Pontida mi fa paura (Il caffè di Monia)

Un caffè con i nostri eccessi. Le nostre paure solo apparenti. Mentre poi non facciamo altro che correre per accaparrarci un pezzo di emozione. Come con Matteo Salvini. Che tutti criticano. Ma poi...

Monia Lauroni

Scrivere per descrivere

Cos’è lo shock. Prendo la definizione di Garzanti Linguistica: emozione improvvisa e violenta; impressione, ripercussione profonda.

Ad esempio: “Hai sentito? Borghezio ha dichiarato ‘Con le baionette a Palazzo Chigi’; sono shockata! E’ corretto.

Al contrario è sbagliato quello che segue: “Hai visto, Salvini ha portato con sè sul palco una bambina di Bibbiano, sono shockata!”.

No, non sono shockata, ho paura. Pontida mi fa paura. Salvini mi fa paura. Ne parlano tutti male, dagli snob frollati dei salotti intellò a quelli più pecorecci e popolani. Lo odiano, perfino. Eppure, non vedono l’ora di aggiudicarselo, l’antipaticissimo ex Ministro dell’Interno. Anche questo mi fa paura.

Quel ragazzone “fascioleghista”, razzista e postpadano, protagonista delle peggiori vignette della storia della satira disegnata italiana, europea, mondiale. Anche solo “per un passaggio”, lo vogliono. Per un minutino. Un attimino. Giusto un selfie. Sperando di fare il colpaccio, magari con una rivelazione intima, privata, di famiglia. Meglio ancora con una “salvinata” delle sue, sulla pacchia riniziata e che sta per finire. Una gaffe preparata a mestiere e qualche santino in tasca.

Darebbero un braccio, pur di vederselo seduto di fronte su una di quelle poltrone da scenografia domestica.

E, quando capita che “il Capitano” oggi Capitino, soprattutto adesso che l’ha fatta grossa, dica sì, c’è chi se lo spupazza incorniciandolo di tette e curve d’ascolto scritte in oro catodico.

Chi lo spennella sornione in notturna, chi vorrebbe smontarlo pezzo dopo pezzo in prima serata, ma che si accontenta di pallidi tentativi di aggressioni verbali, perché sa perfettamente che con un passaggio di Salvini, comunque vada, il successo è garantito. Quelli più furbetti lo immergono tra i marmocchi, sperando che i ragazzini lo pelino e, invece, finisce che ingoiano il velenoso rospo della simpatia della giovane e intrigante neretta o di qualche meridionale che Salvini gli piace pure.

Più della Loren dei tempi de La Ciociara; più e meglio di un colpo di telefono di papa Bergoglio; oltre le chirurgie plastiche del pur sempreverde Berlusconi. Di più di Gigione alle feste popolari. Un po’ come se tornasse Mina.

Matteo Salvini vale più della figurina del Feroce Saladino. Se ce l’hai, hai svoltato.

E lui, perspicace per quel che gli conviene, lo sa. E si centellina. Si dosa. Preferisce autoprodursi e autoriprodursi onanisticamente col suo cellulare. Ed è da lì, dal coso che porta in mano, che annuncia rivolte, chiusure, editti e bocciature.

È dal telefonino, che cambia cornice ad ogni luna, che va in onda il Matteo Salvini Show. Senza autori, registi, truccatori e scenografi. Solo fiori di zucca, funghi, spiaggianti e Padri Pio.

Il Matteo al gusto di risotto e cotoletta, che ha speso in un mese 124.000 euro per farci vedere il rosario, la discoteca al Papeete e i selfie con la mucca per poi autociularsi come un pirla, da Ministro a leader dell’opposizione.

L’unico imprevisto nel piano strategico del Capitano è stato che siamo arrivati a settembre e, per fortuna, la Beata Vergine Maria sta in maternità. Ecco, tutto questo mi fa paura. E’ vero, è tutto esagerato, però ora basta con questa storia dell’ apologia del fascismo. Non ci si può credere, obbedire, combattere.