Provinciali, la bomba di Pompeo: «Così il Pd ha segato le gambe ai candidati»

Giornata esplosiva sul fronte delle Provinciali. Fratelli d'Italia scomunica la candidatura di Mastrangeli. Le accuse durissime di Caligiore e Fiordalisio. Ma il Pd non ne approfitta: l'assemblea a Cassino punta ad una candidatura di area e non a riproporre un patto, indispensabile finora per vincere le elezioni. Clamorosa bomba di Pompeo: era pronto a dimettersi prima per spianare la strada a Salera. ma il partito non gli ha dato il via libera

di ALBERTO SIMONE e CARLO ALBERTO GUDERIAN

La roulette delle elezioni Provinciali gira e la pallina indugia sui numeri del sindaco di Frosinone Riccardo Mastrangeli. A decidere se si fermerà consegnandogli la fascia azzurra da Presidente saranno i sindaci Dem del Cassinate. Senza appoggiarlo, senza sostenerlo. Non ha bisogno dei loro voti. Gli è sufficiente che proseguano sulla direzione tracciata oggi pomeriggio al Teatro Manzoni di Cassino.

I numeri parlano chiaro. Nessuno ha abbastanza voti per poter vincere da solo le elezioni Provinciali. Né il Centrosinistra né il centrodestra: non è una novità, tutte le elezioni avvenute dopo la riforma Delrio sono state regolate da accordi trasversali tra pezzi di un fronte e dell’altro. Anche questa volta. Riccardo Mastrangeli non ha i 50mila voti ponderati necessari per essere incoronato: perché la Lega e Forza Italia non hanno praticamente sindaci, possono contare su una ventina di amministrazioni ed una miriade di consiglieri divisi qua e là.

La vittoria è in tasca se si abbassa il quorum. Cioè se gli avversari si dividono e non fanno una coalizione trasversale. Capace di pareggiare la forza accumulata da Mastrangeli, essere competitiva, giocare per vincere. Dividersi senza fare il patto trasversale che ha generato la vittoria fino ad oggi: è quello che sta maturando nelle file Dem del cassinate.

LA SCOMUNICA DEI FRATELLI

Mastrangeli e Ruspandini

Eppure le condizioni per competere ci sono tutte. Merito (o colpa, dipende dal fronte) delle tensioni tra Fratelli d’Italia e la Lega a cui Riccardo Mastrangeli è vicinissimo. Sono riesplose dopo le Comunali che lo hanno eletto sindaco. Eppure era stato proprio Mastrangeli il grande tessitore della tregua tra il sindaco uscente (ora deputato) Nicola Ottaviani ed il dominus di FdI Massimo Ruspandini.

Colpa di incomprensioni, equilibri non rispettati e soprattutto di una distanza siderale che separa la destra sociale di Ruspandini dal filoleghismo in smoking di Mastrangeli.

A terremotare i rapporti è stato l’annuncio del sindaco di candidarsi alla guida della Provincia. Gli contestano di averlo fatto senza riunire il centrodestra, senza concordare quella candidatura. Un’imposizione. Alla quale FdI non intende sottostare. Perché alle Politiche di settembre ha fatto tabula rasa ed ora rischia di ritrovarsi la Lega che guida Provincia e Capoluogo con tutto ciò che consegue sugli enti intermedi.

MASTRANGELI SCORRETTO E SLEALE

Caligiore e Fiordalisio

All’ora di pranzo è il sindaco di Ceccano Roberto Caligiore ad aprire il fuoco su Mastrangeli azionando l’artiglieri pesante. Gli dice che è scorretto e sleale. «Apprendiamo con sorpresa che il sindaco di Frosinone Riccardo Mastrangeli sta raccogliendo le firme per la propria candidatura a Presidente della Provincia. L’iniziativa appare del tutto sganciata dai principi di rispetto, lealtà e correttezza che regolano il buon funzionamento della coalizione grazie alla quale, giova ricordarlo, Riccardo Mastrangeli è stato eletto primo cittadino di Frosinone e si è riusciti ad ottenere uno straordinario risultato alle recenti elezioni politiche».

Caligiore indica subito il vulnus, l’offesa, il motivo della rottura. «Rimaniamo sgomenti nell’apprendere che il sindaco di Frosinone si candida senza una consultazione ed un progetto condiviso con Fratelli d’Italia che rappresenta di gran lunga il primo partito del centrodestra». Poi il sindaco di Ceccano punta il dito sull’ovvio: senza i voti di una parte del centrosinistra Riccardo Mastrangeli (come chiunque altro) non potrebbe essere eletto. «Sceglie, stando alle dichiarazioni di alcuni sindaci, di privilegiare la strada di un accordo trasversale con il centrosinistra. Si autoproclama inoltre il miglior sindaco possibile trascurando di valutare ogni tipo di alternativa nel panorama di centrodestra snobbando e calpestando esperienze amministrative virtuose e produttive di ottimi risultati».

L’affondo è durissimo. «Riccardo Mastrangeli, così facendo, si assume la responsabilità di una rottura ingiustificata e senza precedenti con gli alleati. Mette in campo un modo di fare e un percorso inedito che ci spingerà, nell’immediato, a riflettere anche sul senso di come continua ad essere interpretata la politica nella nostra provincia».

Mette il carico il sindaco di Patrica Lucio Fiordalisio. Dice che Riccardo Mastrangeli non è lucido, affetto dalla «bramosia dell’asso pigliatutto»; «si rende disponibile a valutare candidature diverse dalla sua, ma solo se ritenute da lui stesso più adatte».

L’ASSEMBLEA AL MANZONI

L’assemblea al Manzoni

Il centrosinistra potrebbe approfittarne. Sommare i suoi voti con quelli di FdI. Alla Provincia sarebbe la riedizione del patto che portò Antonio Pompeo a governare con Daniele Maura alla presidenza d’Aula ed i voti dei Fratelli a blindare le sue decisioni. Le indiscrezioni dei giorni scorsi dicono che c’è anche il nome di un civico che è l’ideale punto di sintesi: Giuseppe sacco di Roccasecca.

Ma il sindaco di Cassino Enzo Salera non intende chiudere su un’operazione che porterebbe il Dna di Francesco De Angelis, il leader della componente maggioritaria. È lui che vuole demolire, creando così un’area alternativa capace di incidere al prossimo Congresso Regionale, minando quel 90% di consenso che De Angelis portò in dote la volta scorsa.

La prova sta nella riunione convocata al Teatro Manzoni di Cassino. Per individuare una linea: ma la Direzione del Partito si riunisce domenica. Per indicare un nome: ma un nome ancora non c’è, ma non è importante. Il vero elemento di novità è che la quasi totalità dei sindaci di Centrosinistra radunati da Enzo Salera al ha detto di No all’ipotesi di Giuseppe Sacco come anti Mastrangeli. Al momento, significa mandare all’aria il possibile patto con FdI, presentare un proprio candidato da contrapporre a Mastrangeli ed al nome proposto dai Fratelli d’Italia. Conseguenza? Il quorum scende a 40mila voti ponderati: Mastrangeli sentitamente ringrazia ed indossa la fascia.

SENZA VETO

Giuseppe Sacco

Il No a Peppe Sacco non lo hanno detto esplicitamente, non è stato posto alcun veto sul nome del sindaco di Roccasecca. È il ragionamento emerso al termine delle due ore di dibattito Gli oltre venti sindaci che si sono incontrati questa sera al Manzoni hanno convenuto che è opportuno partire da dentro. Cercare cioè la sintesi su un candidato espressione del Pd. E solo dopo aver fatto quadrato attorno ad un nome di Partito, cercare di portare le componenti civiche o quelle che comunque sono restie a sostenere Riccardo Mastrangeli, sulle posizioni del Pd.

Lo hanno spiegato, seppur con accenti diversi, la quasi totalità dei sindaci del Cassinate. Gli hanno fatto eco molti amministratori del Nord della Ciociaria, tra cui il sindaco di Supino Gianfranco Barletta. In sala con lui c’è Antonio Pompeo, presidente uscente della Provincia e sindaco uscente di Ferentino; Domenico Alfieri, ex Segretario provinciale del Pd e sindaco di Paliano; Simone Costanzo, sindaco di Coreno Ausonio che da Segretario provinciale si ritrovò la spaccatura alle Provinciali tra Antonio Pompeo ed il sindaco Dem di San Donato Valcomino Enrico Pittiglio.

Pittiglio è al Manzoni: non è un mistero che faccia parte dei fedelissimi di Sara Battisti e Francesco De Angelis, l’altra sensibilità nel Pd, quella che il patto trasversale per vincere anche questa volta lo vorrebbe fare. Sulla stessa posizione c’è Adriano Lampazzi, sindaco di Giuliano di Roma. In veste di consigliere provinciale era presente Gino Ranaldi capogruppo del Pd a Cassino. E poi Sergio Messore di Sant’Ambrogio sul Garigliano, candidato alle Politiche nel collegio uninominale del Senato.

IL FRONTE DELL’ACCORDO

Valentina Cambone

C’è poi il sindaco di Aquino Libero Mazzaroppi, il suo collega Benedetto Murro di Pignataro interamna, il sindaco Valentina Cambone di Colle San Magno, Vincenzo Iannetta di Viticuso e Marina Di Meo di Acquafondata. E poi Emiliano Cinelli di Monte San Giovanni Campano che viene dato tra i punti di sintesi possibili, Giuseppe Villani di Esperia e Gino Germani di Arce. Oreste De Bellis, sindaco di Castelnuovo Parano, si schiera sulle posizioni di Salera e Messore.

Pittiglio e Lampazzi, insieme al sindaco di Aquino Libero Mazzaroppi, sono quelli che si sono mostrati più cauti sulla soluzione interna. È proprio Mazzaroppi ad avere lanciato la candidatura di Sacco organizzando una cena alla pizzeria Magnolia.

Pittiglio ha ricordato quello che successe nel 2014: le spaccature premiano gli avversari. Il sindaco di Aquino guarda invece al presente. Alla cocente sconfitta dello scorso 25 settembre. Libro Mazzaroppi mette in guardia: “Salera era l’optimum per la candidatura. In sua assenza un’operazione civica ci permetterebbe di evitare un’altra sconfitta. Ci consentirebbe di andare alle Regionali con un Pd vincente. Perché il problema serio è anche questo: non ci possiamo permettere di perdere costantemente. Facciamo una scelta intelligente, una riflessione per aggregare ed aprire anche al centro».

TUTTA COLPA DI POMPEO

Antonio Pompeo e Simone Costanzo

Dopo Mazzaroppi, sono in tanti ad evidenziare che se ci fossero stati i tempi indicati dalla Legge allora Enzo Salera sarebbe stato il candidato unitario. Sarebbe bastato che Antonio Pompeo si fosse dimesso appena un mese prima mandando i sindaci al voto tra ottobre e novembre. In quel modo Enzo Salera avrebbe avuto davanti i 18 mesi di consiliatura richiesti dalla norma de avrebbe potuto avanzare la sua candidatura. Tanti sindaci gli riconoscono la bontà della scelta fatta avendo convocato la riunione. “Cosa che avrebbe dovuto fare la segreteria provinciale che si è mossa solo successivamente” evidenziano. Tra questi anche il sindaco di Coreno Ausonio Simone Costanzo che rimprovera alla Segreteria provinciale di aver sbagliato il metodo in merito alla candidatura di Sacco.

Antonio Pompeo resta impassibile in prima fila. Raccoglie in silenzio tutte quelle che sembrano frecciatine indirizzate a lui. Alcuni sindaci gli rimproverano, di fatto, di aver provocato lui questa situazione avendo ritardato le dimissioni. E intanto il dibattito si anima. Tanti sindaci, tra cui proprio Enzo Salera fanno notare che sarebbe difficile far convogliare i voti di tutti i consiglieri di maggioranza su un candidato civico che non sia espressione del Centrosinistra. È per questo che, poco alla volta, la stragrande maggioranza dei sindaci presenti – stimati in circa 20.000 voti ponderati – decide di affidare ad una delegazione capitanata dal sindaco Salera la mission: fare la sintesi su un nome unitario del Partito da proporre alla Direzione. 

LA BOMBA DI POMPEO

(Foto © Stefano Strani)

Verosimilmente il candidato prescelto è in sala, ma per parlare del nome non c’è tempo. Perché dopo l’intervento dei sindaci è Antonio Pompeo a chiedere la parola. Per fare una rivelazione clamorosa: spiega che lui non ha ritardato proprio nulla. In che senso?

«Faccio politica ormai da un po’ di anni, ho i capelli bianchi. Immaginavo che si sarebbe potuta creare questa situazione. Per questo ho dato la mia disponibilità a dimettermi in tempo utile e fare la sintesi sulla candidatura che il partito sceglie. Sono stato non chiaro. Chiarissimo. A me fare il presidente della Provincia tre settimane in più non è che mi ha cambiato la vita, diciamo. Ma dal Partito non ho ricevuto alcuna risposta».

La sala s’infiamma: «Cioè ci stai dicendo che ha deciso la segreteria provinciale?» tuona Domenico Alfieri. Libero Mazzaroppi è quasi incredulo: «Antonio, hai fatto bene a dirlo, noi questo non lo sapevamo». Salera sorride, come se fosse a conoscenza di tutto. Restano silenti Enrico Pittiglio e Adriano Lampazzi: così come Salera, se si fosse votato un mese fa e non il prossimo 18 dicembre, avrebbero avuto un anno e mezzo mesi di mandato ancora davanti per potersi candidare.

La rivelazione di Pompeo spiazza tutti, non viene designata neanche la delegazione ufficiale che a Frosinone si farà portavoce di quanto emerso a Cassino. Nei capannelli che si creano fuori dal Manzoni rimbalzano solo le parole del presidente della Provincia. Una miccia decisa a far prendere fuoco alla riunione di domenica prossima nel Capoluogo.

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