Ue.

Ma Gentiloni aveva subito declinato l’offerta. Dicendosi «onorato e lusingato» ma «io mi sento impegnato in Italia».

 

Renzi ritorna al futuro

Il prossimo fine settimana sarà quello della Leopolda. Oggi Matteo Renzi ha dedicato la sua newsletter settimanale a spiegare il programma della nona edizione: lo slogan scelto è ‘Ritorno al Futuro‘ e sulla locandina campeggia una DeLorean, l’auto resa immortale dalla celebre pellicola.

Il programma prevede che ad aprire i lavori siano Renzi e l’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Sarà il primo effetto speciale: Padoan farà a pezzi la manovra economica messa a punto dal governo Salvini-Di Maio. Spiegherà perché ci riempie di debiti. Presenterà una contro-manovra.

«Probabilmente – è scritto nella newsletter – i signori del Governo non ci ascolteranno, ma noi mostreremo pubblicamente agli italiani come si potrebbe evitare di penalizzare i lavoratori e favorire gli speculatori come loro stanno facendo».

Quindi un format che torna alle origini con il ‘gong’ per i 5 minuti di intervento dal palco e pochi big presenti. Renzi ribadisce che non si parlerà di congresso dem e conferma che ci sarà la presentazione dei comitati civici.

 

Prove di scissione Dem?

Cosa sono i Comitati Civici di resistenza al Governo? Il sospetto è che possano essere un embrione di qualcosa di diverso dal Pd.

L’ex-premier la spiega così: sabato pomeriggio alla Leopolda ci sarà «la presentazione, con Ivan Scalfarotto, dei comitati civici, comitati di resistenza civile contro la mediocrità e la banalità del Governo».

Cosa sono. «Comitati per tornare al futuro e farlo di corsa prima che si abbatta sull’Italia lo tsunami causato dalla spaventosa incapacità grillo-leghista. Chiederemo a tutti di aprire un comitato civico coinvolgendo anche e soprattutto persone fuori dall’impegno politico».

La profezia di Matteo Renzi è legata alle cifre della legge di Finanza che è stata messa a punto in queste ore. È convinto che una volta svelata la vera consistenza della manovra «ci sarà una sollevazione popolare contro l’incapacità di questo Governo: una sorta di marcia dei quarantamila quarant’anni dopo. La gente che lavora, che risparmia, che vuol bene all’Italia deve farsi sentire. E i comitati civici saranno uno strumento in questa direzione».

 

Ma che magni: Pane e Apocalypse now?

Intanto, a Roma Roberta Lombardi – che nei fatti governa con la maggioranza di Zingaretti in Regione Lazio – deve salvare le apparenze. E rispedire al mittente le cose dette domenica da Nicola Zingaretti nel corso di Piazza Grande.

«Scopro – scrive su Twitter – che la grande ambizione politica di Zingaretti per la sua corsa alla segreteria del Pd è ‘disarticolare il M5s’. Non c’è che dire: lo sfascio e’ proprio nel Dna del Pd e della Sinistra. Ma che ve’ magnate a colazione? Pane e Apocalypse now?!».

 

Fuori dalla Sanità

Dal Governo invece si preparano a far mettere in discussione la fuoriuscita del Lazio dal piano di risanamento della Sanità. Nei mesi scorsi la Corte dei Conti ed i vari ministeri hanno certificato come ora i conti della Sanità nel Lazio abbiano finalmente le briglie.

Il Governo in serata ha approvato il testo in cui vieta ai presidenti di Regione la possibilità di ricoprire anche l’incarico di Commissario per il risanamento della Sanità nella loro regione.

Un provvedimento al quale plaudono i consiglieri regionali M5S del Lazio. Dicendo: «Finalmente finisce l’epoca della doppia casacca per i presidenti delle Regioni che, come Zingaretti per la Regione Lazio, si sono trovati contemporaneamente, in qualità di commissari, a porre rimedio ai disastri provocati dalla loro stessa gestione politica nella veste di governatori, in pieno conflitto d’interessi».

In realtà la Storia dice altro. E cioè che i debiti si sono accumulati per decenni: complice il fatto che i bilanci Asl non dovessero entrare nel bilancio della Regione; poi quando è diventato obbligatorio (primo anno della gestione Marrazzo) si è scoperto un cratere profondo 10 miliardi.

Per il M5S Nicola Zingaretti «ha ampiamente abusato a partire dal 2013 del serbatoio di voti e clientele prodotti dal commissariamento. Un caso esemplare del paradossale modus operandi del Pd».