Picano: «La mia Regione non ostacola chi investe»

Gabriele Picano e le elezioni Regionali del Lazio. L'approdo in FdI quando era al 3%. I valori portati in dote. E quelli condivisi. L'esperienza fatte sulle Aree di Crisi. Le critiche alle politiche industriali della sinistra. Ed anche a quelle della Regione Lazio

Viene da lontano. Da una cultura che muove i suoi passi nel cristianesimo democratico e trova la sua base nel conservatorismo moderato. Non a caso frequentava Buttiglione e Frattini. E del compianto presidente del Consiglio di Stato è stato il coordinatore della componente sul territorio della provincia di Frosinone. L’avvocato Gabriele Picano è responsabile regionale delle Aree di Crisi per Fratelli d’Italia e sotto la bandiera di Giorgia Meloni concorre alle elezioni regionali del Lazio del 12 e 13 febbraio prossimi.

Nella variegata geografia dei Fratelli d’Italia, lei dove si colloca?

Fratelli d’Italia è una sola, non ci sono correnti.

Ma ci sono sensibilità diverse, dovute alle diverse radici.

Ma c’è una linea sola ed è quella di Giorgia Meloni.

Quindi tra lei e gli altri non c’è differenza?
Gabriele Picano firma la candidatura

Ognuno di noi, come essere umano, è portatore delle sue esperienze, delle sue abilità, delle sue sconfitte e dei suoi successi. Io in Fratelli d’Italia porto la mia esperienza maturata in una destra moderata che ha le sue radici nel cattolicesimo militante.

Come c’è finito Gabriele Picano in Fratelli d’Italia?

È stato un approdo naturale. Non dimentichiamo che Rocco Buttiglione venne vergognosamente escluso dal governo europeo dove Berlusconi lo aveva indicato, per via delle sue posizioni giudicate eccessivamente di destra.

Cosa la accomuna di più a Fratelli d’Italia?

La stessa visione dello Stato e del suo ruolo. La comune matrice sui temi identitari, in larga parte quei principi che oggi vanno sotto il nome di sovranismo ma che a me piace di più chiamare patriottismo.

E cosa la allontana di più?

Ho aderito a questo Partito quando era al 3%. In quel periodo venivo da un atlantismo ed un europeismo che avevo assimilato negli anni trascorsi a contatto con l’allora ministro Franco Frattini. E FdI era all’epoca molto fredda sul punto. Gli anni ci hanno portato ad una visione più comune. (Leggi qui: Quella volta che Frattini si interessò dello sviluppo di Frosinone).

Sarebbe sbagliato sostenere che lei si rivolge agli ex democristiani di destra?
Gabriele Picano

Impossibile sostenerlo, soprattutto per una questione anagrafica. Mi rivolgo a quella parte di elettorato cattolico che ha un forte attaccamento ai propri valori territoriali, nazionali, etici e religiosi. A quegli elettori che si sentono moderatamente di destra e vogliono una destra moderata.

Cosa le ha insegnato questo anno da responsabile delle crisi industriali nel lazio per Fratelli d’Italia?

Che per anni i Governi di sinistra in questo Paese hanno navigato a vista. Senza scrivere mai un’agenda industriali. E tantomeno un’agenda energetica. Eppure proprio il mondo delle imprese, il mondo che produce, chiedevano queste agende. Occorrevano scelte coraggiose. Che non sono state fatte e oggi ne paghiamo le conseguenze.

Quali prezzi ha pagato il tessuto industriale del suo collegio, la provincia di Frosinone?

Un prezzo altissimo. Ci sono investimenti che sono scappati via a gambe levate: come Sanofi o Catalent. Altri che sono rimasti solo per il coraggio di alcuni imprenditori come Francesco Borgomeo e Maurizio Stirpe. In questa provincia un’industria attende il doppio dei tempi che deve aspettare in altre regioni italiane per avere un’autorizzazione ambientale. Avremo molto da fare dopo il 13 febbraio.

Il più grande errore di politica industriale compiuto dalla Regione Lazio?

La Legge regionale sulla qualità dell’Aria. Una legge giusta nei suoi principi ma sbagliata nella sua applicazione. Che penalizza molto le industrie della provincia di Frosinone. Un investitore troverà più conveniente puntare su altri territori. Quella legge va rivista e le industrie vanno ascoltate. Ha ragione Giorgia Meloni: non si ostacola chi produce lavoro e ricchezza.

Lei è figlio di una delle figure storiche della politica laziale: Angelo Picano è stato più volte sottosegretario, altrettante in odore di ministero. Quanto è pesante portare quel cognome?

È un vantaggio e non un peso. Innanzitutto perché nel passato mi ha dato la possibilità di ascoltare tanti ragionamenti che venivano fatti in casa quando esponenti di altissimo livello della Democrazia Cristiana venivano da noi a pranzo. Se ne usciva sempre culturalmente arricchiti. Ancora oggi una delle situazioni più appassionanti sono gli incontri tra mio padre ed il senatore Lino Diana che trascorrono il loro tempo a confrontarsi sulla filosofia della politica. È doppiamente un vantaggio perché ancora oggi ho la fortuna di potermi confrontare sulle visioni di sistema. Nelle quali, vi posso assicurare, mio padre ha una lucidità invidiabile.

La accusano di essere Cassinocentrico.

Cassino è la mia città, la provincia di Frosinone è lo scenario minimo: se vogliamo davvero recitare un ruolo però dobbiamo spogliarci del nostro provincialismo. E proiettarci in una dimensione Regionale ed Europea. Solo così, tutti insieme, potremo crescere. E nel mio caso, vorrò farlo partendo da Cassino.