Quando il Covid ti regala l’occasione per riscoprire la terra

Fabrizio Germani e il lockdown. Ed il suo sogno di rimettere in sesto l'orto dietro casa. Che diventa l'Orto per Arce. Aperto a tutti quelli che vogliono riscoprire la terra. E come si coltiva. Ma anche fattoria didattica per disabili. E ancora totem di uno stile di vita che Covid e il lockdown hanno fatto riscoprire.

Marco Stanzione

Non invitatemi mai a bere...

Nei mesi di Marzo ed Aprile tra smartworking, pizze, panettoni e bottiglie di vino d’annata prosciugate (perché guardate me?!), abbiamo tutti avuto tempo. Durante il quale abbiamo messo in standby la nostra vita precedente, perché di quello si tratta. Ne abbiamo abbracciata lentamente una nuova, piena di domande e di incognite, di rotture e tristezze ma in alcuni casi di grosse opportunità. 

E visto che noi siamo e vogliamo essere ottimisti, guardiamo e raccontiamo storie belle ed avvincenti, soprattutto quando poi siamo costretti da deontologia e responsabilità a sciorinare i numeri di una pandemia che stenta a rallentare.

Fabrizio e il Lockdown

Fabrizio impegnato nel lavoro di raccolta degli ortaggi

Fabrizio Germani è un giovane di Arce che lavora a Ciampino. Ha sempre avuto la passione per l’agricoltura e già da qualche anno si dilettava con la semina del grano.

Irrompe la pandemia e tutto cambia. Fabrizio opera in un settore che il Governo considera strategico e seppure tra mille cautele, mentre tutto è fermo lui continua a raggiungere il posto di lavoro; per poi tornare a casa e vivere il suo lockdown.

Come la maggior parte della popolazione si ritrova, quando non fa i turni a lavoro, a passare tanto tempo chiuso in casa. Tempo nel quale ha pensato, riflettuto e guardato un terreno di sua proprietà incolto da ormai trent’anni. Guardare e riguardare quel terreno, che fortunatamente si trova proprio dietro casa, ha fatto scoccare una scintilla. Ha risvegliato passioni sopite.

Fabrizio decide che il lockdown è il periodo ideale per stravolgere la sua vita. La lampadina si è accesa, tocca approfittare delle belle giornate che questa strana primavera ci ha regalato (almeno quello!). E dunque, attrezzi alla mano, ripulisce quel terreno incolto ed inizia a piantare frutta ed ortaggi.

«In casa stavo impazzendo. Guardavo e riguardavo quel terreno. E più passavano i giorni più pensavo che qualcosa dentro di me stava nascendo. Mi sono dato una mossa e pianta dopo pianta ho coltivato un vero e proprio orto!».

Condivisione ed utilità sociale

I solchi di ortaggi nel terreno dissodato da Fabrizio

Le voci nel paese iniziano a circolare, Fabrizio evidentemente è stato di ispirazione, soprattutto per le nuove leve. Cioè per quei ragazzi poco più che ventenni che non hanno voglia di farsi sequestrare da uno smartphone.

Lo sa bene Giulia, ventun’anni, amica e compaesana. «Conosco Fabrizio da qualche anno. Quello che ha saputo creare è un qualcosa di geniale e semplice allo stesso tempo. Non sapevo nulla di agricoltura».

È il dramma sconosciuto di un’intera generazione: centinaia di ragazzi, soprattutto in città, sono convinti che le uova nascano nel frigorifero del supermercato; non hanno la più pallida idea del tempo, della passione, della pazienza, della cura che occorra per tirare sù un cespo d’insalata o un fiore di zucca.

«Mi sono sempre piaciuti i fiori ed ho sempre mangiato la verdura. Tuttavia – racconta Giulia – non avevo mai davvero visto la nascita e la crescita di un ortaggio».

Il miracolo della natura, reso visibile a tutti da Fabrizio, ha svegliato tanti. «Ora sto sempre in orto, aiuto Fabrizio ed insieme ad altri giovani abbiamo realizzato quanto sia bello stare insieme. O condividere il tempo all’aria aperta. E coltivare la terra e tornare ai valori di un tempo: lavoro, dedizione e condivisione».

Didattica rurale ed Ortoterapia

Il gazebo e il ‘logo’ dell’Orto per Arce

Nasce così L’orto per Arce, uno spazio aperto a chi vuole imparare il mestiere più nobile. A chi vuole degustare cibi genuini e chi vuole semplicemente stare insieme.

«Non voglio fare la fine di alcuni miei coetanei che stanno sempre davanti ad un bar. L’orto mi ha dato l’opportunità di rendere il mio tempo libero costruttivo e stimolante. Ho imparato tante cose e continuo ad imparare ogni giorno».

Un ragionamento che non fa una piega. E che sembra aver coinvolto molte persone. Tanto che nell’estate appena trascorsa L’orto per Arce è stato teatro di incontri, seminari sull’agricoltura. E di serate mangerecce tra amici e addirittura location rurale per concerti rock.

Ma il traguardo più importante è stato quello di portare associazioni per disabili sul campo. «Abbiamo reso l’orto uno spazio disponibile per piccoli eventi, concerti, cene, aperitivi. Ma l’intento era ed è quello di (ri)avvicinare le persone alle tradizioni».

«E’ nato tutto per caso ma la cosa si è evoluta nella maniera migliore. Volevo ripulire un terreno di famiglia, coltivare ortaggi e verdure sane e genuine. E condividere questa passione con amici, vecchi e nuovi. Ma la soddisfazione più grande è quella di aver coinvolto delle associazioni che curano ragazzi con disabilità. Così è nata una sorta di “ortoterapia” ed è stato bello vedere quei ragazzi assistere alle spiegazioni. E poi partecipare alla raccolta dei prodotti».

La produzione attuale ed il futuro

Fabrizio Germani e la sua amica Giulia

Fabrizio in pochi mesi ha piantato circa 300 piante di melanzane di tutti i tipi. Poi 250 piante di peperoni, fagiolini, borlotti e ceci. Oltre 500 piante di pomodori di diverse qualità. Infine cetrioli, zucchine e tanto altro.

L’estate è ormai alle spalle e l’autunno incombe. «Mi piacerebbe molto continuare con questo progetto. Vorrei iniziare a piantare verdure prettamente invernali come broccoletti o cavolfiori. Ma il futuro è incerto, siamo ancora in piena pandemia. Dobbiamo vedere prima come si evolve la situazione dei contagi e dei conseguenti decreti».

L’orto per Arce non è semplicemente un pezzo di terra nel quale riscoprire l’agricoltura. È diventato un posto nel quale riscoprire tutto il passato agricolo di un territorio che prima doveva la sua sopravvivenza solo e soltanto alla terra. Lì si ricavava tutto, prima che la Cassa per il Mezzogiorno arrivasse a portare le fabbriche e strappare via dai campi i ragazzi e gli uomini degli Anni ’70.

L’estate indimenticabile dell’Orto

L’orto che ha risvegliato il passato

«Sta di fatto che ho ancora tanta voglia e ora che l’orto è partito voglio portarlo avanti. L’estate è stata indimenticabile, abbiamo lavorato duramente ma ci siamo anche divertiti. Abbiamo imparato molto, abbiamo condiviso tempo libero e aria aperta. E poi i sorrisi di quei ragazzi disabili sono ancora stampati nella mia testa, sensazioni impagabili».

Dunque in bocca al lupo a Fabrizio e a tutte le persone che lo circonderanno in questa nuova avventura. In un mondo frenetico e dominato dalla tecnologia sono iniziative come queste che tengono vive le tradizioni.

Quelle care ai nostri nonni, quelle…“Com a ‘na Vota”