Provinciali, Sacco è in campo

Dodici sindaci lanciano la candidatura di Giuseppe sacco a presidente della Provincia. Rompendo il fronte Salera. Le mosse di Di Stefano. Ed il rischio di un effetto Mastrangeli. Lo scontro nel Pd: Fantini smentisce la ricostruzione di Pompeo

Il campo si muove. Dodici sindaci hanno firmato il loro appoggio alla candidatura di Giuseppe Sacco come presidente della Provincia di Frosinone. Molti di loro erano martedì sera alla riunione del Teatro Manzoni di Cassino convocata dal sindaco Enzo Salera per dire l’esatto contrario. (Leggi qui: Provinciali, la bomba di Pompeo: «Così il Pd ha segato le gambe ai candidati»).

Hanno deciso di non seguire la rotta tracciata da Enzo Salera. E di schierarsi a sostegno di un candidato civico. Che ha un vantaggio: sul suo nome è pronta a convergere una parte del centrodestra e dei civici di quell’area.

Dodici nomi per Sacco

Giuseppe Sacco

A dare la loro disponibilità per sostenere la candidatura di Giuseppe Sacco sono i sindaci Gioacchino Ferdinandi di Piedimonte San Germano, Libero Mazzaroppi di Aquino, Nadia Bucci di San Vittore del Lazio, Roberto Angelosanto di Sant’Elia Fiumerapido, Paolo Fallone di San Giovanni Incarico, Gianni Fantaccione di Castrocielo, Antonio Iannarelli di Villa Santa Lucia, Valentina Cambone di Colle San Magno, Bernardino Donfrancesco di Colfelice, Benedetto Cardillo di Ausonia, Francesco Piccirilli di Falvaterra, Anselmo Rotondo di Pontecorvo.

Cosa significa sul piano politico quella mossa? Una serie di cose. La premessa: la sommatoria dei voti di quei dodici Comuni è lontana dai 50mila voti ponderati necessari per eleggere il nuovo Presidente della Provincia di Frosinone. Nessuno ha quei voti. E nessuno li ha mai avuti nemmeno nel passato: dalla riforma Delrio in poi ogni presidente in Ciociaria è stato eletto grazie ad un accordo trasversale.

Il primo significato è che i sindaci del cassinate con quel documento generano un nucleo solido dal quale partire per aggregare una coalizione trasversale da contrapporre alla candidatura annunciata dal sindaco quasi leghista di Frosinone Riccardo Mastrangeli.

Il secondo significato è che la componete Dem di Enzo Salera al momento è un buon esercizio teorico. Che ha catturato l’attenzione dei sindaci ed in prospettiva può ritagliarsi uno spazio importante all’interno del Partito Democratico. Ma per condizionare le elezioni Provinciali occorre una componente compatta, ben strutturata. E quella di Salera è ancora in fase embrionale.

Effetto Di Stefano o effetto Mastrangeli

Di Stefano e Mastrangeli

Quali conseguenze determinerà la creazione del nucleo per Giuseppe Sacco? Dipende da due variabili. Che sono riconducibili proprio alla posizione che deciderà di assumere Enzo Salera e la mossa che nelle prossime ore farà il sindaco di Sora Luca Di Stefano.

Anche Luca Di Stefano stava lavorando con discrezione alla possibilità di generare un nucleo solido, analogo a quello messo in campo ora da Giuseppe Sacco. Ha la possibilità di metterlo in campo anche lui e lasciare poi ai sindaci la decisione se sostenere il suo o quello del suo collega di Roccasecca. Come delle Primarie a distanza. Ma potrebbe anche decidere di convergere sulle posizioni di Enzo Salera e determinare una terza candidatura da affiancare a quella di Sacco e di Mastrangeli. Il che, con ogni probabilità, consegnerebbe la vittoria al sindaco di Frosinone. Perché?

Dividendo i voti fra tre candidati si abbasserebbe il quorum necessario per essere eletti. E Riccardo Mastrangeli a quel punto ha le forze per chiudere la partita.

C’è anche un altro scenario: l’Effetto Alfieri, pure questo favorevole a Riccardo Mastrangeli. Il sindaco di Paliano Domenico Alfieri, ex Segretario provinciale Pd, nei giorni scorsi ha annunciato il suo voto al sindaco di Frosinone; Enzo Salera, Antonio Pompeo e Luca Di Stefano potrebbero decidere di convergere su quell’area. La Direzione Provinciale di domenica sarà decisiva.

Imbarazzo sulle candidature

Antonio Pompeo al Manzoni

Una Direzione che rischia di essere avvelenata dalle rivelazioni fatte dal Presidente Antonio Pompeo l’altra sera al termine della riunione al Manzoni. Quando i sindaci hanno evidenziato che con Enzo Salera in campo la partita della candidatura sarebbe stata già chiusa, Antonio Pompeo ha preso la parole. Ed ha detto «Faccio politica ormai da un po’ di anni, ho i capelli bianchi. Immaginavo che si sarebbe potuta creare questa situazione. Per questo ho dato la mia disponibilità a dimettermi in tempo utile e fare la sintesi sulla candidatura che il partito sceglie. Sono stato non chiaro. Chiarissimo. A me fare il presidente della Provincia tre settimane in più non è che mi ha cambiato la vita, diciamo. Ma dal Partito non ho ricevuto alcuna risposta». (Leggi qui: Provinciali, la bomba di Pompeo: «Così il Pd ha segato le gambe ai candidati»).

In pratica: Antonio Pompeo ha rivelato che era disponibile a dimettersi prima per liberare la strada a Salera ed altri. Che invece ora sono incandidabili poiché non hanno davanti i 18 mesi di mandato necessari.

Una posizione sulla quale ieri c’è stato un confronto molto netto tra i vertici provinciali ed Antonio Pompeo. Che ha confermato di avere detto quelle cose ed ha ribadito di avere dato la sua disponibilità alle dimissioni anticipate. Come confermano le registrazioni audio degli interventi. (Leggi qui: Pd, tensione nel vertice per chiarire le accuse di Pompeo).

Luca Fantini

In serata il Segretario Provinciale Luca Fantini smentisce Antonio Pompeo ed il suo racconto. «A tutela dell’immagine dell’intera comunità democratica e al fine di ristabilire la verità dei fatti, preciso che quanto emerso sulla conclusione del mandato del Presidente uscente, Antonio Pompeo, è assolutamente lontano dalla realtà».

«Ribadisco che la Federazione provinciale non ha chiesto all’attuale Presidente di ritardare le sue dimissioni così come lo stesso non ha rimesso nelle mani del partito il suo mandato. In questo modo si rischia di minare il percorso portato avanti in questi anni. Il Pd provinciale sta lavorando, ora dopo ora, per l’unità e proseguirà a lavorare in tal senso». Ma Antonio Pompeo non ha detto che gli è stato chiesto di tardare le dimissioni per segare Salera: ha detto che lui era disposto a dimettersi prima. E nessuno dai vertici del Partito gli ha risposto. Segando così Salera.

Il punto di attrito vero è un altro: Luca Fantini smentisce la versione di Pompeo in un punto chiave, dice che non ha mai dato la disponibilità alle sue dimissioni nelle mani del Partito. Le dichiarazioni al Manzoni sarebbero solo fesserie. E domenica c’è la Direzione.