Più farsa che dramma: il Carnevale dei leader (di C. Trento)

Foto © Imagoeconomica

Leader inadeguati. Che di fronte alla crisi recitano a soggetto. Mentre occorrerebbero leader coraggiosi, capaci di scelte impopolari. Che non si ha né il coraggio né la voglia di prendere

Corrado Trento

Ciociaria Editoriale Oggi

Più farsa che dramma, più fiction che realtà, più telenovela che tribuna politica. La crisi di governo di agosto non è ancora terminata e si annunciano colpi di scena ulteriori. Perché, nonostante gli appelli del presidente della Repubblica a fare presto, a privilegiare il punto di vista di decisioni economiche urgenti e a far prevalere l’interesse del Paese, in realtà tutti si stanno preoccupando del loro piccolissimo orticello.

Magari alla fine una soluzione si troverà (forse), ma al momento quella che sembra prevalere è la vocazione ad avere sempre a portata di mano un alibi di scorta. Ogni leader sta interpretando varie parti in commedia. Indossando diverse maschere e gettando coriandoli e stelle filanti, come a Carnevale.

Matteo Salvini, Giuseppe Conte, Luigi Di Maio © Imagoeconomica

Tranne Giorgia Meloni: i Fratelli d’Italia sono gli unici ad avere un solo imperativo categorico, le elezioni anticipate. Gli altri no e allora sono costretti a muoversi (per loro scelta) in un terreno minato, pieno di trappole e trabocchetti, facendo la massima attenzione al fuoco amico.

Matteo Salvini ha aperto la crisi pensando di poterla risolvere in pochi giorni con il ritorno anticipato alle urne. Ma ha sbagliato i tempi. E adesso sta cercando la “mission impossible” di riaprire i contatti con i Cinque Stelle. Forse perché si è reso conto che in realtà la Lega è cresciuta elettoralmente al governo. Non all’opposizione.

Il premier dimissionario Giuseppe Conte ha scoperto dopo quattordici mesi che Salvini non era il miglior alleato possibile. Ha ragione Emma Bonino: le autoassoluzioni postume non convincono. Matteo Renzi, dopo averlo sabotato un anno fa, adesso è diventato il sacro guardiano dell’accordo con i Cinque Stelle. Il motivo è semplice: le elezioni anticipate gli farebbero venir meno in ogni caso il controllo dei gruppi parlamentari. Ciò non toglie che Renzi abbia giocato la sua partita alla perfezione.

Il linguaggio aramaico della politica social

Nicola Zingaretti, segretario del Pd, sta trattando con i Cinque Stelle, ma la sensazione che stia alzando la posta per far saltare il banco è forte. Perché Zingaretti dovrebbe spingere per un’intesa che comunque in Parlamento gestirebbe Renzi?

Nicola Zingaretti e Giovanni Tria Foto: © Imagoeconomica, Benvegnu’ Guaitoli

C’è però un’altra corrente di pensiero, sussurrata da autorevoli esponenti Dem: sicuri che i gruppi parlamentari resterebbero fedeli all’ortodossia renziana se dovesse essere Zingaretti a raggiungere un’intesa che comporterebbe l’attribuzione di ministeri e sottosegretariati? Oltre ad una miriade di altre nomine?

Neppure il Movimento Cinque Stelle è granitico come vuole far credere. Davide Casaleggio e Alessandro Di Battista sono letteralmente allergici ad un accordo con il Pd. Preferirebbero effettuare una netta strambata e riportare la rotta in direzione Lega. Nonostante Beppe Grillo sia stato quello che ha dato l’indicazione chiara di chiudere la parentesi con il Carroccio.

Lo stesso Luigi Di Maio, al di là delle dichiarazioni ufficiali, mantiene “bollente” il secondo forno, quello con Salvini. Perfino nella prospettiva di fare lui il premier.

Se questo dovesse accadere, qualcuno dovrà perdere venti minuti e spiegare agli italiani per quale motivo si è fatta la crisi. Per tenere in piedi questo circo mediatico da reality show i protagonisti politici hanno rispolverato le frasi fatte e vuote della Prima Repubblica. Con dichiarazioni che non dicono nulla, volutamente generiche, che lasciano sempre una porticina aperta a tutti. Agli alleati e agli avversari, agli amici e ai nemici.

Di Battista e Di Maio

E questo avviene nell’era della politica social, dei like e di tutto il resto. Così come si continua a parlare di argomenti di distrazione di massa. Come il taglio di 345 parlamentari. Un tema che sarebbe stato di attualità nel 2007, quando uscì il libro “La casta”, di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo. Anzi, probabilmente quel libro ha rappresentato la più forte campagna di opinione degli ultimi decenni. Anche se ci sarebbe da discutere sugli effetti prodotti, perché spesso si è gettato il bambino con l’acqua sporca.

Partiti come i Cinque Stelle e la Lega hanno beneficiato di quell’onda lunga. Ma oggi le priorità sono altre: il lavoro e la redistribuzione del reddito per esempio. Temi dei quali nessuno parla. “It’s the economy, stupid!”: fu la frase vincente di Bill Clinton. A significare che sono i temi economici a scrivere il corso della storia. Oggi l’Italia ha un problema di bassa crescita e di produttività stagnante. Servirebbero investimenti pubblici massicci per sostenere lo sviluppo. Ma di questo non si discute.

Leader inadeguati e senza una visione di prospettiva vera

Viene in mente la celebre frase dell’intellettuale Gesualdo Bufalino: «Irresponsabile della mia nascita, ho un alibi di ferro: non c’ero».

L’Italia avrebbe bisogno di leader coraggiosi e perfino impopolari. Invece giocano tutti la stessa partita: rendere la trattativa impossibile, mettere sul tavolo condizioni che saranno rifiutate e tornare al punto di partenza.

Forlani, Craxi, Andreotti

In queste condizioni, qualunque eventuale governo quali prospettive avrebbe davanti? Nel 1979 Bettino Craxi, leader del Psi, dovette rinunciare al tentativo di formare un governo per il veto della Dc. Craxi raccontò una storia che in queste ore ha ricordato il direttore de L’Espresso Marco Damilano.

La storia è questa: «In un paese lontano, si cercava di combinare un matrimonio tra un ricco possidente e una giovane di famiglia modesta. Il ricco possidente andò a far visita alla famiglia della giovane di cui gli decantarono le virtù. Ma il possidente non si accontentò: chiese di vedere la ragazza nuda. Con le dovute cautele e in presenza della madre della ragazza, la candidata sposa fu denudata. Il possidente la guardò attentamente. Poi disse: “Non mi piace il naso”».

Già, non piace il naso.

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