Quando dicevano che l’influenza stagionale faceva più morti

Le tante informazioni sballate che hanno frenato il contrasto al Coronavirus. La Regione Lazio non si è fidata. E infatti oggi ha meno decessi di altre realtà.

A gennaio veniva detto che il Coronavirus era come una normale influenza stagionale e che anzi avrebbe provocato meno morti. Non è stato così. Sono state diverse altre le affermazioni smentite poi dai fatti. A dimostrazione che non eravamo pronti.

Nella regione Lazio, però, il tasso di letalità è tre volte inferiore a quello della Lombardia. La percentuale dei decessi rispetto al totale dei contagiati nel Lazio è pari al 5,7% tra i dati più bassi d’Italia. In Lombardia è pari al 18,4%. Il tasso di letalità nazionale è del 12,8%. Dopo la Lombardia ci sono Liguria e Marche. A ulteriore dimostrazione dell’efficacia della risposta in termini sanitari ed epidemiologici della Regione guidata da Nicola Zingaretti.

Termometro e mascherina ai tempi del cornavirus Foto © Anna Shvets / Pexels

Ma in queste ore l’Oms ha fatto chiarezza una volta per tutte, anche sul fatto che il Coronavirus ha un tasso di letalità dieci volte maggiore rispetto a quello dell’influenza stagionale. Non solo. Il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus ha sottolineato, per esempio, che Covid19 si diffonde velocemente e che è dieci volte più letale del virus responsabile della pandemia di influenza del 2009. Poi ha spiegato che «lo sviluppo e la distribuzione di un vaccino sicuro ed efficace sono necessari per interrompere pienamente la trasmissione». Quindi ha affermato: «Sappiamo che in alcuni Paesi i casi di Covid19 raddoppiano ogni tre/quattro giorni. Mentre la diffusione del virus accelera molto rapidamente, si riduce molto lentamente. In altre parole il calo è molto più lento dell’aumento.

«Come abbiamo detto molte volte prima – ha sottolineato – questo è un virus nuovo ed è la prima pandemia causata da un Coronavirus. Stiamo tutti imparando e aggiustando la nostra strategia, sulla base delle ultime prove disponibili. Possiamo solo dire quello che conosciamo e possiamo solo agire sulla base di quello che conosciamo. Lo sviluppo e la distribuzione di un vaccino sicuro ed efficace sono necessari per interrompere pienamente la trasmissione».

L’Organizzazione mondiale della sanità ha aggiunto che le mascherine non sono alternative al lockdown. Dichiarando: «Non vogliamo che le persone debbano fare scelte difficili, pensando che indossare la mascherina sia la stessa cosa che stare a casa e riferire alle autorità che sei malato. E’ qualcosa a cui prestare attenzione».

Il cimitero di Hart Island

È stata una sottovalutazione condivisa da tutti. Anche dalle grandi potenze mondiali. Primi tra tutti gli Usa di Trump, il Regno Unito di Johnson, fino ad un certo punto la Francia di Macron ed i Paesi scandinavi. Tutti costretti a rivedere i propri progetti ed ordinare quel lockdown che pensavano fosse un esagerazione solo italiana: un pretesto per non andare a lavorare. Solo i Paesi Bassi resistono: continuano a dire che dopo ventiquattrore senza sintomi si può uscire di casa. Chissà fino a quando manterrano questa convinzione.

I vari Paesi stanno affrontando con decisioni molto diverse questa emergenza. Ma tutti hanno dovuto fare i conti con un virus ben più aggressivo rispetto a quello dell’influenza stagionale. Si tratta di un elemento che è stato completamente sbagliato.

Alessio D’Amato con Nicola Zingaretti © Carlo Lannutti / Imagoeconomica

Nel Lazio però non si sono fidati e questo spiega la risposta migliore. L’assessore Alessio D’Amato già a gennaio aveva il quadro abbastanza chiaro di quello che poteva succedere. Infatti qualche giorno fa, come ha riportato Alessioporcu.it, si è tolto diversi sassolini dalle scarpe.

Dicendo: «Il 24 gennaio in Italia si parlava di Bibbiano e delle Sardine, noi qui parlavamo di Covid-19. Il contrasto al virus non è fattore di casualità ma un fatto operativo. Tempestività e organizzazione sono stati gli aspetti più importanti nella battaglia al coronavirus. Ricordo che in questa regione l’alert è scattato il 21 gennaio; il 24 gennaio furono redatte le procedure operative delle nostre attività durante l’emergenza. Mentre in Italia parlavano di Bibbiano noi qui parlavamo di Covid». (leggi qui Covid-19, D’Amato toglie il sasso dalla scarpa: «In Italia si parlava di Bibbiano, nel Lazio eravamo operativi»)

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