Il momento di chiedere scusa a Piero Marrazzo (di A. Porcu)

Nove anni dopo i fatti arriva la condanna per i carabinieri che distrussero la carriera di Piero Marrazzo. Il clamore di un'icona finita in frantumi ha fatto dimenticare a molti le tantissime cose fatte da lui per il territorio.

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

A turno, di lui hanno approfittato tutti.

L’ultima è stata Natalie: in cambio di quel minimo calore umano che lui le chiedeva voleva essere pagata ogni volta.

Prima era stata la politica: si era rivolta a lui per farsi prestare la sua faccia pulita e la reputazione immacolata, sfruttandole per riprendersi la Regione Lazio.

Ma già negli anni precedenti era stata la televisione ad approfittare di lui: della sua innata capacità di stare davanti alle telecamere, parlare in un modo che arrivava al cuore della gente; per incollare i telespettatori davanti allo schermo e rendere di successo le trasmissioni da imbottire con la pubblicità.

Di lui hanno approfittato anche tanti falsi amici: yes men pronti a tutto solo per riscaldarsi standogli vicino, evitando di ricordargli l’insegnamento di Henry de Montherlant, secondo il quale è possibile fare cose folli, ma bisogna realizzarle con il massimo di prudenza.

Alla fine, a rompere quell’infinito corteo di postulanti occulti, sono arrivati quattro carabinieri: entrati un un’infima stanza di una palazzina romana trasformata in alcova da una legge ipocrita. Che con la scusa di combattere la prostituzione l’ha solo spostata dalle strade, dimenticando di colpire la rete criminale che si finanzia grazie a papponi e vittime.

Hanno voluto fare il colpo grosso: approfittando di un uomo che chiedeva solo l’illusione d’un po’ di calore nella sua vita. Una parentesi. Un attimo di tregua. Lo hanno sorpreso dentro quella parentesi, umiliato, filmato, ricattato. Minacciandolo della cosa peggiore: non tanto di sputtanare lui. Bensì di distruggere l’icona nella quale in tanti confidavano, mandando in frantumi le loro speranze.

Ha pagato. Per non ferire la sua famiglia, non deludere il suo pubblico, non lasciar precipitare nel vuoto il fronte politico che a lui si era affidato per governare la Regione Lazio.

E lì ha commesso il suo unico errore. Perché poi non puoi andare dagli agricoltori del Mercato Ortofrutticolo di Fondi ad incoraggiarli a denunciare le mafie che succhiano il sangue del loro lavoro. E poi non dare tu per primo l’esempio.

 

Ma tolta quella parentesi, sospeso per un attimo quell’unico errore, nessuno può dire, a distanza di nove anni, che Piero Marrazzo non sia stato un eccezionale governatore della Regione Lazio.

Appena entrato nel suo ufficio ebbe il coraggio di dire quella verità che in tv aveva sempre messo al centro della scena. Rivelò che i nostri conti erano al collasso, schiacciati da un macigno di debiti grande 10 miliardi di euro, accumulati semplicemente perché in Italia per anni aveva funzionato così. In pratica, escludendo i bilanci delle Asl e degli ospedali da quelli dell’ente regione. Con lui, la verità è venuta a galla. E oggi stiamo ancora finendo di pagare.

Mai, né prima né dopo, la Provincia di Frosinone ha avuto così tanto dalla Regione Lazio. Mai più, il territorio, ha avuto due assessori dentro la giunta regionale.

Il Fabrizio Spaziani uscì dalle carte e diventò il nuovo moderno ospedale di Frosinone solo grazie a lui.

La Sora – Frosinone – Ferentino venne ultimata grazie agli input precisi che lui diede.

Lo stabilimento Fiat è ancora lì perché lui ebbe l’intuizione di capire che era giusta la visione di Francesco De Angelis di varare la Legge 46 con cui sostenere l’indotto facendo nascere del Polo Logistico.

Le strade che Francesco Scalia inaugurava, spesso venivano pagate con una quota di finanziamento che lui aveva reso possibile.

Lo faceva perché ci credeva. Non per un applauso ed una foto sui giornali (i selfie all’epoca ancora non esistevano). Infatti, non volle fanfare quando venne inaugurato il Santa Scolastica a Cassino: non volle intestarsi i meriti di un lavoro progettato e realizzato da chi c’era stato prima di lui.

Onesto fino alla fine. Crocefisso per una parentesi. Senza mai essersi approfittato di un centesimo: in questi anni, né lui né quelli che erano stati con lui sono mai stati accusati di avere abusato del denaro pubblico.

Il resto, sono chiacchiere e puzza di fango.

È per questo che oggi dovremmo chiedere scusa a Piero Marrazzo.