Provincia, Nando Riccardi non è un ladro

Il dirigente della Provincia di Frosinone Nando Riccardi e l’ex direttore generale Luigi Russo non sono dei ladri che hanno approfittato delle casse dell’ente. Checchè ne dicesse l’ispettore della Corte dei Conti Tatò. Riccardi è stato assolto dall’accusa di avere preso un compenso di 63mila euro per l’operazione finanziaria che portò un maxi guadagno alle casse della Provincia. I giudici hanno stabilito che quei soldi gli erano dovuti. E che il direttore Russo non fu suo complice perchè non ci fu nessun reato. Insomma: il fatto non sussiste.

Il caso è legato ad un’operazione di Swap. Era il 2002, il periodo del ministro Giulio Tremonti, della finanza creativa. L’amministrazione provinciale si lancia in un’operazione di finanza derivata (Interest Rate Swap) del valore di 62 milioni di euro: in pratica, gioca sui flussi dei tassi d’interesse sui mutui da variabili a fissi, alla guida delle Finanze provinciali in quel periodo c’è l’assessore Antonello Antonellis che all’epoca è consigliere economico del ministro Visco. Non uno a caso. E’ lui a stimare che se gestita bene, quell’operazione potrebbe portare un risparmio di ben 3 milioni di euro in 15 anni. Poi arriva la bolla finanziaria, le borse crollano proprio perchè gli Swap in molti casi sono trappole economiche. Ma la Provincia di Frosinone non viene toccata dal problema: ha chiuso lo Swap in anticipo, guadagnando. E’ il 2009 e l’Amministrazione provinciale di Frosinone ha chiuso positivamente e in soli otto mesi la swap con un utile complessivo di 1,6 milioni di euro, aperto con la Banca Calyon nel maggio precedente, doppiando il risultato positivo di 800mila euro realizzato con la prima operazione swap perfezionata qualche anno fa con Banca nazionale del Lavoro.

Per chiudere quelle operazioni, Riccardi intasca 63.479 euro. Per l’ispettore Tatò della Corte dei Conti non poteva. Perchè è un dirigente ed il suo stipendio comprende tutto: straordinari ed ogni altro beneficio.

Una tesi che è stata sposata dall’Accusa: «l’attività rientrava nella ordinaria
funzione di dirigente del settore economico».

Insomma, quei soldi, ha sostenuto l’Accusa, non potevano rientrare tra le indennità di risultato e nemmeno tra gli incarichi aggiuntivi.

La difesa ha sostenuto che quei soldi, lordi e non netti, erano un premio di risultato e non una retribuzione. E che l’operazione swap ha portato alle casse dell’ente 1,6 milioni di euro quando molte amministrazioni hanno chiuso in perdita.