Petardo – Schlein, ma la bomba sta in mano a Franceschini

L'errore di Elly Schlein è quello di non avere fatto la Elly Schlein. L'impietosa analisi di Renzi. Che mette a nudo un'evidenza. Così, se salta il Segretario salta il Partito, se resta i riformisti non toccano palla

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Come sempre accade nei fatti in cui essere lucidi costa nulla perché non lo stai facendo a casa tua, l’analisi più cruda del dopo voto amministrativo e della sconfitta del Pd l’ha fatta Matteo Renzi. Nel caso del leader di Italia Viva poi vale la regola di upgrade per cui egli parla di cose che una volta erano cose di casa sua. E siccome il Pd in certe cose è più ortodosso dei quaccheri, molte delle cose e delle persone di cui Renzi parla sono tema noto in punto di esperienza scientifica. Il dato generale, anche a fare la tara all’autarchia degli eventi elettorali locali, è che i nodi stanno venendo al pettine.

E che sono tutti i nodi di un Partito Democratico amletico e sperso fra la polarizzazione dello scontro per recuperare una certa base e la necessità di smussare gli angoli per tenersi una fetta. Una grossa fetta, quella che Elly Schlein non la voleva al vertice del Nazareno perché alle favole pop preferisce ormai la narrazione scialba ma efficace delle socialdemocrazie di fegato grosso e ugola scarna che comunque oggi non vanno più di moda e le stanno prendendo un po’ dovunque.

Ve lo avevo detto

Matteo Renzi (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Ovvio che l’analisi di Renzi risente del fascino di una straordinaria opportunità pubblicistica per quella sinistra mezza dorotea di cui egli è profeta. Quindi il tono è quello de “ve l’avevo detto” incentivato dalla verve saputa e nerd del personaggio. Tuttavia nel merito le pieghe restano poche.

Renzi le cose che aveva da dire le ha dette a Il Giornale, non proprio un house-organ della sinistra barricadera. Quindi l’effetto burro e alici ne è uscito potenziato: “Elly Schlein funziona per vincere le primarie, ma – come sempre – chi rappresenta la sinistra massimalista entusiasma la curva degli ultras e poi perde tutte le elezioni, anche quelle condominiali“. Poi la metafora pirotecnica in cui si mescolano lazzo e radiografia: “Il petardo Schlein ha fatto recuperare qualche tessera in sezione e qualche copia in edicola. Ma alla fine fare politica richiede talento e coraggio delle scelte: l’armocromista non ti salva se non hai un progetto per il Paese“.

Il respiro breve del cerchiobottismo

Elly Schlein (Foto: Fred Marvaux © Eu Press Service)

Ma cosa significa oggi esercitare il diritto di critica su una Segretaria che ha chiesto tempo per registrare un motore ma non ha ancora detto dove correrà la macchina? Innanzitutto che probabilmente quello su cui Schlein ha sbagliato non è stato affatto voler corteggiare l’elettorato radicale seguendo una semplice equazione fra numeri persi da recuperare all’esterno e numeri da perdere all’interno per arrivare a quel recupero. No, quello in cui Elly Schlein ha sbagliato è stato esattamente non aver seguito quella linea fino alla fine.

Ci sono condotte politiche che hanno il dono della santità e che portano messe anche in termini di credito, ma sono condotte che non perdonano chi provasse ad attuarle in punto di cerchiobottismo. Da fine febbraio la Schlein ha detto tutto ed il contrario di tutto e si è talmente esercitata nel lessico della mediazione da scontentare praticamente tutti: chi la voleva pasionaria e sperava di averne trovata una e chi l’avrebbe voluta satrapa ed ha sperato che alla fine anche a lei toccasse una Canossa che azzoppasse il personaggio ma non il Partito.

Perciò Renzi ha ragione nel parlare di un “petardo”. Ce l’ha nella misura in cui la bomba Schlein non è deflagrata, non al punto tale da calamitare masse di elettori. Ha fatto un botto loffio che ha solo armato la mano dei cacciatori di scalpi delle correnti Dem.

Realtà e narrazione

Giorgia Meloni

Questo non significa affatto dare ragione e tutto tondo a Renzi per cui “la stampa di sinistra prima o poi dovrà fare i conti con la realtà e non con la narrazione. L’alternativa a Giorgia Meloni o sarà riformista o non sarà”. L’alternativa a Giorgia Meloni può vivere e prosperare benissimo nel massimalismo, ma deve avere piena contezza del fatto che quella dello scontro ruvido è una strada in cui restare a saltellare sul fosso in attesa di un salto che pare non arrivi mai. È quella senza uscita, perché non ti vota chi credeva nel cambiamento e non ti vota chi il cambiamento non lo voleva per nulla.

E quella strada piena di cocci non lo è solo per Elly Schlein, ma anche per chi l’aveva innescata. Ogni dinamite ha il suo Alfred Nobel e Dario Franceschini è stato quello che più di tutto ha voluto che la mina venisse posata. Qui Renzi è stato pavone ma realista: “Franceschini si rende conto che far saltare oggi Schlein significa far saltare il Pd. È anche vero che mantenere Schlein significa lasciare i riformisti in un Partito dove non toccano palla“. Insomma, il Pd è a un bivio strano e ad un punto sadico in cui le sorti di pilota e macchina sono saldate. Un bivio in cui o chi lo guida diventa tuta blu e la pianta con le supercazzole oppure chi delle supercazzole è stato profeta sarà costretto a parlare finalmente alle tute blu ma senza poter più parlare come una solida sinistra europea.

Come si innesca la bomba politica

Matteo Renzi (Foto: Marco Ponzianelli © Imagoeconomica)

Dal canto suo Renzi, che la verve del suggeritore cinico ce l’ha sempre avuta, si fa audace ed azzarda un consiglio: “Il modo per attaccare Meloni è chiederle conto delle sue contraddizioni, non gridare al fascismo. Perché non c’è il fascismo alle porte. E sarà bene che se ne facciano una ragione anche i protomartiri della tv che hanno raccontato di lasciare la Rai in nome della democrazia. In realtà vanno solo a fare cose diverse o pagate meglio“.

Viene in mente la definizione di audacia data da Ambrose Bièrce nel suo impagabile Dizionario del diavolo: “Una delle più notevoli qualità dell’uomo quando è in una posizione inattaccabile“.