Politici senza gloria: su Stellantis e Reno solo chiacchiere

La settimana appena trascorsa ha messo al centro dei riflettori lo sviluppo di Stellantis e di Reno de Medici. Sollevando interrogativi sulla capacità di programmazione della politica industriale. Nessuno ha domandato chiarezza sulla depurazione in area Cosilam: che è un asset strategico per i futuri investimenti milionari nell'area. Eppure Regione Lazio ad inizio di agosto era intervenuta con durezza

Alberto Simone

Il quarto potere logora chi lo ha dato per morto

Ci sono due evidenze emerse nel corso della settimana. Entrambe sono legate al mondo industriale ed alla politica che avrebbe dovuto dare una risposta. La prima riguarda Stellantis e la seconda Reno De Medici. Fatte le dovute proporzioni, si tratta di due protagoniste dello sviluppo del territorio: Fiat – Fca – Stellantis è stata il volano di crescita di un’intera area geografica; Saffa – RdM – Reno de Medici, è stata la protagonista di un asset minore ma comunque leader nel suo campo. Metalmeccanica e cartario, autovetture per spostare l’Italia in un caso, cerini e cartoni nell’altro. Fino ad approdare ai giorni nostri: fatti di automotive e di carta quasi interamente derivante da cellulosa raccolta in provincia e rigenerata.

I due convitati di pietra

La consulta riunita a Cassino

Stellantis vale più o meno il 20% del Pil prodotto in provincia di Frosinone. È al centro di un piano che riguarderà tutto l’Automotive mondiale: smetteremo di spostarci bruciando carburanti fossili, andremo con auto caricate dalla linea elettrica; le compreremo on line e le ritireremo in quella che oggi è la concessionaria. Spesso le affitteremo, sempre meno le guideremo perché sempre di più faranno loro. Tutto questo stravolgerà il mondo dell’automotive così come lo abbiamo conosciuto in questo territorio.

Il mondo dell’industria lo ha capito e si sta adeguando, il mondo della politica parla ancora i linguaggi degli anni Settanta. (Leggi qui La sfida degli industriali: 100 milioni sull’area Stellantis).

La Consulta dei sindaci riunita durante la settimana appena chiusa è stata illuminante. Nella Sala Restagno s’è visto un sindaco (Enzo Salera) che ha chiaro il cambiamento in corso, si sono visti politici che giustificano in pieno la rabbia della gente: non sapevano niente. Non sapevano che Stellantis è diventata un’azienda posseduta per l’8% della Stato francese e per lo 0% dall’Italia, nonostante questo sia avvenuto mentre loro sedevano a Montecitorio e Palazzo Madama. Nemmeno sapevano che un colosso dell’industria nazionale come Fincantieri costruirà di fronte a Cassino Plant la sua prima GigaFactory.

Meglio non riferire il commento di uno dei due deputati presenti all’incontro, secondo la quale sono chiacchiere. E quando le viene fatto presente che Fincantieri è un’azienda quotata in borsa che lo ha annunciato ufficialmente a chiusura dei mercati, commenta “Ne ho visti tanti di accordi così. La democrazia diretta è stata un fallimento dal giorno in cui Barabba venne liberato e Cristo finì crocefisso.

Stellantis e Reno De Medici, nel bene e nel male saranno lo sviluppo di questo territorio, seppure con profili e con dimensioni profondamente diverse.

Ci piace guardarci l’ombelico

Uno degli ingressi di Casino Plant

Nel caso di Stellantis, le scintille che si sono accese ad inizio di seduta nascono da un motivo semplice: nessuno aveva un cencio di idea su come uscire dall’angolo. Se non fosse stato per gli industriali, ancora staremmo qui a dirci “bene, chiamiamo Stellantis e vediamo cosa gli serve”. Lo scenario è limpido: non sanno nemmeno di cosa stanno parlando: i numeri declinati dagli industriali parlano di un 20% dell’indotto che verrà spazzato via e di un 80% dell’indotto Stellantis che fattura la maggior parte dei suoi affari al di fuori della società francese. E quindi che Stellantis ci sta o non ci sta a loro cambia nulla.

Ma questo la politica non lo sa. Perché non ha i numeri aggiornati, fatti sviluppare da Unindustria. Chiaro che così non si va lontano. Unindustria a questo punto ha il dovere di condividere i suoi numeri: possibilmente al tavolo dell’Automotive, non quello annunciato dalla Camera di Commercio ma quello del Governo Draghi, già convocato per il giorno 11 ottobre ed al quale, fino a poco tempo fa, il Lazio non partecipava. Perché non lo aveva chiesto.

Bene però la mossa fatta in tempo reale da Camera di Commercio e Consorzio Industriale del Lazio. Realizzeranno un Tavolo permanente. Perché è una buona cosa? Perché l’ente guidato dal presidente Giovanni Acampora è l’ottava Camera in Italia ed ha un peso economico per il quale può pianificare strategie economiche ed industriali. Ha insomma il potere di pianificazione necessario per creare le condizioni sulle quali fare la nuova industria 5.0 ed ha il borsellino con cui finanziare una parte di quel piano; l’ente che tra qualche giorno sarà guidato da Francesco De Angelis ha il potere sulle scelte di pianificazione generale per l’industria del Lazio.

Quel tavolo mette De Angelis e Acampora di fronte a responsabilità precise: non c’è spazio per le chiacchiere. Gli industriali hanno detto di avere 100 milioni di euro in tasca. In questa partita possono solo dire ‘vedo‘. E mettere il loro.

Il livello è modesto.

De Angelis e Acampora

Il resto del livello del territorio è modesto. I capponi di Renzo narrati da Manzoni avevano maggiore dignità letteraria. Di fronte ad una tragedia (o una svolta, dipende se sapremo muoverci presto e bene) basta vedere cosa fa l’opposizione al Comune di Cassino.

Si parlano, ma non si capiscono. Proprio non riescono a far gruppo in Consiglio comunale ed a parlare con una sola voce: quella del Centrodestra. Non ci riescono neanche quando si tratta di andare all’attacco del sindaco Salera. Lo fanno separatamente, ognuno per conto proprio. È un dialogo impossibile quello tra Benedetto Leone e Franco Evangelista: entrambi ex assessori nella giunta di centrodestra guidata dal sindaco Carlo Maria D’Alessandro, entrambi oggi consiglieri di opposizione al centrosinistra guidato dal sindaco Enzo Salera.

Nelle ultime ore hanno provato a cavalcare la vicenda giudiziaria inerente il sequestro del depuratore Cosilam. Evangelista ha presentato un’interrogazione al sindaco Salera e all’assessore all’ambiente Emiliano Venturi per sapere se: “La situazione sia ancora sotto controllo; se ha ricevuto informazioni in tal senso anche dal Cda della società AeA; se il presidente ed il Cda del Cosilam fortemente voluti da questa amministrazione abbiano mai compreso la gravità della vicenda, notiziandone il sindaco”. Ma il consigliere non si limita all’interrogazione. Presenta anche una precisa mozione. Chiede che “il Consiglio comunale dia mandato al sindaco di chiedere le dimissioni del presidente e del Consiglio d’Amministrazione del Cosilam”.

Leone viene insomma scavalcato a destra nell’opposizione al sindaco Salera. Evangelista lo ha bruciato sul tempo. All’ex assessore non resta che farsi spazio con una nota stampa dove, dopo aver riservato un plauso alla Magistratura, dice: “Al sindaco Salera l’invito ad uscire dal silenzio di queste ore. E se vero che rappresentanti della sua maggioranza in consiglio comunale ricoprono anche ruoli all’interno degli organismi della società Aea, chieda loro di dimettersi da questi incarichi”.

Divisi senza meta

Riccardo Bianchi

Al netto della vicenda giudiziaria che farà il suo percorso nelle aule deputate, resta l’aspetto politico a sollevare qualche interrogativo. Perchè i due consiglieri di opposizione di Centrodestra non riescono a firmare neanche una mozione insieme?

Il secondo: come mai i consiglieri Michelina Bevilacqua e Francesca Calvani, che sui temi amministrativi fanno spesso squadra con Evangelista, su questa vicenda hanno “isolato” il consigliere neo tesserato a FdI? E ancora, a proposito di Fratelli d’Italia: il consigliere Evangelista concorda le azioni amministrative – mozioni e interrogazioni – con il Partito, o avere in tasca la tessera del primo Partito del Centrodestra italiano non impone agli eletti di seguirne il coordinamento politico?

Entrando nello specifico: l’inchiesta su AeA pone degli interrogativi che la politica non può continuare ad evitare. È la seconda volta che la Procura della Repubblica di Cassino pone al centro della sua attenzione gli scarichi industriali dello stabilimento cartario di Villa Santa Lucia, asset non secondario di un colosso europeo della cartotecnica.

Per i più distratti: all’inizio di luglio il fondo Cascades ha annunciato alle Borse la sua uscita dal gruppo Reno De Medici per cederlo ad una società del colosso degli investimenti Usa Apollo Mangement. Pochi giorni prima di quell’operazione c’era stata l’acquisizione di Eska. Un’operazione economico-industriale legata agli enormi margini di crescita previsti per RdM.

La magistratura farà il suo lavoro ed individuerà gli eventuali inadempienti. Ma la politica, anziché perdere tempo con i comunicati, deve individuare senza indugio le inadempienze. Non c’è più spazio per le ambiguità: industria ed ambiente hanno un futuro solo se viaggiano nella stessa direzione. È il principio base dell’economia circolare. Va chiarito senza alcuna zona d’ombra quali sono i limiti, al di là delle responsabilità. Perché la depurazione è un asset centrale per chi deve venire ad investire sull’area industriale di Cassino. Ci sono in ballo centinaia di milioni di euro, legati alla trasformazione del distretto dell’Automotive. Non possono essere fermati nemmeno un giorno e sugli asset strategici non può esserci nemmeno un solo dubbio.

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