La Piazza Grande di Zingaretti dice «C’è un modello alternativo all’odio»

Foto: @piazzagrandeNZ

Piazza Grande lancia il modello Zingaretti: niente odio, un'alternativa è possibile. La figlia di Martin Luther King come testimonial. "Da Salvini atto immondo su Riace: fatto per paura che funzionasse". La chiamata al popolo della sinistra: "Non esiste leader senza una comunità che combatte".

Nicola Zingaretti manda in delirio Piazza Grande. Infiamma gli animi del popolo abbandonato dalla sinistra. Lo fa innescandolo con parole di Sinistra: quelle che nessuno pronunciava più da tempo.

Il governatore sale sul palco dell’ex Dogana sulle note ‘Learn to fly‘ dei Foo Fighters. Non una verso a caso. Ma quella dei Rockin’1000, il progetto nato a Cesena nel 2015 con mille musicisti italiani (350 chitarristi, 250 cantanti, 250 batteristi e 150 bassisti) che insieme e in perfetta armonia hanno suonato il brano dei Foo fighters.

 

Persone prima dei leader e sopra ogni cosa

Niente odio. Niente invettive. Niente veleni. «Non ho da proporre una macedonia di invettive contro qualcuno per strappare applausi, vorrei proporre un pensiero e una azione per uscire  dal pantano e ricostruire una speranza per il Paese».

Il Governatore dice subito basta al potere dell’io. Sembra appena emerso da un tuffo nelle omelie di Ambrogio Spreafico: il vescovo che per la Chiesa italiana sta costruendo ponti di dialogo con le altre religioni. «Basta con l’egocrazia» tuona Nicola Zingaretti a Piazza Grande. «Basta con l’illusione dell’io, ritroviamo l’ebbrezza e la bellezza del noi. La forza di una comunità, di un Partito, non si può rinchiudere nella forza anche straordinaria di un leader. C’è bisogno di altro».

Nicola Zingaretti invoca la discesa in campo delle persone. Il ritorno all’impegno. «Persone prima dei leader e sopra ogni cosa». Ma vuole impegno convinto: non bande di tifosi che si contrappongono. Perché «Non servono più tifosi, se mai è servito, ma le persone, le competenze. Alle persone non vanno date pacche sulle spalle, far contare le persone significa nuove forme della politica in cui le persone decidono».

 

Dobbiamo mandarli via

«Non sarà facile mandarli a casa, ma vi prometto che lo faremo», ha detto il Governatore. Ma per farlo «bisogna cambiare».

«Chi ha vinto ha cominciato a tradire le promesse e sta lasciando alle nuove generazioni un Paese più povero e ingiusto. Molti cominciano a capirlo, a vederlo nell’isterismo di chi ha vinto le elezioni. Quello che manca è qualcuno che costruisca un progetto e li mandi presto a casa».

 

La paura di Salvini su Riace

Nicola Zingaretti inizia a lanciare gli affondi. Il primo è per Matteo Salvini. Lo colpisce nel vivo: le politiche contro i migranti. Lo fa concentrando il tiro sull’ultima operazione in ordine di tempo: Riace.

«Sugli immigrati stanno giocando una partita sporca. Quello di ieri è stato un atto politico vergognoso da parte di chi come Salvini e la Lega hanno rubato 49 milioni di euro allo Stato: è un atto immondo. Noi rimaniamo garantisti sempre, io sono convinto che Mimmo Lucano sia una brava persona e una persona onesta, ma risponderà alla legge”.

«Noi sappiamo perché vuole smantellare il modello Riace: perché teme che possa dimostrare come sia possibile un modello di convivenza, diverso dall’odio e dalla paura. Non é forza la loro ma paura. Dietro lo smantellamento del modello Riace c’è la paura di Salvini. Se hanno paura di un uomo, dovranno avere paura di un popolo».

 

Di Maio ed i poveri inaffidabili

Poi il tiro si sposta sull’altro vice premier, Luigi Di Maio. Nicola Zingaretti dice di essere rimasto «inorridito nel vedere il sorriso di Di Maio quando racconta soddisfatto che lo Stato darà i soldi ai poveri, ma li controllerà, dando l’idea del povero come di una persona di cui non ci si può fidare».

Tuona tutta la sua indignazione, il Governatore. Grida: «Vergogna. Così togliete dignità alle persone. Mettete in galera i corrotti non i poveri: non è questo che l’Italia può accettare».

«Altrettanto vergognoso – ha aggiunto Zingaretti- è che nell’anno dell’ottantesimo anniversario dalle Leggi Raziali, venga cancellata la Storia dagli esami di maturità».

 

Una pistola in mano e difenditi

L’attacco è frontale. Ai capisaldi delle politiche che tanto piacciono alla pancia degli elettori di Salvini. Nicola Zingaretti non cerca di appiattirsi verso le posizioni dell’avversario, sperando che una parte dell’elettorato scivoli indietro. Tutt’altro: Zingaretti grida che quelle proposte sono solo un’illusione, non sono le sue, non sono del Partito Democratico.

«Dobbiamo mettere in moto una rete di sindaci contro chi vuole sostituire i soldi alle periferie con le pistole» dicecontro la proposta del governo sulla legittima difesa.

«Hanno tolto i soldi alle periferie e se ne sono andati. Hanno cancellato i fondi a quelle periferie che noi volevamo tornare a far vivere affinché non ci fosse più la rabbia nella quale si sviluppa la delinquenza. Invece loro hanno tolto i fondi e se ne sono andati. Mettendo una pistola in mano alla gente e dicendo: Tieni, difenditi da solo».

 

Il patto con i giovani

Il Governatore individua un nuovo alleato. È un’intera generazione tenuta fuori dai provvedimenti messi a punto dal governo Conte – Salvini – Di Maio.

Contesta quei provvedimenti che hanno lasciato ancora una volta a piedi i giovani. Zingaretti dice basta ad un Paese nel quale sister la figura degli universitari aventi diritto ai fondi per studiare ma che non possono prenderli: perché non ci sono soldi.

«Abbiamo bisogno di capitale umano, di accesso al sapere, di innovazione, di semplificazione. L’era digitale cambia in meglio lo storico meccanismo di trasferimento del sapere, noi per rimettere in piedi questo Paese abbiamo bisogno di nuovi meccanici, con i nostri istituti professionali, di scienziati, professionisti e di un sistema aperto che permetta l’incontro tra chi crea, produce, studia e gioca un ruolo attivo nella pubblica amministrazione».

 

Niente alleanze con il M5S

Arriva poi il momento di mettere in chiaro che il Pd non intende fare accordicchi. Ma vuole tornare grande, ammettendo i propri sbagli. «Dobbiamo cominciare a riparlare a un popolo che ci ha voltato le spalle e che ha fatto altre scelte. Io sono stato accusato, e mi è molto dispiaciuto, di essere stato quel leader politico che voleva fare un accordo politico con il Movimento 5 Stelle: io sono dell’idea che dobbiamo incalzarli per dividerli. Dobbiamo disarticolarli con l’iniziativa politica».

Una dichiarazione di comodo? Il Governatore mette sul tavolo le prove di quanto dice. «Se avessi voluto fare un accordo, lo avrei fatto nella mia regione. Li ho invece sconfitti. dobbiamo incalzarli per dividerli e non unirli facendo propaganda».

Rivendica un’iniziativa che si rivolga a quella massa di popolo che si è spostata verso i grillini. «Si apra una nuova stagione che, come ha detto Paolo Gentiloni, non significa rinnegare il passato ma guardare in faccia il mostro e chiedersi perché le persone hanno scelto loro. Noi dobbiamo fare opposizione ma non possiamo rischiare di restare a fare un ruolo di testimonianza».

 

Le donne lasciate sole

C’è poi il capitolo sul nuovo diritto di famiglia. E sulle donne. Il Governo sta riformando il settore. C’è il disegno di Legge Pillon. Zingaretti inaridisce solo a nominarlo. Lo lancia nella piazza già infiammata e tuona: «Il Ddl Pillon non deve passare e non deve avere udienza nel Paese! Introduce concetti e metodi che mettono indietro di 50 anni le lancette dell’orologio. Non è possibile dire ad una donna che subisce violenze dentro casa: “Adesso ti mandiamo un mediatore familiare così provate a parlarvi”. Vergognatevi!»

Zingaretti fa una nuova chiamata alle armi. Rivolta agli uomini, questa volta: «Di questa lotta devono essere protagonisti gli uomini: mai più delegare alle donne la lotta per la libertà».

Cambiare strada

C’è un passaggio nel quale Nicola Zingaretti si appropria di un concetto detto prima di lui da Paolo Gentiloni. «Non credo nell’abiura ma nell’ammissione di una fase storica che è alle nostre spalle in cui ci siamo convinti che il nuovo bastasse a colmare i bisogni delle persone e invece così non è stato. Serve cambiare strada. Se noi riusciamo a ridurre le differenze tra chi ha e chi non ha, allora il populismo muore».

 

Spiega il Governatore «Non credo nel tempo delle abiure ma voglio un tempo per una riflessione e un cambiamento con al centro la crescita».

Dice che bisogna cominciare a riparlare al popolo «che ci ha voltato le spalle e ha fatto altre scelte. Dobbiamo aprire una nuova stagione, che non significa rinnegare o cancellare ma discutere della nostra storia».

Per Zingaretti, «per essere credibili dobbiamo indagare su questo distacco, che ha un motivo, si è generato in questo decennio nel quale il consenso del centro sinistra e del Pd e’ passato da 12 a 6 milioni di voti e sono cresciute le disuguaglianze».

 

Con l’Europa ma diversa

Nicola Zingaretti si avvia alla conclusione parlando di Europa.

Anche su questo tema lo scontro è diretto, frontale: muro contro muro. Per dimostrare che c’è un’idea diversa. Che non è basata sui principi messi in campo dall’attuale Governo.

«Io sono d’accordo nella costruzione di grandi alleanze tra le famiglie europee, da Macron a Tsipras. Ovviamente sì costruiamo un fronte contro i sovranismi, ma io dico anche che l’accordo, la piattaforma e i contenuti o sono chiari e nuovi e puntano a una riforma dell’Europa o i cittadini non la capiranno. Dobbiamo starci dentro, ognuno con la proppria storia».

A cosa serve questo fronte? Per Zingaretti va costruita una nuova piattaforma contro i sovranismi, «ma deve essere fondata su di un’idea nuova Europa: si deve stare in Europa non perché costretti ma perché convinti. In un’Europa diversa, perché vogliamo cambiarla».

Invoca un’Europa dei Popoli. Nella quale nascano gli Stati Uniti d’Europa. Dove i cittadini possano andare a votarsi il loro Presidente.

 

Il via con la figlia di Martin Luther King

Bernice King è la figlia di Martin Luther King, quello del I’ve a dream, della speranza per un mondo nel quale bianchi neri vivessero in pace. Che sosteneva come la non violenza fosse l’arma più forte. La voce di Bernice ha dato il via alla giornata finale di Piazza Grande, la manifestazione organizzata da Nicola Zingaretti all’ex Dogana.

È una scelta di coraggio e denuncia quella fatta da Zingaretti con la sua squadra. Quasi un segnale d’allarme: per avvertire tutti che il seme dell’odio e del rancore stanno attecchendo nel Paese.

«È un onore grande per me e un privilegio essere qui stamane nel nome della pace, della giustizia e della libertà. E meraviglioso schierarsi nel nome della verità e di ciò che è giusto». ha detto Bernice King,

Ha rilanciato il messaggio del padre in chiave migrazioni: «Se noi accogliamo e promuoviamo questo concetto dell’interdipendenza degli esseri umani non potremo mai voltare le spalle a coloro che cercano sollievo e uno spazio sicuro per farne la loro casa». È così che gli Usa si sono ritrovati in casa uno Steve Jobs, con le sue visioni i suoi iPhone, i Mac e gli iPad: se avessero chiuso le porte al padre siriano la loro storia sarebbe stata molto diversa.

Per questo Bernice King spiega che «La sopravvivenza e la conservazione della vita degli altri è essenziale per la nostra sopravvivenza, per la nostra vita».

 

Senza abiure su una nuova strada

Nell’aria c’è attesa. L’intervista di Matteo Renzi sul Corriere della Sera sembra fatta apposta per spianare la strada a Marco Minniti. Ed al suo annuncio che si candiderà per la Segreteria Nazionale Pd. Contro Nicola Zingaretti. Un annuncio da fare proprio oggi: per rubargli la scena.

Il dubbio di molti è sapere cosa faranno a quel punto l’ex premier Paolo Gentiloni e l’ex ministro Dario Franceschini. Se continueranno a stare sul fronte di Zingaretti oppure sposteranno il loro appoggio a quello che è stato il loro ex ministro dell’Interno.

La risposta arriva quando sul palco di Nicola Zingaretti sale proprio Paolo Gentiloni. Prende la parola. Sogna un cammino nuovo del Pd, ma senza rinnegare quando fatto in passato. Paolo Gentiloni parla a Piazza Grande perché la speranza è che da quella piazza si possa provare a ripartire e guidare la riscossa.

Perché «in pochi mesi l’Italia è diventata un Paese più isolato, meno sicuro e con dei rischi significativi dal punto di vista finanziario, rischi che non correvamo da anni. Le decisioni sono state poche, ma i danni numerosi, non ho mai visto così poche decisioni e tanti danni in 4 mesi».

Come Bernice King anche Paolo Gentiloni ha una speranza. «Da questa piazza viene fuori una speranza. Nicola ha avuto il coraggio di mettere insieme queste energie in un momento molto delicato. Coltiviamole queste energie, coltiviamo la competenza, la credibilità e la cultura politica. Noi siamo diversi dal populismo che è al Governo, abbiamo un’idea diversa di politica, coltiviamola».

 

No all’ebrezza del potere

Gentiloni evoca il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. E ne prende un concetto. Lo fa per dire che «Siamo contrari a quell’ebbrezza di potere, stigmatizzata dal Presidente Mattarella a cui noi rinnoviamo la nostra fiducia. In pochi mesi l’Italia è diventata un Paese più isolato e meno sicuro con rischi dal punto di vista finanziario che non correvamo da anni, mai vista una cosa del genere: così poche decisioni e così tanti danni i 4 mesi. Tutta la nostra fatica rischia di andare in fumo in soli quattro mesi».

Paolo Gentiloni è sulla stessa lunghezza d’onda di Nicola Zingaretti. Niente polvere sotto al tappeto. ma una severa autocritica degli errori che hanno portato il Pd dal 40% alle macerie in pochi mesi.

«Per essere all’altezza – dice dal palco Gentiloni – il Pd non può autoassolversi. Tuttavia, è giusto ricordare che abbiamo fatto tanto: abbiamo risanato l’economia con riforme importanti. Ultimamente incontro gente che lo riconosce e chiedo loro: ma per chi avete votato allora?».

La parola d’ordine è no odio, no gomitate sotto alla cintura. Al punto di dire «dobbiamo ringraziare Marco Minniti per il suo lavoro da ministro dell’Interno e per aver fermato il traffico di esseri umani nel Mediterraneo». Elogiando il possibile avversario.

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