Perché il popolo del Partito Democratico non sopporta più Matteo Renzi

L’ex premier “rassicura” Salvini e Di Maio: “Non vi siete liberati di me”. E il governo penta stellato ritrova il sorriso. Ma se davvero il senatore ritiene che milioni di persone non l’hanno capito, allora che trovi il coraggio di sfidare in prima persona Nicola Zingaretti. Leopolda contro Piazza Grande: senza nascondersi dietro altri candidati che risponderebbero a lui

Ieri da Firenze Matteo Renzi ha voluto rassicurare il governo pentastellato, affermando: «Pensano di essersi liberati di me, ma si sbagliano».

Ogni volta che l’ex presidente del consiglio esterna, i Democrat perdono punti nei sondaggi e Movimento Cinque Stelle e Lega si compattano.

 

 

L’ostinazione di Matteo

Qualunque altro leader del maggior partito della sinistra che avesse perso un referendum costituzionale, amministrative a raffica (con molte roccaforti cadute, senza considerare le batoste a Roma e Torino), regionali e politiche, sarebbe scomparso dai piani alti della dirigenza.

Chiunque altro avesse fatto segnare un tracollo dal 40% al 18% avrebbe fatto almeno dieci passi indietro.

Non si capisce l’ostinazione a voler riproporre all’infinito un modello bocciato dagli elettori, ma soprattutto dal popolo del Partito Democratico. Un partito che ha avuto anche una scissione.

 

L’identità smarrita

I Dem hanno perso milioni di voti, smarrendo un’identità politica che per decenni si è consolidata sul mondo del lavoro e della scuola, sulla lotta alle diseguaglianze, sul contatto con le parti più deboli della società. Ma pure sulle alleanze nel campo del centrosinistra e sulle prospettive europee.

Un esempio su tutti: sul tema dell’immigrazione per anni il Pd ha inseguito la destra. Con il risultato che quando si è trattato di scegliere tra l’originale e la copia, gli italiani hanno scelto l’originale. Cioè l’altro Matteo, Salvini. Mentre altri hanno preferito votare per i Cinque Stelle.

Il Pd è condannato all’irrilevanza se non inverte davvero la rotta in tempi rapidi.

 

Se ci credi, candidati

Ma se proprio Matteo Renzi crede che milioni di persone si sono sbagliate e che lui è la soluzione ai problemi del Paese e del Partito, allora si candidi in prima persona. Non si nasconda dietro figure magari autorevoli e prestigiose, che però non avranno l’agibilità politica necessaria perché sarà sempre lui l’azionista di maggioranza. Come è successo quando Maurizio Martina aveva dato precisi segnali di apertura a Roberto Fico circa la possibilità di un accordo di governo con i Cinque Stelle.

Sfidi Nicola Zingaretti in campo aperto, con delle primarie che coinvolgano quanta più gente possibile. Con una mobilitazione vera e non limitata ai dirigenti e ai quadri del Partito.

Si aprano le porte della partecipazione agli elettori, magari pure a quelli che hanno votato Cinque Stelle. O a chi è rimasto a casa. In ballo c’è il futuro del Partito Democratico, una forza politica che ha una vocazione europea e che non può abdicare al proprio ruolo.

 

La colpa è sempre degli altri

Matteo Renzi non può continuare a ripetere (e a far ripetere) che la responsabilità della sconfitta non è soltanto sua o che l’unico problema è stato rappresentato dal non aver saputo comunicare i risultati ottenuti. Non è così.

Certamente una larga fetta di classe dirigente ha sostenuto le sue scelte, ma quando si perde è il capo che sopporta il peso della sconfitta. Così come il capo è salito sugli altari dopo il 40% delle europee.

Inoltre, le decisioni assunte sui temi del lavoro (vogliamo parlare dell’articolo 18?), della sicurezza o dell’immigrazione non avevano neppure una venatura di sinistra.

 

Il Pd renziano si è perso il popolo per strada, ha inseguito la destra e, quando si è voltato, ha scoperto di aver perso la sinistra.

Ma se non è andata così, allora sia Matteo Renzi a confontarsi con Nicola Zingaretti. La Leopolda contro Piazza Grande. Ma che a decidere sia il popolo del Pd e del centrosinistra. Non il nuovo Politburo.

error: Attenzione: Contenuto protetto da copyright