Perché l’allenza Pd-5 Stelle non funziona. Anzi, non c’è

Nicola Zingaretti ha creduto poco agli straordinari successi ottenuti in Emilia Romagna, Campania, Puglia e Toscana. L’intesa nel Lazio non può bastare e a Roma incide soltanto la Raggi. Troppo poco per pensare ad una coalizione.

Per Nicola Zingaretti il Pd non ha alcuna possibilità di essere competitivo con il centrodestra se non stipula un’alleanza seria e stabile con il Movimento Cinque Stelle. Enrico Letta sembrava pensarla diversamente, poi però sembra aver cambiato idea. L’accordo sulla candidatura a sindaco di Napoli tra Dem e pentastellati (il designato è l’ex ministro Gaetano Manfredi) sembra andare in questa direzione. Ma è proprio così? (Leggi qui Il tarlo nella mente di Zingaretti: vincere Roma o salvare il Pd).

I fatti dicono di no

A gennaio 2020, prima che il Covid cambiasse tutto, il Partito Democratico di Nicola Zingaretti, con il sostegno decisivo delle Sardine, vinse in Emilia Romagna, con un’affermazione personale forte di Stefano Bonaccini. Quella era la linea del Piave, perché Matteo Salvini e l’intero centrodestra effettuarono uno sforzo enorme per cercare di far cadere la roccaforte rossa.

L’unica volta che Pd e Cinque Stelle si sono presentati uniti, in Umbria, è stata una Caporetto.

Nel settembre 2020 tutti gli addetti ai lavori prefiguravano il trionfo del centrodestra e la sconfitta del Pd. Invece i Democrat vinsero in Campania (Vincenzo De Luca), in Puglia (Michele Emiliano), in Toscana (Eugenio Giani). In tutti e tre i casi senza il Movimento Cinque Stelle. Anzi “contro” il Movimento Cinque Stelle, che presentò suoi candidati. Sono stati successi dei Governatori, ma anche e soprattutto di Nicola Zingaretti. Il quale, da segretario del Pd, non ha saputo capitalizzare quel trionfo.

Il ruolo delle correnti Pd

Nicola Zingaretti e Giuseppe Conte. (Foto: Filippo Attili / Imagoeconomica)

Zingaretti è rimasto in balia delle correnti e si è ostinato a blindare il premier Giuseppe Conte, lanciandolo addirittura come nuovo federatore del centrosinistra. Tipo Romano Prodi. Quando Matteo Renzi ha disarcionato l’avvocato del popolo, favorendo l’ascesa di Mario Draghi, Nicola Zingaretti è rimasto sulla posizione di massimo sostegno a Conte. Ma quella era la posizione di Goffredo Bettini. Come è andata a finire lo sappiamo tutti. Nicola Zingaretti si è dimesso da segretario nazionale del Pd e Giuseppe Conte non riesce a prendersi la leadership dei Cinque Stelle.

Alla Regione Lazio Zingaretti ha fatto entrare in giunta due assessore dei Cinque Stelle, Roberta Lombardi e Valentina Corrado. Ma poi, quando si è trattato di definire la candidatura a sindaco di Roma, nulla ha potuto contro la partita vincente giocata da Virginia Raggi.

Sì, in questi anni i Cinque Stelle hanno condiviso la responsabilità di governo nel Lazio. Ma il Lazio non è l’Italia. E soprattutto, alla prova dei fatti, l’alleanza tra Pd e Cinque Stelle non funziona. Roberta Lombardi, come Paola Taverna e Roberto Fico, non ha il controllo politico dei Cinque Stelle. Neppure Giuseppe Conte lo ha. Vito Crimi solo in parte. Alessandro Di Battista è andato via, Luigi Di Maio si sta rifacendo il look a colpi di abiure sul tema del giustizialismo.

Il leader più forte dei Cinque Stelle in questo momento è Virginia Raggi. Che gioca di sponda con Davide Casaleggio. Ecco perché Nicola Zingaretti ha sbagliato le analisi degli ultimi mesi. L’alleanza Pd-Cinque Stelle non funziona. Anzi, non c’è.

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