Perché Nicola Zingaretti vuole prendersi il Partito Democratico

A Piazza Grande il presidente della Regione Lazio ha voluto far capire a tutti che non accetterà mediazioni e che intende riportare i Dem a Palazzo Chigi. Non ha fatto distinzioni tra Salvini e Di Maio per spuntare le armi di Renzi.

Vuole la segreteria nazionale del Pd e lo ha ribadito concludendo la due giorni di Piazza Grande. Nicola Zingaretti sa che le prossime tre settimane saranno fondamentali e intende giocarsi le sue carte fino in fondo. Venerdì, sabato e domenica a Firenze ci sarà la nona edizione della Leopolda e Matteo Renzi dirà la sua. Nel frattempo attende il sì di Marco Minniti per corsa alla leadership Democrat.

 

Non è un caso che l’ex premier Paolo Gentiloni, proprio nella platea di Zingaretti, ha detto che il congresso non può e non deve trasformarsi in una guerra tra le correnti. Gentiloni sta anche cercando di dissuadere Minniti dallo scendere in campo.

Comunque vada, Nicola Zingaretti non farà passi indietro. E da Piazza Grande ha voluto mandare un messaggio preciso a tutti, attaccando sia la Lega che il Movimento Cinque Stelle. Spiegando che esiste un modello alternativo all’odio, soprattutto sull’immigrazione. (leggi qui La Piazza Grande di Zingaretti dice «C’è un modello alternativo all’odio»).

 

Ma non soltanto, perché da Piazza Grande sono arrivati pure altri input: piena solidarietà alla famiglia di Stefano Cucchi, difesa della legge sull’aborto, richiesta di verità sulla morte di Giulio Regeni, rivendicazione dello ius soli. Insomma, tante cose di sinistra.

Nicola Zingaretti ha spostato l’asse proprio a sinistra, perché è da lì che il Pd può e deve riprendere il cammino. Per questo ha detto: «L’Italia ha bisogno di due cose: di crescere e di giustizia. Chi ha vinto il 4 marzo lo ha fatto perché ha promesso, ma chi ha vinto ha tradito le promesse e sta lasciando alle nuove generazioni un Paese più povero e ingiusto. Molti cominciano a sospettare, vedendo l’atteggiamento isterico e fanatico dei loro leader. Quello che manca è qualcuno che lo dica, costruisca un progetto e li mandi presto a casa. Non sarà facile, ma io vi prometto che ce la faremo tutti insieme».

 

Non ha fatto distinzioni tra Lega e Cinque Stelle, anche per levare qualunque tipo di arma a Matteo Renzi, che lo aveva accusato di essere stato troppo morbido nei confronti dei Cinque Stelle.

Inoltre, attaccando Luigi Di Maio e Matteo Salvini ha dato una prospettiva politica sia alla base che alla classe dirigente del Pd.

 

Nessuna polemica interna, se si eccettua il richiamo alla fine dell’egocrazia. Ma questo era scontato, considerando che il Partito Democratico viene da una serie micidiale di sconfitte, politiche ed amministrative. Non si può perlomeno non cambiare l’allenatore.

Anche perché, a fine mese ci sarà il giudizio della agenzie di rating sul debito dell’Italia. In caso di bocciatura di due punti nulla può essere escluso. Neppure una crisi di governo.

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